Falerno del Massico tra storia e futuro. L’evento del Consorzio Vitica alla Reggia di Caserta
di Giulia Cannada Bartoli
L’emozione quando si parla di Falerno è sempre tanta. Se ne è discusso e degustato lo scorso 26 ottobre in occasione di un interessante master class organizzata dal Consorzio Vitica alla Reggia di Caserta.
La quantità di citazioni nell’antichità su questo vino è straordinaria:
Negli Xenia, Marziale: “fra i tanti, primeggia il Falerno, il più famoso e pregiato bicchiere dell’antica Roma, De sinuessanis venerunt Massica prelis: condita quo quaeris consule? Nullus erat. Questo vino massico è venuto dai torchi di Sinuessa. Mi chiedi sotto quale console fu imbottigliato? Non c’erano ancora i consoli.”
“Nec cellis ideo contende Falernis” (Perciò nessun vino può essere paragonato con il Falerno) scriveva Virgilio nelle Georgiche.
Plinio il Vecchio distingueva nell’area di produzione del Falerno tre tipologie di vini, secondo la dislocazione dei vigneti: “tria eius genera: Austerum, Dulce, Tenue. Quidam ita distingunt, summis collibus, Caucinum gigni, mediis Faustinianum, imis Falernum”. Ci sono tre varietà: forte, dolce e leggero, distinguendo così sulla sommità della collina il Caucino, a mezza costa il Faustiano e in pianura il Falerno.
Nel Satyricon, Petronio: “Statim allatae sunt amphorae uitreae diligenter gypsatae, quarum in ceruicibus pittacia erant affixa cum hoc titulo: Falernum Opimianum annorum centum. Dum titulos perlegimus, complosit Trimalchio manus et: Eheu, inquit, ergo diutius uiuit uinum quam homuncio”. In quell’istante furono portate anfore di vetro diligentemente ingessate sui colli c’erano etichette con questa scritta: Falerno di cento anni del consolato di Opimio. Mentre decifravamo questa iscrizione, Trimalchione batté le mani ahimè, disse dunque il vino vive più di noi, poveri omuncoli!
Il collegamento tra il Falerno e la storia è strettissimo: sia, per la storia della letteratura sia, per la storia del vino e del suo commercio. I Romani ne avevano fatto il vino degli Imperatori conosciuto ed esportato in tutto il mondo. Senza ombra di dubbio si può affermare che il Falerno sia stata la prima DOC della storia. Il vino era trasportato in anfore con sigillo, detto “Pittacium” che recava: il nome del vino, quello del console o dell’imperatore e l’anno. In pratica la prima etichetta della storia del vino.
Oltre ad aver quindi inventato il primo sistema a denominazione del vino, i Romani sono stati pionieri in una straordinaria operazione di micro zonazione di terreni e vini. Già 2000 anni fa, arricchendo l’immenso bagaglio di sapere agronomico ed enologico acquisito dai popoli campani, dagli etruschi e infine dai greci, i Romani avevano intuito la fondamentale importanza del microclima per la qualità costante del vino: con molti secoli d’anticipo avevano identificato i concetti che oggi definiamo “terroir” e cru”.
La fama del Falerno decade con la fine dell’Impero Romano (476 d.C.). Non se ne parla più, anche se nell’areale si continua a produrre vino, si chiamava in altri modi, nel XVI secolo Papa Paolo Farnese III parla di Fastignano o Fistignano.
Nel 1848 Luca Menna parla di Primarulo un vitigno che si trovava nella zona di Carinola.
