Espresso o Gambero Rosso? Sorpresa, se guardiamo solo nel piatto i valori sulle cucine sono simili: per esempio Bottura e Don Alfonso…


Egitto, Menfi. La cottura del pane

di Giancarlo Maffi

Siete più Espresso o più Gambero Rosso? Ecco la tipica domanda che non ha senso alla luce di una valutazione attenta dei fatti.
Vorrei tentare una pacata riflessione intorno ad una contrapposizione fra due guide, Espresso/Gambero rosso, molto dichiarata nei media scritti e nei blog. A me, infatti non pare una differenziazione così clamorosa, anche se alcuni casi sono reali.

Clara Barra

L’ ESPRESSO HA 16 TRE CAPPELLI.  VALUTA ESCLUSIVAMENTE LA CUCINA, come detto e ripetuto dal suo direttore fino allo sfinimento, poi nelle schede si parla dell’ambiente, della cantina del servizio.
IL GAMBERO ha 24 TRE FORCHETTE. Forse sono di manica più larga, ma forse no.

I BONUS, spiritosa e in alcuni casi passati surreale invenzione del fondatore BONILLI e ridimensionata da 5 a 3 con il passare degli anni, svolge il suo compito, tant’è che senza i bonus i 9 ristoranti che hanno bussato a tre forchette e sono a 90 /100 ( il minimo per starci ) sull’ampio podio non ci starebbero nemmeno.

MA il dato sul quale vi invito a una riflessione ragionata è il paragone fra I TRE CAPPELLI DELL’ESPRESSO E I VOTI DATI ESCLUSIVAMENTE ALLA CUCINA, DEL GAMBERO ROSSO.

Questi sono i dati veramente omogenei per raffrontare le due guide.

 

Enzo Vizzari

DEI 16 TRE CAPPELLI DELL’ESPRESSO NE RITROVIAMO BEN TREDICI fra le migliori cucine del GAMBERO, che vanno da 53 /100  a 56 / 100. I quattro che non sono presenti contrasterebbero con l’idea Sud-centrica che qualche rumors (sentiti con le mie orecchie l’altra sera) cita riguardo alla guida del Gambero rosso.

Infatti sono due GRANDI CLASSICI, L’ENOTECA PINCHIORRI DI FIRENZE E IL PESCATORE DI CANNETO, e due diciamo “ CONTEMPORANEI “, IL CANTO DELLA CERTOSA E IL DUOMO DI RAGUSA. In questo caso non si può  dire che il duo BARRA / PERROTTA  sia per la  “RESTAURAZIONE “ .
QUINDI IN REALTA’  DI CHE PARLIAMO ?
Certo, i voti non sono uguali, però sono molto vicini.

BOTTURA è SOLO AL COMANDO PER L’ESPRESSO E AL SECONDO POSTO, con 55, per il Gambero.  Insieme a Alajmo. Davanti di una incollatura i due hanno VISSANI, CON 56, L’ALTRO GRANDISSIMO DELL’ESPRESSO. Ma insomma siamo lì. Tante teste ma pare che i palati siano abbastanza vicini, quelli del duo BARRA/PERROTTA E DI VIZZARI.

Certo, Barra è tutta un’altra cosa, ma questo è anche un altro discorso…..

Semmai differenza grossa è che il GAMBERO celebra come una delle migliori cucine quella di CUTTAIA A LICATA, a 56 con ROMITO E ESPOSITO, INSIEME AL GIA’ CITATO VISSANI.
MENTRE Vizzari gli dà si tre cappelli ma a 18 / 20, non di più .

Non oso immaginare le espressioni usate da Ciccio Sultano al riguardo. Il fisic du rol  puramente modello ALTAN di Ciccio  mi fa pensare a qualcosa di diretto:-) .

Poi  è vero che alcune delle cucine migliori per il GAMBERO non ci sono nei TRE CAPPELLI DELL’ESPRESSO. Ma il fatto più clamoroso, l’annosa menata Iaccarino/Vizzari, trova invece una conferma se leggiamo le cose nello stesso modo di cui sopra .

