Faro di Capo D’orso in Costiera, i nuovi piatti di Pierfranco Ferrara: anima mediterranea e tecnica francese con cantina di valore assoluto, quasi quanto il paesaggio
di Francesca Faratro
Ci sono luoghi per l’anima e luoghi dell’anima, la differenza è abissale ma per essere provata e compresa bisogna farvi visita, vivere quei posti e la conseguente aria che si respira, farci ritorno ed emozionarsi ogni volta come se fosse la prima.
Il Faro di Capo d’Orso, stellato che si incastra fra le curve della statale costiera, è lo scrigno della famiglia Ferrara, un ristorante che custodisce l’esperienza e la professionalità tramandata negli anni di padre in figlio – una successione di generazioni che continuano a collaborare e, anno dopo anno, migliorano, si evolvono, puntando ambiziosamente a primi posti da palcoscenico.
Un’intera famiglia al lavoro: in sala ci sono Pio e suo figlio Bonny, pionieri della ricettività di classe; all’accoglienza c’è Luigi mentre in cucina c’è Pierfranco , uno chef di grande tecnica francese abbinata ai prodotti di un territorio straordonario.
La brigata fila come un treno ad alta velocità, un gioco da giovani e non.
Con l’avvento della primavera, non potevamo non fare la nostra solita capatina. Ad ogni stagione, infatti, cambiano gli ingredienti e dunque i piatti. La bellezza dei sapori, sospesa fra mare e cielo. Acqua e terra. Pesce e carne.
A completare il quadro è la cantina, una fra le più fornite della Campania, la quale racchiude molte referenze italiane con grandi annate speciali e largo spazio a Francia con chicche da non lasciarsi scappare. Merito anche del nuovo ingresso del giovane sommelier di casa, Antonio Cardamone, che mette anima e corpo per fare la sua parte.
Ogni piatto si racconta da sé, è bello da vedere, buono da mangiare ma specialmente equilibrato, bilanciamenti studiati e ristudiati racchiusi, a volte, anche in un solo boccone.
Piatti che non hanno tanto da essere spiegati, c’è solo da accomodarsi, prendere posto in prima fila, preparare il palato, la mente, il cuore ed iniziare a viaggiare.
Per cominciare, i pani della casa, in versione classica con lievito madre, la focaccia, i crackers, i grissini ed i panini di diversi gusti – ci sono quelli alle olive, i napoletani, al pomodoro secco o, ancora, alla ricotta. Ad accompagnarli, l’olio prodotto dalla famiglia Ferrara presso i loro uliveti nel Cilento.
Si inizia poi il tour partendo dal benvenuto dello chef.
Il primo stuzzichino è una tartare di manzo Blonde d’Aquitaine con acciughe di Cetara e colatura di alici con chips di riso. Si passa poi all’uovo con gambero rosso di Mazara, gel di rabarbaro e spuma di acqua di mare. Continuando poi con l’ostia di caciocavallo podolico ed ancora creme brulèe di foie gras, petto d’anatra e pistacchi, chiudendo la serie con fish & chips di merluzzo con maionese K. Jun ed anello di cipolla.
Percorso completo, complesso nel quale è il mare ad essere protagonista.
Ad accompagnare l’amuse – bouche, il riesling Karthäuserhod 2011 della Mosella.
Gli antipasti che seguono, celebrano tutti la materia prima. Da una parte la semplicità del carciofo “mammarella” arrosto su crema di carciofo grigliato, aceto balsamico e olio all’aglio. Dall’altra, la modernità del gambero rosso di Mazara con caviale, marinato con miele al peperoncino, servito con estratto di sedano e gin e assaporato soltanto dopo aver pucciato la chip di gambero nella maionese al gambero. Si presenta a mò di cicchetto, dove a sostituire l’alcol è appunto il sentore marino. Per concludere, ancora un forte richiamo iodato, le geometrie del pane croccante con la triglia scottata su pelle, compressione di pomodoro, lime e zenzero.
Si inizia con i bianchi restando in zona Campana con il Greco di Tufo “Oltre” di Bellaris 2015 e dall’altra parte la morbidezza della Falanghina “Donnalaura” di Masseria Frattasi.
Passando ai primi piatti, trionfa ancora la salsedine con le linguine del Pastificio dei Campi con salsa emulsionata di ostriche, caviale royal, polvere di dragoncello e favette. Risponde poi il risotto, il classico del Faro, mantecato con burrata e mozzarella di bufala, colatura di alici affinata in barriques per 18 mesi , gambero di Mazara, limone ed asparagi. Cottura perfetta e assemblaggio di sapori davero riuscito.
In abbinamento c’è il bianco di Raffaele Palma “Punta Croce” 2013, dai riflessi dorati, di grande struttura, sentori floreali e complessità Per la Francia si schiera Bourgogne Les Sètilles di Olivier Leflaive 2015, bianco elegante, persistente ma che ha ancora bisogno di qualche tempo per essere degustato nella sua versione migliore.
Il secondo di pesce è un trancio di scorfano cotto a bassa temperatura poi impanato e fritto, con lumachine di mare ed ultimato con una zuppa servita al tavolo, quella tradizionale di pesce. Riuscita le versione di carne con un piccione in due cotture, petto spadellato e coscetta fritta su polvere di pop corn, salsa al passito di Atripalda e scaloppa di foie gras. Cottura ancora una volta indovinata, un piatto che non ti aspetti, che incuriosisce sin dal primo boccone. Anche l’agnello in salsa di yogurt greco richiama sentori esotici con le spezie tandoori e mediterranei, con il cipollotto rosso di Tropea.
Rossi, di vecchia data e di lunga vita sono i vini serviti con i secondi piatti.
Si parte dal Sud, precisamente da Manduria con il Primitivo “Archidamo” di Pervini 2000 conserva ancora un buon carattere, grande corpo ma che, a tratti, lascia trasparire una leggera vena amara, data sicuramente dagli anni.
Si continua poi con la famiglia Antinori, con il cavallo di battaglia “Tignanello” con l’annata 2000, un vino cupo, chiuso e ricco di tannini e l’annata 2001 che palesemente dimostra nette differenze con un rosso caldo, ancora penetrante e vivo, nonostante gli anni in bottiglia.
Il pre – dessert sembra una meringa flambè ma custodisce al suo interno una fresca granita al gin.
Chiudiamo in bellezza, allontanandoci dai dolci stereotipati, con il foie gras torchon “Sensation Opèra”, lavorato con Bas Armagnac ’88, gelatina al caffè, polvere di caffè e pietre al cioccolato. Proposto in menù come antipasto, lo abbiamo preferito a fine cena per rispettare una continuità di sapori e consistenze.
Faro di Capo D’orso
Strada Statale Amalfitana, 44
84010 Maiori (SA)
Tel. 089877022
www.ilfarodicapodorso.it
[email protected]
Un commento
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Bella descrizione….prezzo medio e del menu degustazione?