Dubl 2004, Falanghina Spumante
FEUDI DI SAN GREGORIO
Uva: falanghina
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: metodo classico
Ravioli alla colatura di alici e crudo di seppia, carpaccio e toast di gamberi, calamari farciti alla scamorza con insalata di porcini, zuppa di zucca, arancia e caviale, scampi al curry e panna acida, tortino di alici con salsa di acciuga: ecco una bella rassegna di stimoli e tendenze dell’alta cucina, tanti simpatici appetizer serviti sulla terrazza del San Pietro di Positano che fanno da soli una cena, preparati da Alois Vanlangenaeker, lo chef dell’Hotel della famiglia Cinque, Moreno Cedroni, Massimiliano Alajmo, Michel Troisgros, Massimo Bottura e Rocco Iannone. Ha debuttato così la Falanghina Spumante dei Feudi di San Gregorio, un progetto portato avanti dal 2004 in collaborazione con Anselme Selosse, presente anche lui alla serata di beneficenza: un incrocio con i virtuosismi e la ricerca sui sapori, una piccola antologia dei prodotti e delle combinazioni a cui oggi guarda chi ha l’ambizione di essere al top nella ristorazione italiana e internazionale. Non che questo ci entusiasmi sempre, lo confessiamo apertamente, perché ci diverte lasciandoci poi il vuoto del quotidiano che non ci pare proprio possa essere rappresentato da queste creazioni, ma così vanno le cose da qualche anno e a noi tocca in fondo solo registrare. La Falanghina è anzitutto ancora molto giovane, sicuramente è destinata ad una lunghissima evoluzione grazie alla caratteristica fondamentale di ogni spumante che bussa alla porta della storia vitivinicola: una pronunciata componente acida ben valorizzata dalla tecnica di spumantizzazione. La strada scelta da Anselme, ci spiegava a tavola, non è quella di fare qualcosa che somigli allo Champagne, ma di utilizzare la tecnica per poter esprimere al meglio il territorio prima ancora dell’uva, cercare cioé di fare qualcosa di inconfondibile, riconoscibile. Sul piano tecnico c’è davvero poco da dire, il perlage è fine e persistente, il colore brillante, l’agrumato intenso e persistente, assolutamente inesistente quel marcato tono di crosta di pane che mi tiene lontano dalla maggior parte degli spumanti italiani, il sapore è asciutto, non c’è ricerca di complessità quanto di personalità. Cioé si tratta di un bicchiere molto deciso, davvero adatto ad occasioni come questa in cui ha fatto il suo ingresso in società, per poi lasciare il posto a qualcos’altro durante il pasto. La difficoltà è un’altra, quella di affermare un prodotto che al Sud non si ritiene possa avere dignità, proprio come succedeva con i bianchi e i rossi quindici anni fa: in questo dovrebbe dire la sua il marchio Feudi e la firma di Anselme a cui si aggiunge l’appeal di un vitigno autoctono. Staremo a vedere se questa scommessa sarà centrata, noi lo auspichiamo davvero perché in questi anni altre zone sono riuscite a costruire il loro successo valorizzando la tradizione e l’immagine. Naturalmente è necessario che altri comincino a lavorare ed è qui che si vedrà la differenza: in fondo per fare un buon bianco bastano i fermentini d’acciaio e serio lavoro in vigna ed è alla portata di tutti gli uomini di buona volontà. Per fare spumante servono spalle larghe e tanta tecnica acquisita dall’esperienza, la voglia di investire e la capacità di tenere fermo per anni il capitale: presupposti poco comuni nel Mezzogiorno.
Sede a Sorbo Serpico. Località Cerza Grossa. Tel .0825.986266. www.feudi.it Enologo: Riccardo Cotarella. Ettari: 250 di proprietà. Bottiglie prodotte: 3.000.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, merlot, fiano di Avellino, greco di Tufo, falanghin, coda di volpe.