IL DON ALFONSO STA FUORI DAI TRE CAPPELLI MA ANCHE DALLE MIGLIORI CUCINE DEL GAMBERO ROSSO, DOVE SI PIAZZA SOLO 29 NOVESIMO MA A PARI MERITO CON ALMENO ALTRI 20.

POI è  vero che ha tre forchette e si piazza addirittura secondo, ma è APPUNTO ESCLUSIVAMENTE MERITO DI UN SERVIZIO DEFINITO IMPECCABILE  (20/20 E MI PARE TROPPO TENUTO CONTO DEI GIOCHINI CON GLI APERITIVI della padrona di casa e dell’ossessiva richiesta alla fine di ogni respiro: “ tutto bene “, con l’aria di chi non permetterebbe una parola critica)  e dei bonus, IL MASSIMO TRE credo in buona parte dovuti alla cantina che vi parrà una discesa in Paradiso. Ma anche all’inferno per i ricarichi.

QUINDI per chiudere mi pare di poter dire che le due guide non parlino un linguaggio così distante, anche se è  abbastanza vera  la tendenza del Gambero a riportare la Barra (che gioco di parole scontato maffi )  un poco più  al centro /sud e soprattutto dando spazio a una certa classicità di alcuni storici ma sempre reattivi ristoranti come L’OASIS DEI FRATELLI FISCHETTI E LORENZO .

Addirittura 89 all’AMBASCIATA DI QUISTELLO, in discesa libera da qualche anno.

That’s all, folk

43 Commenti

  1. Curiosità interessante, specialmente la posizione defilata di Don Alfonso che però poi di fatto passa per essere uno dei primi 5 ristoranti d’Italia per il g.r. Ma probabilmente chi decide per motivi a me sconosciuti di affidarsi alla Guida G.R. si ferma al numeretto iniziale, fuorviante da questo punto di vista, perchè la Guida è palesemente Romacentrica e con baricentro editoriale spostato a forza verso sud e quindi questa finezza di ricerca del fulcro della sostanza, quello che sta in cucina, rimane un po’ fine a se stessa perché poi la numerica viene aggiustata con il bilancino dalle valutazioni di contorno fino ad arrivare a far pensare agli italiani che esistano ben 24 eccellenze nella Penisola, come se ci fossero 24 tre stelle Michelin, inimmaginabile

  2. E’ vero, c’è più omogeneità di quanto i soliti intelligentoni discettatori di Guide dicano.
    Però, ad esempio, c’è il Ristorante Lorenzo al Forte dei Marmi.

    Come voto di cucina il Gambero gli da 52:
    + 4 su Bracali
    +1 su Pinchiorri
    + 1 su La Tenda Rossa
    + 1 su Il Pellicano
    a parimerito con Arnolfo
    -1 su Caino
    – 1 su Il Canto

    quindi per il Gambero la cucina di Lorenzo è solo dietro di un centesimo a due ristoranti, ma comunque davanti di 1,5 a quella di Pinchiorri e 4 davanti a quella di Bracali
    .

    Per L’espresso invece Lorenzo ha avuto 17

    + 1 su La Tenda Rossa
    + 0,5 su Arnolfo
    a parimerito con Bracali ed Il pellicano
    – 0,5 su Caino
    – 1 su Il Canto
    -1,5 su Pinchiorri. Sapendo quanto contino i centesimi per L’Espresso questa differenza balza agli occhi
    .
    Ciao

  3. Infatti il Don Alfonso è sottovalutato da tutte le tre principali guide cartacee.
    Come Lopriore, del resto. Alla cui cucina sta davvero stretto il 18 de L’Espresso, specie in confronto con alcuni altri che stanno più su.
    Collocare il Don Alfonso dopo il Relais Blu, poi, è assurdo.

    Giovanni Lagnese

    1. ma se tutte e tre le principali guide danno una certa valutazione, perchè ostinarsi a dire che si tratta di una sottovalutazione ? non sarà che è chi pensa il contrario che incorre in una sopravvalutazione ?