Il Falerno riappare alla fine degli anni ’50 grazie a un’operazione illuminata di studio e ricerca condotta dall’Avvocato Francesco Paolo Avallone, studioso e acuto umanista, appassionato cultore di vini antichi che, incuriosito dai racconti di Plinio e dai versi di Virgilio, Marziale e Orazio, decise di riportare in vita la leggendaria bevanda. In collaborazione con un gruppo di ricercatori della Federico II di Napoli, l’avvocato Avallone, riuscì a individuare la varietà di uva con cui si produceva il mitico vino, rintracciando pochi ceppi di quelle viti, dirette discendenti delle piante coltivate nell’Ager Falernum, oltre 2.500 anni prima. Le viti del Falerno – Falanghina biotipo Falerna – sopravvissute miracolosamente alla devastazione della filossera di fine ottocento, furono reimpiantate nel territorio del Massico, lì dove avevano prosperato nell’antichità.
Nel 1989 dopo non poche querelle tra le due anime del Falerno (Aglianico o Primitivo), si giunge alla Doc e al relativo Disciplinare.
Le tipologie ammesse: Bianco; Rosso; Rosso riserva; Primitivo; Primitivo riserva o vecchio.
I vitigni.“Falerno del Massico” Bianco: Falanghina per almeno l’85%.Possono concorrere uve di altri vitigni autorizzati fino a un massimo del 15%. “Falerno del Massico” Rosso: Aglianico minimo 60%; Piedirosso: massimo 40%. Possono concorrere uve di altri vitigni autorizzati fino a un massimo del 15%. “Falerno del Massico” Primitivo per almeno l’85%. Possono concorrere Aglianico, Piedirosso e Barbera da soli o congiuntamente, presenti nei vigneti fino a un massimo del 15%. I comuni di produzione in provincia di Caserta sono 5: Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, Falciano del Massico e Carinola.
Sono stati identificati due versanti con riferimento al Monte Massico: a sud – ovest, i Comuni di Sessa Aurunca e Cellole, a sud – est quelli di Carinola, Falciano e Mondragone.
La zonazione per vitigno: nei Comuni di Sessa Aurunca e Cellole ritroviamo aglianico e piedirosso, mentre, il primitivo si concentra tra Mondragone e Falciano. Negli anni più recenti tuttavia, i suddetti vitigni sono stati impiantati indifferentemente in tutti i comuni della denominazione.
Oltre lo studio sulla distribuzione geografica per vitigno, l’analisi più importante è stata fatta sulle differenti caratteristiche dei terreni. La matrice vulcanico/alluvionale (siamo nell’area del vulcano spento del Roccamonfina, che si trova tra il fiume Garigliano e il Volturno ed è il più antico Vulcano della Campania) è comune, ma, la composizione chimica dei terreni e, di conseguenza, la tipologia di vino che ne deriva, sono molto diverse secondo i Comuni di produzione. Sarebbe dunque più appropriato, come già avevano intuito i Romani oltre 2000 anni fa, parlare di Falerno al plurale!
La natura dei suoli:
– nel Comune di Sessa Aurunca prevalgono terreni ricchi di argilla e silicio.
– nella zona più vicina al monte Massico ritroviamo terreni ricchi di calcare, potassio fosforo e silicio.
– sulla fascia costiera di Cellole i terreni sono ricchi di limo e sabbia.
– sul versante sud/est del Comune di Carinola, sotto il Monte Massico, i terreni sono ricchi di potassio e tufo, mentre, più a valle, ritroviamo suoli caratterizzati da argille, creta e humus.
– nel Comune di Falciano del Massico prevalgono terreni con argille scure, limo e sabbia.
– a Mondragone, nella fascia interna, (cd.parte antica) i terreni sono ricchi di argille scure e calcare, mentre sulla fascia costiera, o Viale Margherita, dove in antichità c’era il mare, ritroviamo suoli ricchi in limo e sabbia.
Come abbiamo già detto, anche la tipologia del vino sarà diversa:
Falerno rosso
Nel comune di Sessa Aurunca (argilla e silicio) troveremo vini molto minerali con tannini piuttosto decisi.
Sulla fascia costiera di Cellole (limo e sabbia) avremo vini più freschi e sapidi, mentre nella parte più alta, vini più robusti.
