Es 2011 Primitivo di Manduria doc di Gianfranco Fino | Garantito Igp
Dopo gli anni ’90 sono nati tanti vini, ma pochissimi sono riusciti a diventare bottiglie mediatiche, un po’ perché la critica rappresentata dalle guide ha proressivamente perso la forza di imporre sempre e comunque le proprie scelte, un po’ per la crisi di consumi in Italia e, infine, anche perché nell’era 2.0 chi scrive di vino arriccia sempre il naso di fronte a etichette capaci di raccogliere il consenso unanime.
La grande forza dell’Es di Simona Natale e di Gianfranco Fino è stata quella di imporsi all’attenzione di tutti, sino a diventare un vino identitario per la Puglia intera. Era dai tempi del Graticciaia e del Patriglione di Severino Garofano che non accadeva una cosa del genere in questa regione che è riuscita a promuoversi meglio di ogni altra al Sud negli ultimi dieci anni.
Ma il discorso non si esaurisce solo sotto l’aspetto territoriale. Perchè l’Es ha acceso i fari sul Primitivo come mai era stato fatto sino a questo momento finendo in pochi anni per dettare un nuovo carattere a questo vino da sempre emblema di un rosso del Sud eccessivamente potente, a volto cotte ricostruendolo a partire dalla freschezza e partendo da un’agricoltura pulita ed ecocompatibile.
I vini mediatici fanno bene ai territori e alle denominazione. Sono spesso come fari nella notte e il loro ruolo è quello poi di accendere l’attenzione su tutto il territorio. Pensiamo a quello che è stato il Gravello per la Calabria, il Montevetrano per la Campania, giusto per fare due esempi. La differenza tra oggi e vent’anni fa è che dietro ci devono essere progetti enologici convincenti, una trama vera da raccontare. Forse la crisi dei consumi italiani da questo punto di vista è servita anche a resettare i giudizi togliendo spazio a quelle etichette “sotto il vestito niente”.
L’Es nasce da vigne ad alberello di 40, 50 anni. E’ una storia di recupero delle buone pratiche in campagna ma anche dell’energia che si crea quando un rapporto d’amore riesce a tradursi in un progetto di lavoro come in questo caso.
L’Es 2011 è stato uno dei miei assaggi preferiti all’ultima edizione del Vinitaly, nella bolgia di Opera Wine, nel budello dove erano stati sistemati i vini del sud una ventata di freschezza, note balsamiche, frutta rossa matura e dissetante è riuscita a impedire il progetto di fuga che avevo maturato dopo i primi cinque minuti.
La forza di questo vino è di essere gradevole senza essere piacione, potente ma non massiccio, semplice e immediato ma non banale e caricaturale. Ed è per questo che riesce a mettere tutti d’accordo, non solo per la capacità relazionale di Simona e Gianfranco. Anche perché il primo anno il botto può riuscire, ma la costanza di restare al top in maniera consolidata rivela il fuori classe, il vino mediatico al cui successo si può abbeverare il vitigno e il territorio. Cosa che in effetti sta succedendo perché del fantastico tridente rosso pugliese è proprio questo che in questo periodo sta tirando la volata.
La vendemmia viene effettuata con le uve leggermente appassite. La macerazione avviene in tino di acciaio inox per tre-quattro settimane. Dopo la svinatura, il vino passa in barriques di rovere francese di primo passaggio per dodici mesi, senza essere filtrato e chiarificato e completa l’affinamento con altri sei mesi in bottiglia, prima di essere messo in commercio.
Un gioiellino enologico, insomma, che può durare tutta la vita.
Sede a Lama (TA) – Via Fior di Salvia, 8 – Tel. e Fax 099/7773970 – Cell. 348 8838639 – [email protected] – www.gianfrancofino.it – Enologo: Gianfranco Fino – Ettari: 7 – Bottiglie prodotte: 12.000 – Vitigni: Primitivo e Negroamaro.
Pubblicato in contemporanea su
9 Commenti
I commenti sono chiusi.
Un vino che si beve che è un piacere nonostante i suoi gradi elevati.Se una bottiglia aperta finisce in un batter d’occhio non credo che ci sia niente di mediatico,ma solo una bella realtà che l’intelligenza e la costanza di Simona e Gianfranco riescono ogni anno a riconfermare.FM.
Buono sicuramente, ma non teorizzerei che “… l’Es ha acceso i fari sul Primitivo come mai era stato fatto sino a questo momento, finendo in pochi anni per dettare un nuovo carattere a questo vino da sempre emblema di un rosso del Sud eccessivamente potente, a volte cotto, ricostruendolo a partire dalla freschezza e da un’agricoltura pulita ed ecocompatibile”. Anzitutto perché c’è del negramaro insieme al primitivo (e già così è un vino diverso). Inoltre, chi ha fatto, nel tempo, del vino rosso del Sud “eccessivamente potente, a volte cotto” è stato bocciato dal mercato ben prima della proposta dell’Est. Concordo sul fatto che sia uno dei vini migliori di Puglia, appunto perché ha privilegiato (finalmente!) quella freschezza che era stata dimenticata da una parte dei produttori pugliesi, ma da qui a sostenere che l’abbia fatto “sino a diventare un vino identitario per la Puglia intera” ce ne passa. Nemmeno a Cosimo Taurino, un vero gigante dell’enologia pugliese, è mai stata riservata una ribalta mediatica del genere. Se Simona e Gianfranco continueranno su questa strada senza farsi imbesuire dalla notorietà, dagli adulatori, dai tappeti rossi, rimarranno sicuramente nell’olimpo dell’enologia pugliese di cui meritatamente sono entrati a far parte proprio con questo vino. Che è sempre vino, non un oggetto di culto.
