E’ Nato ROSAUTOCTONO, l’Istituto del Vino Rosa Italiano
di Antonio Di Spirito
Ieri è stata firmata l’intesa della neo compagine, l’ISTITUTO DEL VINO ROSA AUTOCTONO ITALIANO, che riunisce le sei denominazioni più importanti dalle quali provengono i migliori rosati d’Italia: Bardolino, Chiaretto, Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte, Salice Salentino e Cirò.
Un aspetto molto significativo: le sei denominazioni provengono dal Nord, Centro e Sud Italia, faranno rete per la promozione unitaria dei vini ‘rosa’ della tradizione italiana.
Tra gli obiettivi principali c’è la creazione di un Osservatorio, con l’ausilio di Valoritalia e Federdoc, per diffondere la cultura del bere in versione rosa, per rafforzare una tradizione molto antica, per promuovere ricerca e formazione.
Oggi il consumo di vini rosati in Italia si attesta intorno al 6%, contro un 33% che si registra in Francia; quello francese non può essere preso a termine di paragone, almeno nel medio termine: la tradizione del consumo di vini rosati in Francia è molto radicata nei tempi; e, poi, in Italia abbiamo tantissimi grandi vini bianchi che difficilmente lasceranno fette di mercato così consistenti.
Avvicinarsi al 15% del mercato, sarebbe un gran risultato.
Ad apporre oggi a Roma la firma sull’atto costitutivo, davanti ad un notaio, sono stati il neo presidente dell’istituto, Franco Cristoforetti (numero uno del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino) insieme ai presidenti Alessandro Luzzago (Consorzio Valtènesi), Francesco Liantonio (Consorzio di Tutela Vini DOC Castel del Monte), Valentino Di Campli (Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo), Damiano Reale (Consorzio di Tutela vini DOC Salice Salentino) e Raffaele Librandi (Consorzio Vini Cirò e Melissa).
Presenti inoltre Sebastiano De Corato, in rappresentanza del Consorzio di Tutela Vini DOC Castel del Monte, Dario Stefàno, Senatore della Repubblica, e Luigi Cataldi Madonna, Vice Presidente Vicario dell’Istituto.
Atmosfera rilassata e costruttiva, sono strati molti i buoni propositi.
“Abbiamo voluto usare la nuova definizione di vino rosa – spiega il presidente dell’istituto del Vino Rosa Autoctono Italiano, Franco Cristoforetti – perché è quella che riassume le diverse identità dei territori del Chiaretto gardesano, del Cerasuolo abruzzese e del Rosato pugliese e calabrese, tutte fondate su vitigni autoctoni. Come esistono i vini rossi e i vini bianchi, ci teniamo a sottolineare che in Italia esistono i vini rosa, che tra l’altro nulla hanno da invidiare per tradizione e qualità ai rosé francesi, oggi dominanti sui mercati mondiali, dove si bevono 24 milioni di ettolitri di vino rosato, ma dove l’Italia deve e può raggiungere posizionamenti più importanti. Per competere a livello internazionale, tuttavia, abbiamo capito che non bastava essere portatori di una storia bimillenaria e aver raggiunto altissimi livelli qualitativi. C’è bisogno di una strategia comune, trasversale a tutto il Paese, e per questo abbiamo deciso di fondare un Istituto che rappresenta un traguardo storico, perché ha come fine prioritario quello di favorire una promozione unitaria e rafforzata, dentro e fuori dai confini nazionali, offrendo al comparto una spinta decisiva”.
Ci sono stati anche momenti di analisi oggettive, riconoscendo gli errori del passato; Luigi Cataldi Madonna ha evidenziato che “la necessità di consorziarsi è dovuto alla difficoltà di venderli, perché NON li sappiamo fare” e “dobbiamo crederci di più su questo prodotto e dedicargli più attenzioni”. Naturalmente questi giudizi erano riferiti al prodotto medio, non di certo alle eccellenze: “Dobbiamo aumentare la gioielleria in casa”.
Raffaele Librandi ha rilanciato dicendo che “… bisogna rafforzare l’identità di ognuno dei nostri vini rosa per dare un forte impulso alla personalità del vino rosa italiano”.
A supportare questa unione d’intenti saranno diverse azioni mirate, che spaziano dalle iniziative di comunicazione alle campagne di informazione, dalle collaborazioni con testate e guide di settore alla partecipazione a fiere e manifestazioni.
3 Commenti
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Ben venga una “vie en rose”italiana .Da sempre ritenuto figlio di un Dio minore una specie di meticcio è invece vino in purezza che arriva direttamente dal cuore dell’acino.Versatile a tavola e piacevole nella beva andrebbe tenuto in maggiore considerazione dal consumatore ma anche attentamente studiato nella sua realizzazione sopratutto durante la vinificazione perché troppa concentrazione fa perdere eleganza e wuindi soddisfazione al momento della degustazione.FM
Benedetti campani, raccontate ad un maledetto toscano il nome della rosa che preferite… vi ricordo che garofano e tulipano non valgono, a scanso d’equivoci
Visto che i “fiori”sono fuori concorso passo agli uccelli ma rimango in zona con un ottimo Merula rosa di Carvinea.L’è cuntent ! Passo parola e chiudo ma intanto mi scuso per la mia opinabile parlata milanese.FM.