Nel Comune di Carinola (potassio e tufo) avremo vini molto colorati (ricchi in antociani), robusti e con una componente glicerica importante.
Nella fascia più alta del Comune di Falciano (ignimbrite campana e pietrisco) ritroveremo vini molto profumati, eleganti e moderatamente tannici; nella fascia a mezza collina (argille scure) avremo invece vini più robusti e scuri di colore.
Sulla fascia costiera di Mondragone (limo e sabbia) avremo vini soprattutto minerali, mentre, all’interno (argilla scura e scheletro) ritroveremo vini più equilibrati con maggiore freschezza, struttura e colore.
Falerno bianco
Sul versante sud/ovest (Sessa Aurunca e Cellole) nella fascia costiera avremo vini caratterizzati da colore meno carico, maggiore freschezza e minore percentuale in alcol.
Sul versante sud/est (Carinola, Falciano e Mondragone) ritroveremo invece bianchi più profumati e veste cromatica più carica.
Il Falerno del Massico da Primitivo merita un’ulteriore digressione storica L’antichissima esistenza del clone Primitivo nella zona di Falciano parrebbe comprovata da una scoperta: alla fine degli anni ’60 in occasione di scavi effettuati per la costruzione di una strada panoramica, proprio a 50 mt. da un impianto della cantina di Antonio Papa. Sbancando con le ruspe emersero alcune cunette a forma di U. Da studi effettuati si evinse che si trattava di trincee scavate: un vigneto fossile a Falciano, lungo uno dei fianchi del monte Massico, risalente al periodo imperiale. La scoperta riguardò una serie di 15 Sulci (filari) paralleli, alla distanza regolare di 2,70 mt. in cui furono rinvenuti come drenante, frammenti di terraglia probabilmente di origine africana. Nel terreno furono anche recuperati fossili di vite e semi, da cui è stato possibile risalire ai fusti arborei utilizzati come tutore (quindi vivo). Altresì fu possibile desumere che la concimazione si praticava con avena e fave per il ricambio dell’azoto e dei nutrienti (il moderno sovescio) questa pratica, proprio di seminare ortaggi per il consumo delle famiglie, mi racconta Antonio Papa, è andata avanti fino alla fine degli ’70. Naturalmente poiché i nutrienti erano assorbiti anche dalle altre colture, la maturazione fenologica dell’uva poteva ritardare anche di 15 giorni. Riguardo alle origini del Clone Primitivo del Massico, diversi studi sostengono che si tratti di un clone preesistente (classificato dalla Diocesi di Carinola come Zagarese) a quello proveniente da Gioia del Colle che risale solo al 1930.
La Degustazione
Siamo a Sessa Aurunca. La Masseria di Sessa. Crono Falerno del Massico Bianco Doc 2021 Alfredo Russo è un giovane che ha già fatto parlare di sé. Si tratta di un’azienda biologica che alleva anche conigli (a terra, allo stato brado), galline, oche (utilizzate per il diserbo naturale di vigneti e frutteti) e produce olio extra vergine di oliva (cultivar Sessana Dop). Il vino è un blend: Falanghina 85% e saldo di fiano. Il vino, se ancora ce ne fosse bisogno, è la prova provata dell’assoluta longevità dei bianchi campani, fortunatamente sdoganata da tempo. Il calice è in forma smagliante: giallo paglierino tenue. Al naso frutta bianca, tante erbe officinali e il floreale del fiano. Il sorso è scattante, fresco e minerale. La “larghezza” gustativa della falanghina avvolge il palato (alcol 13,5% ma non lo dimostra) e il saldo di fiano conferisce ulteriore eleganza al palato. Posizionamento a scaffale sui 15,00 €
Danilo Trabucco Falerno del Massico Bianco Dop 2022 Ad Maiora
“La scienza senza coscienza non è che rovina dell’anima”, questa celebre frase (riportata in etichetta) la ripeteva spesso Nicola Trabucco, prematuramente scomparso nel 2017, lasciando un’eredità enologica importante (dobbiamo a lui le prime etichette di Terra di Lavoro ed Etichetta Bronzo e gli studi sul Clone Massico del Primitivo). Siamo a Carinola, alle spalle del Monte Massico e a poca distanza dal mare. Le vigne di Falanghina sono a 250 metri sul livello del mare, su terreni composti di tufo e calcare, mentre il fiano è in pianura su terreni di fine cenere vulcanica di matrice flegrea. Dopo la fermentazione, il vino matura per cinque mesi in tonneau e per almeno un anno in acciaio, con sosta sulle fecce fini. Segue l’affinamento in bottiglia. La produzione è limitata e numerata.