un applauso, soprattutto per la seconda parte del suo intervento, al mio antico collaboratore Mario Crosta. Non avrebbe potuto usare parole migliori.
Ma l’autore dell’articolo da tempo ha fatto la sua scelta di campo e stare dalla parte degli stenditori di tappeti rossi, a prescindere, si vede che gli garba, che gli va su misura, che lo fa sentire profondamente se stesso.
A suo agio…
…non mi risulta che l’Es sia primitivo+negramaro ma primitivo in purezza.
Caro Mario, in primo luogo direi che oggi la ribalta per un vino è molto più difficile di prima nonostante ci siano più strumenti a disposizione. Infatti prima le bottiglie evento erano battezzate nella solo guida Gambero Rosos-Slow Food mentre oggi è difficile trovare un consenso unanime, soprattutto se aggiungiamo la critica del 2.0.
Difatto, dopo i vini di Severino Garofano, nessuna etichetta pugliese, per quanto buona, identitaria etc etc, si era imposta in questo modo all’attenzione di tutti e questo sia per la capacità relazionale di Gianfranco e Simona, ma soprattutto perché c’è tanta sostanza positiva nel bicchiere e tanta agricoltura sana, pulita e identitaria.
Questi sono dati oggettivi, al di là della simpatia o delle antipatia che si possono nutrire nei confronti dei produttori.
Ma senza fare molti ragionamenti, ti invito a nominarmi un vino pugliese degli ultimi dieci anni che ha avuto maggiore ribalta.
Questo successo ne ha fatto, a mio modesto parere, un elemento di giusto orgoglio per la regione
Il mio è un ragionamento squisitamente mediatico e comunicativo, concludo dicendo che la viticultura italiana ha bisogno di buoni vini e poi anche di vini che riescano a far parlare di se.
Sono d’accordo con te, Luciano (non è la prima e non sarà l’ultima volta) per quanto riguarda gli ultimi tempi e per quel tipo di vino, infatti penso che sia uno dei migliori vini di Puglia e ho fatto molti auguri a Gianfranco e Simona. E’ su quella tua frase “come mai era stato fatto sino a questo momento” che sono rimasto un po’ scosso, poiché bevo vino da 50 anni e ricordo i Primitivo, di Sava e di Manduria, fin dal 1975 (campagna elettorale, ho girato tante di quelle cantine che abbiamo raccolto… pochissimi voti!), che non avevano ancora subito l’abbaglio della parkerizzazione e la moda delle barriques. E’ stato in quegli anni ’70 che si sono accesi i fari sul primitivo, basta vedere quanti se ne vendevano, tutto d’un colpo, per un entusiastico passaparola, a Milano e dintorni. Poi qualcuno si è montato la testa e sono venuti fuori vini da tagliare con il coltello, marmellatosi, cotti, con prevalenza di sentori alcolici a volte nauseabondi (il tenore alcolico era già alto prima, ma in armonia con il fruttato, e come sporcavano i bicchieri quei vini!), immettendo sostanze chimiche ammesse, ma fino ad allora sconosciute, in coltivazione e in cantina. Si beveva come oro colato tutto quello che una pletora di parvenues autoreferenziati nel mondo mediatico pontificava sotto le luci della ribalta. Quella serie di adulatori interessati ha inciso negativamente non poco sui Primitivo, tanto che hai fatto bene tu a rimarcare come Gianfranco e Simona abbiano privilegiato la freschezza e l’ecocompatibilità. Quegli adulatori interessati hanno guastato non solo i Primitivo (e non solo in Salento). Pensa soltanto alle fatiche di un altro grande maestro della tua terra, Michele Moio fu Luigi (e padre di un altro Luigi, professore di enologia all’Università), per mantenere uno stile che era ormai snobbato dai media. Ribadisco ancora una volta, se fosse necessario, quanto ho già scritto e cioè che Gianfranco e Simona “se continueranno su questa strada senza farsi imbesuire dalla notorietà, dagli adulatori, dai tappeti rossi, rimarranno sicuramente nell’olimpo dell’enologia pugliese di cui meritatamente sono entrati a far parte proprio con questo vino. Che è sempre vino, non un oggetto di culto”. Grazie del tuo commento, Lucianone.
Grazie Mario, un abbraccione
Anche a te, Lucianone!
a quando un grande bacio sulla guancia? Occhio ai baci Mario, il padrone di casa ne dà di speciali… :)