      1. Infatti le guide non lo sottovalutano affatto. Resta tra i primi in Italia. Solo che i suoi aficionados lo vorrebbero primo e basta. Già vederlo secondo per loro è uno scandalo, terzo è complotto, da quarto in poi persecuzione

        1. Luciano, non chiedo il primo posto, ma _almeno_ un bel 18. A una cucina di non facile comprensione che più di ogni altra gioca di piccole sottigliezze che rischiano sempre di non essere colte.
          Se ci pensi bene, la cucina del Don Alfonso è più difficile da capire di quella del Canto dell’hotel Certosa di Maggiano, perché quest’ultima se non la capisci ti fa schifo, le dai 4/20 e quindi ti è chiaro che non hai capito, mentre la prima corri il rischio di non capirla ma di trovarla comunque molto buona, appunto da 16,5.
          È un po’ quello che accade con la musica di Mozart e con quella di Schoenberg: il secondo, se non l’hai capito, ti è chiaro che non l’hai capito; il primo è più subdolo, perché è terribilmente facile avere l’illusione di aver capito quando in realtà si sta godendo del 5 percento di quello che può dare.
          Capisci, Luciano?

          Giovanni

          1. perché quest’ultima se non la capisci ti fa schifo, le dai 4/20…
            Ma parli sul serio? Mah, il vecchio buon truffaut era solito dire “al cinema ci si deve emozionare, l’operaio come il cinefilo, poi il secondo troverà cose diverse ma se l’operaio entra e scappa il film non funziona”. Sarò a l’ancienne ma mi sembra una buona posizione anche per la cucina.
            Personalmente la cucina di Lo Priore l’ho sempre trovata comprensibilissima, sin dai tempi andati in cui me ne parlava per primo mastro Paolini (Antonio)…
            Ciao A

          2. Provo a illustrare meglio il concetto. Allora…

            Io ti dico che questo

            http://www.youtube.com/watch?v=J5bmQlRLmHA

            è più “difficile” di questa

            http://www.youtube.com/watch?v=NYaPaLT7Tco

            E inoltre la Serenata di Maderna, se non la capisci, ti dà solo fastidio. Mentre il Quartetto di Mozart puoi trovarlo piacevole anche se non l’hai capito.
            Il problema è che chi giudica l’alta cucina anch’essa come un “servizio” non si porrà proprio il problema della necessità di fare sforzi cognitivi per fruirne. Se l’alta cucina è artigianato come un paio di scarpe, allora il problema non si pone. Un paio di scarpe non devi capirlo: se ti fanno male ti fanno male, magari è perché non sono adatte al tuo piede, ma non è che non le hai capite. Stesso discorso per una sedia pensata per essere comoda (concezione funzionalista del design): se la trovi scomoda, è perché non è adatta il tuo fisico, ma non è che non l’hai capita. E la cucina com’è? È qualcosa che semplicemente può essere o non essere “adatta” al palato di qualcuno, al gusto di qualcuno, come una scarpa può essere o non essere adatta a un piede, oppure è qualcosa di diverso, come una musica o una teoria matematica che quando non l’hai capita non ti dice niente, ti infastidisce o ti annoia, ma che quando l’hai capita ti regala orgasmi altrettanto “fisici” di quelli sessuali?
            Io non sono fissato con la questione del se la cucina sia arte o meno. È solo che da lì discende tutto, tutte le differenze.
            Scusami se ho ripetuto più volte il concetto, ma meglio evitare quanto più è possibile la possibilità di fraintendimento.

