Emilio’s Ballato a New York, il ristorante della nostra vita
EMILIO’S BALLATO
55 E Houston Street – New York
Tel. +1 212-274-8881
Aperto tutti i giorni a pranzo e a cena
emiliosballato.com
Parlare di questi posti è il motivo che mi ha spinto, e mi spinge con la stessa intensità emotiva del mio primo articolo battuto a macchina, a occuparmi di gastronomia. Scrivere di cibo significa raccontare gli uomini: Emilio Vitolo è un uomo speciale.
Oggi 64 anni, si trasferì, sesto di undici figli, da Sarno a New York da bambino. Erano altri tempi allora, le scarpe non si potevano comprare per tutti i nati di famiglie così numerose che poi hanno colonizzato il mondo, lo stesso identico meccanismo per cui tanti greci approdarono sulle coste calabresi e sicule e per cui oggi tanti vengono da noi. Il mondo alla rovescia è considerare l’immigrazione un problema e non una ricchezza, una opportunità per chi arriva e per chi è già qui, i cui antenati fecero esattamente la stessa cosa.
Ma andiamo avanti. Le pareti di questo locale cult a New York aperto nel 1956 da John Ballato sono zeppe dei personaggi dei vostri sogni, attori, cantanti, registi, scrittori, politici. Tutti, ma proprio tutti, hanno mangiato una volta nella loro vita nella saletta di fianco alla cucina, un po’ più appartata e del loro passaggio restano le foto, proprio come accade da Mimi alla Ferrovia o all’Aurora di Capri.
Ma cosa spinge Tylor Swift a trascorrere una sera con Sophie Turner, Brittany Mahomes, Blake Lively e la sorella maggiore di Blake, Robyn, tra gli altri, dalla famiglia di Emilio?
Per capirlo bisogna guardare alla foto più grande di tutte: quelle che ritrae il piccolo Emilio in braccio al padre con la madre e alcuni fratelli in un cortile rurale di Sarno.
Una storia vera, non inventata. E poi un cibo pieno di identità, talmente identitario da disegnare l’archetipo gastronomico italiano nella testa dei vip americani che quando vengono nel nostro Paese restano un po’ spiazzati dalla deriva autistica imboccata da gran parte del fine dining e che per questo si buttano su osterie, trattorie e pizzerie.
Quei furbacchiotti della Michelin lo hanno capito, e segnalano il locale pur senza dargli alcun riconoscimento. Ma è la prova che se non sei stato qui non puoi dire di aver visto New York.
Nel 1991, Emilio Vitolo lo acquistò da Sal Anthony, che lo aveva rilevato da Ballato: prese in mano la cucina e iniziò a servire piatti napoletani. Oggi, Anthony, Mario e Emilio jr, i tre figli nati dalla moglie peruviana stanno prendendo in mano le redini del locale mentre Emilio ama sedersi all’ingresso del locale d’estate e d’inverno. Conosce praticamente tutti, il suo modo di fare è considerato un esempio della grande ospitalità italiana, uno dei pregi che riconoscono alla gente del Belpaese nonostante la Bossi-Fini: le grandi star, i vip, si rilassano come in famiglia, vengono trattati alla pari ma con rispetto, si nutrono di piatti iconici come gli spaghettoni Vicedomini con le polpette, tagliatelle alla Bolognese, cotoletta milanese, salsicce e friarielli, spaghetti al pomodoro come pochi sanno fare a NY, la pasta e fagioli fatta alla campagnola, ossia un po’ brodosa e non azzeccata come piace a Napoli città, tiramisu, spaghetti con le vongole, calamari fritti. Un menu semplice , di buon materia prima, in una sala arredata dalla storia di questa città.
Emilio ha gli occhi verdi che ci ricordano gli Etruschi arrivati sin qui, lo sguardo e le movenze napoletane, la lingua un misto di dialetto antico e inglese americano in cui si trova a suo agio. Forse, dopo oltre 50 anni, pensa anche in americano, ma appartiene ancora alla prima generazione di emigranti: “I miei figli sono cresciuti, quel che mi resta da vivere voglio trascorrerlo nel paese dove sono nato, a Sarno. Ho costruito una casetta e la mattina voglio svegliarmi, farmi un caffè al bar e pensare a cosa mangiare. Da noi abbiamo cimiteri bellissimi, è in Italia che voglio restare per sempre quando sarà”.
Una vita di lavoro pazzesca vissuta ad alto livello, ma Emilio appartiene ancora a quelli che pensano al ritorno, non a trascorrere una vacanza o fare turismo di ritorno. Pensate quando deve essere stata forte questa generazione per rompere la quotidianità di radici così profonde, avere successo e non rinunciare al sogno di riposarsi in Italia.
In realtà, a pensarci bene, sono stati proprio gli italo americani a fare la sintesi giusta creando l’archetipo della cucina italiana così come oggi viene vissuta nel mondo. Il mito degli spaghetti al pomodoro nasce qui, la cucina che fanno è cucina “rossa” per usare una espressione cara ai critici americani. Gli stessi che possono demolire Keller ma che di fronte ad uno spaghetto con le vongole di Emilio si sciolgono.
Leggere per credere.