Danilo Trabucco ha raccolto coraggiosamente il testimone paterno e nel 2021 ha progettato questo vino dedicato al Papà. Che si tratti di un vino speciale s’intuisce già dalla bottiglia. 85% Falanghina e saldo di Fiano. Lo assaggiamo finalmente dopo il giusto tempo, a due anni dalla vendemmia. Si presenta giallo paglierino più carico. Al naso arriva subito il “marchio di fabbrica” del territorio vulcanico con note empiromatiche e minerali. Il sorso è molto equilibrato tra freschezza e grassezza gustativa. Il palato alterna con eleganza sensazioni speziate e agrumate, avvolte da freschezza e sapidità che chiudono in lunga persistenza minerale. Danilo è giovane, ma promette davvero bene. Dall’assaggio di questo bianco, che fa parte della maturazione in legno, nasce il tema “spinoso” dell’utilizzo del legno per i vini bianchi: spesso si storce il naso (il più delle volte a ragione), ma, laddove ci sia uno studio alle spalle e un utilizzo moderno e moderato, come in questo caso, i risultati sono senz’altro apprezzabili per struttura e longevità. Prezzo a scaffale: sui 25,00 €
Collefasani Falerno del Massico Bianco Dop Bacchanalia 2022
L’azienda è a Mondragone con vigne a Sessa Aurunca in località Fasani. Il termine Fasani, in dialetto sessano, indica i fagiani in un fazzoletto di terra unico per flora e fauna. I terreni hanno struttura argillosa, sabbiosa e calcare. La brezza marina portata dal vento, l’esposizione dei vigneti sud/est ed est/ovest e l’escursione termica giorno/notte garantiscono condizioni di allevamento ottimali in una zona che ha da un lato il Monte Massico e dall’altro, il mare. È un vino che vede solo acciaio e bottiglia. Si presenta giallo paglierino brillante non troppo carico. Al naso emergono subito note salmastre, iodate e di macchia mediterranea, con un leggero afflato affumicato. Il sorso è dinamico, di bella freschezza, ma soprattutto salato e minerale. Mineralità e salinità che vedremo essere il “marchio di fabbrica” del Falerno e che ne fanno un vino molto bevibile e abbinabile anche sulle tavole quotidiane. Prezzo a scaffale sui 10,00 €.
Bianchini Rossetti, Falerno del Massico Bianco MILLE880 Dop, 2022. Siamo a Casale di Carinola, qui Tony Rossetti, dal 2000 ha dato una svolta all’azienda storica di famiglia (1880). La sua è una bellissima cantina scavata nel tufo sotto il palazzo di famiglia, dove Tony ama ricevere alla sua conviviale tavola ospiti e amici. Siamo sul versante sud/est del Massico, ritroviamo perciò un vino molto profumato e di colore più carico.
La cantina, a regime biologico, lavora molto sull’acidità con crio macerazione pellicolare in pressa chiusa a temperatura controllata in atmosfera inerte per 8 ore. Fermentazione e affinamento: in acciaio inox 14/16 mesi, affinamento in bottiglia almeno 6 mesi. Il naso è molto ricco di fiori bianchi e pesca. La regia, di nuovo, è delle note salmastre e della macchia mediterranea. Il sorso è quasi tagliente, di grande acidità. La chiusura di bocca è decisamente sapida. Qui il registro cambia rispetto al primo e al terzo vino che avevano un naso più immediato. La complessità olfattiva è più timida e si apre più lentamente, al contrario del palato che è immediato, aperto e generoso, beneficiando della spinta acido/sapida derivante dalla natura dei suoli e dall’esposizione e altimetria (220 mt. s.l.m.) dei vigneti che guardano verso il golfo di Gaeta. Prezzo medio a scaffale sui 20,00 €.
