Efeso, il nuovo esordio di Librandi


9 ottobre 2003

È il nuovo volto del bianco del Sud, si chiama Efeso ed è fatto con un vitigno autoctono calabrese, il mantonico, fermentato in acciaio e in legno. Un abbinamento assolutamente ideale con i piatti, sapidi e saporiti, giocati con il protagonista di questa pagina, il baccalà. Siamo arrivati a Cirò Marina per trovare il vino ideato da Donato Lanati, capace di sostenere il piatto nazionale della dorsale appenninica, quando non c’era altro modo per mangiare pesce nei paesi isolati. Come il magliocco, l’arvina e altri uve, il mantonico è il risultato del lavoro di recupero fatto dai fratelli Antonio e Nicodemo Librandi su ben 230 ettari a vigneto tra Cirò, Cirò Marina e Melissa, il triangolo d’oro della viticoltura calabrese quest’anno rimasta ingiustamente a becco asciutto sulla guida dello Slow Food-Gambero Rosso dopo i successi delle precedenti edizioni. L’Efeso 2002 è un vino complesso, mandorle e frutta matura al naso mentre in bocca è caldo, avvolgente, persistente, abbastanza fresco: un vino capace di affrontare bene gran parte dei piatti saporiti della tradizione italiana. Non nasce a caso, ma è parte di un grande progetto di recupero coordinato da Attilio Scienza che percorre a ritroso il cammino dei vitigni sbarcati sulla costa jonica insieme ai primi coloni greci. L’unico punto davvero negativo e da ripensare è costituito dal prezzo troppo alto per un bianco del Sud alla sua prima uscita. Di Librandi dobbiamo comunque ricordare oltre al Cirò Riserva Duca San Felice e al Gravello (gaglioppo e cabernet sauvignon) anche lo splendido Magno Megonio ottenuto da magliocco, rosso di grande stoffa in grado di accentuare, vendemmia dopo vendemmia, quel tocco di eleganza che rivela la mano dell’enologo. Così Librandi si conferma punto di riferimento nel Sud, sentinella ambientale in un territorio devastato dalla speculazione e dall’incuria coccolate e incoraggiate dai condoni e dalle sanatorie.