Domani i ristoratori italiani scioperano con le società di delivery
“Siamo molto preoccupati e amareggiati per tutta questa incertezza nella quale ci costringono a vivere. Si naviga a vista. Il decreto legge è arrivato come al solito nottetempo, con ‘il favore delle tenebre’, anche se Conte dice il contrario, ed è valido solo fino al 15 gennaio (forse)”, accusa Pasquale Naccari, portavoce di Tutela nazionale imprese – Horeca e Ristoratori Toscana.
“Anche in altri Stati, vedi Germania o Gran Bretagna, vengono imposte misure restrittive, ma non si cambiano colori e regole ogni 5 minuti – prosegue Naccari -. In Italia, ormai è acclarato, non c’è la capacità di programmare e dare stabilità a cittadini e imprese. I ristoranti non si aprono e chiudono in un giorno. Lavoriamo con materia prima deteriorabile e in queste condizioni non è possibile organizzarsi.
Senza contare che è assurdo chiudere i ristoranti, che possono aprire solo a pranzo, nel fine settimana. Dal lunedì al venerdì la gente in giro è pochissima, non ci sono turisti e quasi tutti lavorano in smart working. Solo sabato e domenica i ristoranti potrebbero lavorare con le famiglie che decidono di andare a pranzo fuori. Ma anche questa possibilità ci è negata.
Intanto, è confermato per domani lo sciopero contro le piattaforme del food delivery, che “non dovendo rispettare le regole di tutti noi commercianti, giocano su un vero e proprio binario parallelo, esercitando una concorrenza sleale”. “Chiediamo a tutte le persone che hanno a cuore le attività di vicinato di aiutarci a tenere in vita i nostri locali. Dal 6 gennaio, chiediamo agli italiani di sostenerci nella nostra battaglia. Come? Facendo i propri ordini telefonicamente direttamente presso i nostri punti vendita o servendosi dell’asporto e non tramite le piattaforme delle multinazionali che hanno sede all’estero e non pagano nemmeno le tasse in Italia. Non si tratta di una battaglia contro i fattorini questa, sia chiaro. Anzi questa è una lotta che porteremo avanti anche per loro e per far valere i loro diritti visto che in molti casi lavorano in condizioni di sfruttamento.
Quando le nostre attività ricominceranno a funzionare saremo in grado di assumere queste persone” spiega Naccari.