Fattoria Pagano Pectus, Falerno del Massico Bianco Dop 2023
Siamo a Carinola, tra il Massico e l’Appia Antica (da poco riconosciuta come Patrimonio Immateriale Unesco). Masseria Pagano nasce come azienda biologica nel 2001 da papà Antonio e suo figlio Angelo che oggi segue con passione la cantina. Vigne di oltre vent’anni alle pendici del Roccamonfina, a 320 mt. sul livello del mare. Esposizione: ovest. Terreni di natura sabbiosa, con ceneri particolarmente permeabili, ricchi in fosforo, magnesio e potassio. Il vino, con vendemmia dalla seconda metà di ottobre, fermenta e matura, (dall’annata 2023, con l’obiettivo di rendere meno invadente la presenza del legno) per il 75% della massa, in legno grande e per il 25% in acciaio. Dopo 6 mesi si assemblano le masse, seguono un’ulteriore affinamento in acciaio di 2 mesi e l’imbottigliamento. Il calice si presenta giallo paglierino abbastanza carico e luminoso. Il naso schiude profumi di fiori di campo, macchia mediterranea e agrumi. E’ molto chiaro che si è progettato un vino destinato a essere longevo, ma buono da subito. L’utilizzo del legno è centrato e conferisce maggiore complessità gusto olfattiva. Prezzo a scaffale sui 20,00 €.
Regina Viarum Falerno del Massico Bianco Dop Cleopatra 2022
Siamo a Falciano del Massico. Questa cantina nasce nel 1996 ad opera di Pasquale Angelino, la storia di famiglia è però molto più antica e i loro vigneti sono iscritti nel registro delle vigne storiche e monumentali. Regina Viarum è la Via Appia, lungo la quale sorge la cantina oggi in regime biologico. Anche qui, come per Villa Matilde, il cambio generazionale è avvenuto con successo: alla guida della cantina c’è Amalia Angelino, stessa determinazione e passione di papà Pasquale e mamma Elda.
Fino al 2013 la cantina ha prodotto esclusivamente Falerno da Primitivo e “Petali”, il primo rosato da 100% Primitivo. Dal 2014, si avvicina al mondo del falerno bianco. L’idea di partenza era di prendere il meglio dal passato per rimodularlo al presente. Ecco quindi che compare l’Anfora, storicamente utilizzata per il trasporto del Falerno degli antichi Romani e storico contenitore di vinificazione dei vini georgiani (dove tutto ebbe origine circa 8.000 anni fa). Vinificazione, macerazione (non abituale per il Falerno bianco) e maturazione avvengono in anfora di terracotta. Bottiglie numerate. Il vigneto è a Nocelleto di Carinola, 80 metri sul livello del mare, con esposizione sud/sud-est e terreni limoso/sabbiosi. Il calice si presenta giallo paglierino piuttosto tenue. Al naso sensazioni floreali con note di frutta a polpa bianca e gialla, tipiche della macchia mediterranea. Al palato è fresco ed elegante, ma al tempo stesso strutturato e glicerico. Il tipo di vinificazione conferisce senz’altro sensazioni materiche, quasi di astringenza. La bevuta è comunque elegante e dinamica. Una diversa e moderna interpretazione del Falerno Bianco. Prezzo a scaffale sui 20,00 €.