            Giovanni Lagnese

          3. Il problema è che chi giudica l’alta cucina anch’essa come un “servizio” non si porrà proprio il problema della necessità di fare sforzi cognitivi per fruirne. Se l’alta cucina è artigianato come un paio di scarpe, allora il problema non si pone. Un paio di scarpe non devi capirlo: se ti fanno male ti fanno male, magari è perché non sono adatte al tuo piede, ma non è che non le hai capite. Stesso discorso per una sedia pensata per essere comoda (concezione funzionalista del design): se la trovi scomoda, è perché non è adatta il tuo fisico, ma non è che non l’hai capita. E la cucina com’è? È qualcosa che semplicemente può essere o non essere “adatta” al palato di qualcuno, al gusto di qualcuno, come una scarpa può essere o non essere adatta a un piede, oppure è qualcosa di diverso, come una musica o una teoria matematica che quando non l’hai capita non ti dice niente, ti infastidisce o ti annoia, ma che quando l’hai capita ti regala orgasmi altrettanto “fisici” di quelli sessuali?
            Io non sono fissato con la questione del se la cucina sia arte o meno. È solo che da lì discende tutto, tutte le differenze.
            Scusami se ho ripetuto più volte il concetto, ma meglio evitare quanto più è possibile la possibilità di fraintendimento.

            Giovanni Lagnese

          4. Capisco quello che vuoi dire. Ma il punto è che su questa cosa il giudizio delle guide è unanime se giudichiamo la cucina e basta. Questo è il punto di vista della critica professionale, poi, per carità, ognuno resta del suo parere
            Non è un 18 sull’Espresso a cambiare il destino del Don Alfonso e nemmeno un 16,5.

          5. Luciano, veramente, per quanto riguarda la Guida Gourmet (unica annata! :-D), dopo che al Don Alfonso era stato Cauzzi che aveva dato 16, c’è andato Emanuele Barbaresi assieme a me, il quale dopo un pranzo stratosferico voleva assegnare addirittura un 19 (sarebbe stato l’unico 19 tra gli italiani)…
            Io non chiedo un 18 per forza. Chiedo un minimo di sforzo di comprensione, giusto qualche dubbio in più.
            Caro Luciano Pignataro, io ti considero una persona preparata: se vuoi possiamo anche provare a confrontarci con davanti gli stessi piatti, così io ti dico che emozioni danno a me e tu mi dici se a te… pervengono o meno.

            Giovanni Lagnese

          6. Per me va bene; se fai in tempo, possiamo andare prima che chiuda. Scegli tu i piatti, ma facciamo almeno una degustazione dei sei mezze portate più i dolci. Per la data io non ho problemi particolari. La mia email dovresti averla.

            Giovanni Lagnese

        2. Certo che parlo sul serio, Alessandro Bocchetti. E non sono d’accordo con Truffaut. Non tutto deve essere “grande per i grandi, medio per i medi e piccolo per i piccolo”. Per andare avanti serve anche ciò che fa schifo ai “piccoli”. Senza di ciò, non si sarebbe andati avanti, a partire dal Novecento, praticamente in nessuna arte. Senza la fischiatissima, derisa, ignorata musica di Anton Webern (“Destinato al fallimento totale in un sordo mondo di ignoranza e indifferenza, egli inesorabilmente continuò a intagliare i suoi diamanti, i suoi abbaglianti diamanti, delle cui miniere aveva una conoscenza perfetta.”(Igor Stravinsky)) non si sarebbe andati avanti nella musica (Webern è stato fondamentale per quello che poi è stato il secondo Novecento). E lo stesso si può dire per casi simili in tutte le altre arti.
          No, Alessandro Bocchetti, l’arte – e l’alta cucina è arte – non deve essere cortigiana, non deve fare concessioni al pubblico. Certo, l’alta cucina deve stare sul mercato. Ma tanta altra arte nient’affatto cortigiana c’è stata benissimo, sul mercato. E comunque un po’ di soldi pubblici non ci starebbero affatto male.

          Giovanni Lagnese

          1. Ah, ho capito il solito disco…
            Lo sai qual’è il problema è che tu ritieni che ci siano discipline alte e basse… Sei come quelli che distrussero Scielzi perché la pedissequa dodecafonia di Nono era molto più chic… Sono in totale disaccordo… Ma va bene così ;-)
            Ciao A

  4. fra i due litiganti il terzo gode e io per non sbagliare sposto “la Barra” verso nord comprando la Guida Critica e Golosa di Paolo Massobrio, e.. guai a chi mi dice che è la guida piu’ inutile d’Italia insieme a quella dei vini di Luca “piacevolezza” Maroni :-)

