Enzo Coccia, il ragazzo della Duchesca che ha creato la pizza moderna
di Emanuela Sorrentino
Cita Winston Churchill pensando alla frase diventata anche il suo credo: «Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale, ciò che conta è il coraggio di andare avanti». Ricorda che ha chiamato la sua pizzeria “La Notizia” prendendo spunto dal film “Quarto Potere” di Orson Welles ed oggi è felice del suo nono posto nella classifica 50 Top Pizza Italia.
Enzo Coccia, maestro pizzaiolo e innovatore della pizza napoletana a partire dall’attenzione per impasti e materie prime, sprizza gioia contagiosa.
«Mi sento un ragazzino che ha raggiunto il primo posto. Non sono giovanissimo e questo piazzamento così ai vertici davvero mi rende orgoglioso. Guardando i giovani che riempiono meritatamente la classifica rivedo me di 30 anni fa con la voglia di imparare, migliorare. Ma nello stesso tempo sono un po’ rammaricato: tanti colleghi “attempati” come me sono spariti dalla classifica, non partecipano ad eventi, non innovano, non si aggiornano. Io ho iniziato il 25 giugno del 1994 andando via dal locale di famiglia e aprendo “La Notizia” in via Caravaggio. Il mio unico obiettivo? Fare qualità, oggi come all’epoca. Ho rivoluzionato il prodotto pizza, dandogli importanza nel suo insieme. Si diceva una volta che quando un ingrediente era un po’ scadente lo si doveva mettere sul disco, tanto si sarebbe cotto in forno e sarebbe “andato bene”. Ovviamente non è così. Topping e impasti vanno salvaguardati sempre e fatti con materie prima non buone, ma eccellenti. Io le ho sempre ricercate in Campania e in tutta Italia perché ogni zona ha qualcosa da offrire».
Proviene dalla Duchesca Enzo Coccia, a due passi da Porta Capuana, nel dedalo di viuzze dove c’era la trattoria diventata poi negli anni Settanta anche pizzeria di famiglia, La Fortuna. «Però papà Antonio mi ha fatto pure studiare – ricorda orgoglioso Enzo -. Scuole superiori, poi un master su tradizioni e culture alimentari dei popoli del Mediterraneo con il professor Marino Niola, la partecipazione a Slow Food, i corsi di sommelier, dal 1995 al 2000 nell’Associazione Verace Pizza Napoletana e la creazione del disciplinare internazionale per la vera pizza napoletana. Il mio percorso è stato lungo, faticoso e pieno di sacrifici. Oggi ho due pizzerie: La Notizia e poi Vico a Roma e a Capri. Ho una società di consulenza per l’estero e un sogno». Un progetto di vita futura, quello che sta costruendo pian piano il maestro Coccia. «Vorrei ritirarmi in campagna, a Sant’Agata sui due Golfi. Ho un terreno con camere e ovviamente spazio per una pizzeria. Ci lavoro da 11 anni. Da papà Antonio ho appreso lo spirito di sacrificio, il sudare accanto al forno come nella vita. Insegnamenti che ho trasmesso ai miei figli Andrea e Marco».
Ai ragazzi di oggi cosa dice? «Di stare meno sui social. Hanno voglia di fare e apprendere ma bisogna anche vivere le esperienze, andare nei posti, non guardarli solo dallo smartphone. E poi bisogna capire che esistono le sconfitte, che il successo non è eterno e si deve credere in ciò che si fa. Questa è la mia filosofia, riprendendo il pensiero di Churchill». Ha sempre amato la pizza napoletana Enzo Coccia, intesa come volano di economia. «L’indotto è immenso. Pensiamo ai fornitori, ai pizzaioli, ma anche al fatturato di un comparto importante quello del turismo, di persone che viaggiano, soggiornano a Napoli e in Italia e mangiano pizza. Mio figlio Andrea ha fatto una tesi proprio su come un prodotto come la pizza “che parte dal basso” sia volano di economia e sviluppo. Io poi ho la regola delle tre Q: qualità dei prodotti, qualità dei collaboratori e qualità dei clienti. Solo così una famiglia di pizzaioli vive nel benessere. Ma la pizza deve avere un ingrediente speciale, deve essere fatta con amore. Solo le pizze fatte con il cuore sono le migliori. Insomma quella della pizza è una eterna storia d’amore».