Falerno rosso
Prima di passare alla degustazione dobbiamo specificare che se in etichetta leggiamo soltanto “Falerno del Massico Rosso Dop”, ci riferiamo all’Aglianico con un eventuale saldo di piedirosso. Se invece, leggiamo “Falerno del Massico Primitivo Dop”, la maggior percentuale sarà di Primitivo con eventuale saldo di altri vitigni autorizzati dal disciplinare.
Siamo a Carinola. L’azienda agricola Migliozzi esiste da sempre. Solo dal 2004 i fratelli Migliozzi decidono di iniziare la propria storia nel mondo della viticoltura.
Le vigne di famiglia, ci sono da sempre, ma il vino si faceva solo per parenti e amici. Già lungo la via Appia, ai piedi del monte Massico, s’intravedono i filari del vigneto che dà le uve e il nome a questo vino, appunto sulla collina di Rampaniuci. Il vino da Aglianico 70%, Piedirosso 20%, Primitivo 10%, matura in botte grande per almeno 12 mesi e in bottiglia per successivi 12. Il calice si presenta di un bel rosso rubino luminoso con riflessi granato. Al naso emergono note morbide floreali di rosa e lavanda. Frutti rossi anche sotto spirito con sniffate vegetali e balsamiche. Al palato è deciso, con tannini presenti ma non invasivi. Importante la componente glicerica (14,5%) ben bilanciata da freschezza e sapidità dovute alla natura dei suoli. Prezzo a scaffale tra 25,00 e 30,00 €.
Tenute Bianchino Falerno del Massico Primitivo 2022.
Siamo a Falciano del Massico. Tenute Bianchino è un’azienda giovane, inizialmente ortofrutticola, che da qualche anno si è dedicata al vino. Concetta Bianchino e Armando La Resta sono giovani e “smart” ma l’autentica passione ha già portato buoni risultati e importanti riconscimenti.
Siamo nella zona sud del Massico. Il Primitivo di queste zone sconta un’errata narrazione: non si tratta di un vino “too much”, eccessivo o marmellatoso. Oggi questi vini sono più dinamici e freschi. Vanno incontro alla modernità dei mercati con tutte le carte in regola per incisività, freschezza e bevibilità. Il vino: Primitivo in purezza, affina in legno per 12 mesi. Il calice si presenta rosso rubino fitto e luminoso con riflessi appena granato. Al naso: frutti rossi ancora freschi, viola, qualche nota appena vegetale e ritorni minerali dovuti al suolo vulcanico. Il sorso se la gioca in eccellente equilibrio tra rotondità, morbidezze e buona spalla acido/sapida. Il tannino è ben integrato. La promessa di longevità c’è tutta. Super abbinabile. Prezzo a scaffale tra 15,00 e 20,00 €.
Azienda Agricola Alfieri Tommaso, Caos Falerno Rosso Primitivo 2022
Siamo a Mondragone. L’azienda ha una storia importante che risale alla fine dell’800. Si tratta di una micro produzione di circa 2500 bottiglie e 80 Magnum da un vigneto a piede franco. Il calice si presenta colore rosso rubino fitto e luminoso. All’olfatto tanta frutta rossa matura con rimandi speziati. La struttura è importante e morbida in buon equilibrio con la freschezza dei suoli mondragonesi vicini al mare. Ancora un’espressione generosa e rotonda di Primitivo. Questa volta un vino più largo che verticale. Prezzo medio a scaffale tra 15,00 e 20,00 €.
Villa Matilde Falerno del Massico dop riserva Vigna Camarato 2018 La storia del Falerno, l’abbiamo detto, è intimamente legata a quella di Villa Matilde e del suo fondatore l’avvocato Francesco Paolo Avallone di cui nel 2025 ricorre il centenario della nascita. Appassionato cultore di vini antichi e del mondo classico che, incuriosito dai racconti di Plinio e dai versi di Virgilio, Marziale e Orazio, decise di riportare in vita l’antico Falernum, mettendo così le basi per la nascita di Villa Matilde alla fine degli anni ’70. In collaborazione con alcuni ricercatori riuscì a rintracciare pochi ceppi di quelle viti, dirette discendenti delle piante coltivate nell’Ager Falernum, oltre 2.500 anni prima. Le viti del Falerno – Falanghina biotipo Falerna – sopravvissute miracolosamente alla devastazione della filossera di fine ottocento, furono reimpiantate nel territorio del Massico, lì dove avevano prosperato nell’antichità. Siamo a Cellole in località Venditto, Tenuta San Castrese.