    1. Massobrio mi dicono che oggi su La Stampa abbia definito i vini di De Battè “Biodinamici” , all’insaputa del medesimo produttore che si sarebbe dissociato da tale etichettatura postuma :-)

  5. Mi sembra molto interessante questa analisi, Maffi.
    Confesso che a un certo punto trovo il discettare nel web delle guide venga un pò a noia. A meno di non ammettere che non sono per nulla superate. Tesi che nel web passa spesso.
    Personalmente credo che addivenire a un unanime giudizio su un locale sia estremamente difficile. Impossibile. E non è semplice questione di sbagli o sviste. In fondo, come ben evidenzia Maffi, in alcuni casi è questione di un punto o di centesimi. Trovo che sia una questione che si gioca sul bagaglio culturale – esperenziale degli individui e di un gruppo di lavoro che elettivamente si sceglie e collabora. Il mondo delle guide non è poi tanto lontano da quello terrestre. In quest’ultimo tendiamo a farci consigliare su un orologio da comprare o una località per andare al mare, su un ristorante dove cenare, da quello dei nostri amici che per noi rappresenta un determinato standard di gusto, magari quello più vicino al nostro. Il suo gusto diventa garanzia di non avere sorprese. Allo stesso modo ognuno compra l’Espresso o Gambero Rosso perchè negli anni ha verificato, l’una o l’altra guida, essere più vicina al proprio stile e alle proprie aspettative. Vizzari, piuttosto che Barra/Perrotta, diventano gli amici ai quali chiedo consiglio dalle pagine della loro guida. Consigli, insomma, non giudizio inappellabile (sebbene importantissimo e anche a volte determinante per un ristoratore).
    Infine sono convinta – è banale – che la ricerca di un elemento di novità e differenziazione sia voluta, perseguita. Immaginiamo… Ammesso che si arrivasse a sapere con certezza quanto e come sono piaciuti dei locali/cucine alla guida “concorrente”, l’obiettivo di differenziarsi secondo me diventerebbe prioritario, pena fare una guida uguale. Quindi, nell’ambito di una affidabilità e giustezza della valutazione, la differenziazione, il lancio di segnali a un territorio, il precorrere tendenze e l’esercizio del proprio bagaglio di esperienze uniche assumono un peso determinante.

    1. In effetti trovo questa analisi estremamente calzante rispetto a tutti gli interrogativi che ogni anno, all’uscita delle guide, puntualmente nascono tra gli addetti ai lavori ma anche tra gente comune…Oramai li conosciamo tutti…”Ma chi va a fare le recensioni?” “Chi sono gli ispettori e che conoscenze enogastronomiche hanno?” “Le guide sono pilotate?” “I ristoratori pagano?” etc. etc.

      Alla base di tutto secondo me ci sono solo ed esclusivamente 2 parole…Soggettività ed Oggettività di chi giudica..questo almeno nel giudizio di chi “compone” le guide e non sto qui a spiegare in che modo le 2 parole si intrecciano tra di loro al fine della determinazione del giudizio finale…Per la soggettività non credo ci sia molto da aggiungere….Domandiamoci piuttosto se, chi fa l’ispettore abbia effettivamente le conoscenze per giudicare oggettivamente un locale.

      In realtà il tutto sarebbe riconducibile ad un classico “me ne pò fregà de meno” qualora le guide avessero il “mero” compito di aiutare il lettore nella scelta del locale e pertanto si limitassero a tale “mero” compito… Alla fine il lettore sarebbe “libero” di scegliere senza condizionamenti, avvalendosi di un giudizio di qualcuno che magari reputa “intenditore” e che nel migliore dei casi può portarlo a condividerne il suggerimento e dire “azz aveva ragione” e che nel peggiore dei casi può portarlo a non condividerne il suggerimento, bestemmiando da san basilio a san silvestro per aver seguito quella guida!!!

      Purtroppo non è così!!!
      E lo sappiamo tutti..senza nasconderci dietro ad un dito…..Le guide oggi sono il potere per molti nel campo dell’enogastronomia…dai giornalisti che le compongono, ai redattori, alle società che producono materiale per ristorazione etc., agli stessi chef, agli stessi ristoratori…insomma c’è talmente un giro di persone intorno che acquisiscono un vero e proprio potere dalle guide che riesce difficile pensare che il tutto possa essere ricondotto ad un mero giudizio di un ispettore.

      Attenzione!! non dico che ci sia qualcosa di pilotato ma che è talmente grande il potere economico che gira intorno alle guide che spiega la ragione di accanimento spesso da parte di addetti ai lavori e non, per un semplice giudizio su di un locale.

      Non è questione di essere riduttivi ma alla fine il tutto secondo me può essere ricondotto ad una semplice affermazione…O ci sei dentro e ne accetti le regole con pro e contro o te ne esci (vedi Marchesi) e ne paghi le conseguenze!!!…Saranno gravi le conseguenze??? ai posteri l’ardua sentenza!!!

      1. Non so se sono d’accordo del tutto. Ma vale la pena precisare che io sono assolutamnete certa che chi fa l’ispettore delle guide è perlomeno il meglio che c’è in giro per valutare un locale. Quelli che io ho conosciuto delle due guide di cui si parla, assolutamente. Inoltre è anche importante non sottolineare troppo il ruolo dell’ispettore. Io credo nel lavoro di gruppo e nella supervisione del direttore del rpogetto nel suo insieme. i risocntri per valutare un locale sono molteplici. Le visite sono solo uno degli aspetti per quanto determinante.L’immagine che ho dato della guida come consiglio riconduce tutto il discorso sulle guide a una semplificazione che serve un pò anche a smontare molte polemiche . Ognuno, insomma, sceglierebbe la sua guida in base secondo una scelta stilistica di base. Un pò come al mattino preferisco comprare Repubblica o il Corriere, o magari Il Pais o Le Monde. Tutto qui.

        1. In effetti cercare di spiegare il motivo di tutte queste polemiche diventa difficile.
          Io ad esempio sottolineo il fatto che la maggior parte delle polemiche (direi un buon 90%)nascono da coloro i quali (addetti ai lavori o semplici lettori) abbiano interesse a far valere le proprie ragioni perchè mossi da un interesse preciso e non certo perchè mossi da sana passione per l’enogastronomia a cui lascio il restante10% .

          Ed allora penso al giornalista che ottiene visibilità e attenzioni varie nel favorire un ristoratore piuttosto che un altro con un suo giudizio..ma penso anche ad uno chef che adotta “strumenti” per il suo ristorante “segnalati” per così dire dalle guide che lo indirizzano verso voti alti…e penso infine anche ai lettori che scrivono sui tanti blog in internet o vari forum per far valere le proprie idee su questo piuttosto che su quel locale per avere poi un’attenzione particolare dal ristoratore in termini di sconto o per avere favoritismi vari che spesso si traducono in visibilità agli occhi di amici o fidanzate o colleghi di lavoro etc. etc.(quanti ne conosco che fanno così).

          Insomma io non ne traccio un bel quadro…fermo restando però che molti che svolgono il loro lavoro dall’ispettore, ai giornalisti di redazione, fino agli stessi redattori di guide, lo fanno spesso con grande professionalità e con sana passione..ma alla fine non possono sottrarsi alle leggi del mercato e soprattutto a quelle del potere mediatico…

          Ritorno pertanto al concetto di fondo…O ci sei dentro e ne accetti le regole con pro e contro e questo vale per i ristoratori, o te ne esci e ne paghi le conseguenze.

          Riguardo invece ai lettori…oggi sono tutti grandi professoroni del cavolo..tutti si sentono in grado di dare giudizi sui vari forum e blog…ci vorrebbe per tali signori un bel bagno di umiltà e magari un bel corso di ridimensionamento per farli tornare tutti ad essere semplici lettori e non professoroni del c…(stavolta il cavolo era troppo educato per tali signori)

  6. @lagnese e pigna : sbrigatevi a mettervi d’accordo : non vorrei mai che asspettando l’ apertura del prossimo anno sparisse dalla carta quel meraviglioso piatto di peperoni , certo la piu’ grande opera artistica prodotta nel mondo gastronomico dai tempi della guerra punica. Naturalmente , lagnese, naturalmente tu sarai in grado di capire quello che io ed altri, parvenus dal palato di amianto, non abbiamo saputo cogliere : la pura espresssione di una cucina geniale.