A raccontare il vino c’è Maria Ida Avallone, seconda generazione, che con il fratello Tani ha portato avanti l’azienda. Da un paio d’anni il cambio generazionale è avvenuto con successo, ad assicurare continuità al futuro, al fianco di Maria Ida e Tani, ci sono Maria Cristina alla guida enologica e Francesco Paolo jr. responsabile dei mercati esteri. “Vigna Camarato è il nostro vino del cuore. Papà ci raccontava della bellezza di questa vigna che doveva essere curata con grande amore. Proprio da questo sentimento, (da c’ammore) abbiamo coniato “Camarato” la vigna dell’amore. Siamo nella parte più a nord dell’Ager Falernum sessano. L’azienda ha le sue radici tra Sessa Aurunca e Cellole. Da 1 ettaro di vigna circa arriva questa riserva di Falerno 2018 che è un’anteprima. Sarà in distribuzione non prima di un anno. 90% aglianico e 10% saldo piedirosso. Viti di circa 60 anni. Rese per ettaro sempre più basse (vendemmia 2024, soltanto 22 q./ettaro per circa 2000 bottiglie). Il vino affina in barrique di rovere di Allier per 12/18 mesi (1/3 nuove, 1/3 secondo passaggio, 1/3 terzo passaggio) e riposa in bottiglia a maturare almeno per 12/18 mesi. L’utilizzo moderato del legno nuovo è segno della nostra volontà di rispettare al massimo vitigni, territorio e storicità”.
Il calice si presenta rosso rubino brillante segno di assoluta gioventù. Il naso è ampio, fine e complesso: frutti di bosco rossi e neri, pepe, cioccolato, caffè e liquirizia. Il sorso è molto dinamico, caratterizzato da acidità quasi tagliente e chiusura sapido/minerale. Eleganza e bevibilità sono la cifra stilistica di Vigna Camarato che, in questo millesimo, promette ancora lunga vita. Prezzo medio a scaffale tra 55,00 e 60,00 €.
Masseria Felicia Falerno del Massico doc Riserva 2017 Etichetta Bronzo
Siamo a Sessa Aurunca e qui il cuore si ferma. Maria Felicia Brini, scomparsa prematuramente nel 2021, è stata colonna portante di Terra di Lavoro Wines e forza propulsiva instancabile del Consorzio Vitica. Questo è il suo ultimo vino.
Etichetta Bronzo è il vino del cuore di Maria Felicia: il primo, progettato insieme con papà Alessandro e Nicola Trabucco all’inizio degli anni 2000. Per fortuna il suo entusiasmo non è andato perso. Quest’annata 2017, da poco in commercio, è diversa dalla 2018 che è stata più fresca. Il calice si presenta rosso rubino, più fitto, unghia appena aranciata. Anche il naso è più evoluto: il frutto è carnoso ed evolve verso le tipiche note minerali del territorio con qualche rimando di rabarbaro. Il sorso è equilibrato, caldo e pieno (14% alcool) in perfetto simmetria con la vigorosa acidità. I tannini sono ben imbrigliati dal tempo. La forma è smagliante: la longevità è assicurata. A occhi chiusi, il calice evoca ricordi: la “luce” del caparbio e appassionato sorriso di Maria Felicia. Questo Falerno ha ancora molto da dire negli anni a venire, attraversa il tempo trascorso, presente, vissuto e mancato…Posizionamento a scaffale sui 40,00 €.