    1. Io l’ho sempre amato, il Peperone al Don Alfonso, e l’ho seguito nella sua evoluzione. Ho anche discusso del piatto più volte con Ernesto Iaccarino, sottolineando sempre che quelli che per altri erano “difetti”, per me non lo erano, e anzi io avrei “giocato” ancor di più proprio sugli apparenti “difetti”.
      Per me va benissimo confrontarmi con Luciano. Se vuoi, puoi venire anche tu.

      Giovanni Lagnese

      1. No grazie . Faccio volentieri a meno, dopo l’ ultima volta. E’ strano . Non mi pareva di essere al tavolo con degli analfabeti di critica gastronomica e comunque la mia presenza e’ molto chiaramente non gradita e io non ho l’ abitudine di imporla, quando me ne rendo conto . Pero’ forse abbiamo scoperto l’arcano: sara’ mica che Ernesto Jaccarino ha sbagliato consigliere:-))

  7. Caro Giancarlo Maffi, credo che Ernesto Iaccarino faccia sempre di testa sua e non abbia la necessità di stare a sentire nessuno. Tuttalpiù può fare qualche piccolo “sondaggio” fra i clienti o ricevere ispirazione dal lavoro di qualche collega o in generale da qualsiasi cosa, come è normale che sia. Credo che Ernesto Iaccarino sia uno dei migliori cinque chef d’Italia.

        1. davide scabin
          mauro uliassi
          enrico crippa
          nico romito
          ciccio sultano
          massimiliano alajmo
          moreno cedroni
          flavio costa
          gianfranco vissani
          andrea berton
          salvatore tassa
          nino di costanzo
          antony genovese
          antonino cannavacciuolo
          norbert niederkofler
          pietro leemann
          fabio barbaglini
          pier giorgio parini
          pino cuttaia
          enrico bartolini
          andrea aprea
          gian piero vivalda
          antonio guida
          oliver glowig
          francesco sposito
          alfonso caputo
          michele de leo
          danilo di vuolo
          ilario vinciguerra
          ugo e piero alciati…… insieme ad ancora almeno una ventina …. sentitamente la ringraziano per l’estrema soggettività del suo parere. anzi diciamo un parere da tifoso di curva ,di quelli pesanti ,che è meglio :-)

          1. Giancarlo,tu vai la salone del gusto?se sì fammelo sapere che ti porto quelle freselle…

          2. Romito? Un ottimo artigiano, da 17 pieno, ma almeno un punto sotto Ernesto Iaccarino.
            Vissani? Cucina golosa, molto facile da capire, oggi non più all’avanguardia.
            Alajmo, come probabilmente anche Crippa e qualcun altro, forse ci può stare, ma ci manco da troppo tempo e alcuni gourmet fidàti recentemente non me ne hanno parlato benissimo (di Alajmo sono stato un cliente abbastanza affezionato alcuni anni fa, negli anni immediatamente post-3stelle).
            Quanto ad altri nomi che hai fatto come Salvatore Tassa, Oliver Glowig, Alfonso Caputo, Francesco Sposito… suvvia, non facciamo ridere: sono ottimi chef, ma certamente non all’altezza di Iaccarino (da Tassa però pure manco da un sacco di tempo).

            Giovanni

          3. a parte che cambiare idea non è roba da fucilazione, soprattutto quando te la fa cambiare il cuoco in questione, ho scritto da altra parte e piu’ volte le motivazioni. vai a cercarle da solo . sono tutte su questo blog. io mi sono stancato d i ripeterle e anche ,se permetti, di risponderti. resta pure della tua idea. nessun problema. vuol dire che siamo tutti incompetenti :-)

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