Gennaro Papa Vignaioli, Campantuono Falerno del Massico Primitivo 2020
Siamo a Falciano del Massico, tra 200 e 320 metri s.l.m. Terreni caratterizzati da limo, sabbia grossolana e sabbia fine al 40% con importante sub-strato piroclastico e residui di argille e pietre grossolane. La cantina ha le sue radici agli inizi del ‘900, ma fino al 1960 la produzione aveva più una valenza familiare che vero e proprio valore economico. Dalla fine degli anni ’80 Gennaro Papa, padre di Antonio, imprime la svolta verso la viticoltura storica e di qualità incentrata su vitigni autoctoni, con vigneti a piede franco, riportando alla luce anche vigne terrazzate sulle pendici del versante sud del Monte Massico. Campantuono (dal nome del sito dove insiste il vigneto) è il vino storico della famiglia Papa, ottenuto da vigne ultracentenarie (circa 130 anni) a piede franco. Primitivo 100% (biotipo falerno o massico). La scoperta del clone Massico si deve proprio a Gennaro Papa e all’enologo Nicola Trabucco. “Quello di mio nonno era un vino da concia, quello di mio padre era un vino dolce (residuo 8 gr/litro), il mio – racconta Antonio Papa – ha un grado zuccherino di 0,9/litro, lavoriamo su viti ad alberello con 3 grappoli per pianta. A volte non raggiungiamo la resa di 30 q./ettaro. Fare vino così è pura passione”.
Dalla vendemmia 2009 il Falerno del Massico Primitivo Campantuono è annoverato tra i vini ottenuti da ceppi classificati come Vigne Storiche dai tecnici dell’Osservatorio dell’Appennino Meridionale. Il Falerno Primitivo vive da anni una stagione nuova: il vino presenta una freschezza inattesa (rispetto alla narrazione comune), dovuta soprattutto all’acidità volatile di fondamentale importanza per il primitivo moderno. Vendemmia a mano a fine agosto/inizio settembre (il primitivo matura prima dell’aglianico).Nessun diserbo chimico. Conversione in biologico. Concimazione con sovescio e letame. Campantuono matura esclusivamente in acciaio, è quindi espressione secca e pulita del territorio. Esce a distanza di 4 anni dalla vendemmia. La 2020 è stata un’annata piuttosto mite, mediamente piovosa. Il calice si presenta rosso rubino fitto e luminoso. Il vino a livello olfattivo si esprime in potenza, eleganza e complessità: molto chiari i rimandi speziati di pepe fresco, tabacco e liquirizia. Antonio Papa ha imparato a “fotografare” nitidamente il Primitivo del Massico. Il sorso è gagliardo, possente, ma ben imbrigliato dalla spinta acida. Il tannino è ben integrato dai quattro anni di maturazione del vino. Posizionamento a scaffale sui 40,00 €.
Considerazioni finali
Abbiamo assaggiato 12 vini molto diversi tra loro, espressioni di micro territori che di fatto sono veri e propri “climat” come si direbbe in Borgogna. La differenza sta tutta nel fatto che questo grandioso lavoro di zonazione è stato inventato dai Romani oltre 2000 anni fa! Quest’eredità storica così nobile e preziosa non può essere però una “zavorra” per i produttori che li tenga ancorati al passato. Il Falerno del Massico moderno deve guardare al futuro, ha le carte in regola per farlo. I vini sono agili, freschi, dinamici, da stappare anche sulle tavole di tutti i giorni. Tanto lavoro è stato già fatto e tanto se ne sta facendo. Quasi la totalità delle cantine del Falerno è molto attiva sul fronte enoturismo. Il recente riconoscimento della Via Appia a Patrimonio Immateriale Unesco aggiunge un plus di eccezionale valenza alla narrazione di questo territorio.
Che dire? Avanti così e Que Viva Falerno!
Contatti: Consorzio Vitica
Via G. A. Acquaviva, 128 – 81100 Caserta – [email protected]
Ph. Credit Anna Ciotola