Disciplinare pizza napoletana. Antonio Pace boccia la biga: roba da panettieri, noi siamo pizzaioli
di Emanuele Sorrentino
«La pizza non ha segreti come invece negli ultimi tempi sembrano avere troppi pizzaioli: bisogna saper impastare, allargare e cuocere. Ripeto, i segreti non servono». Parola di Antonio Pace, presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, in occasione delle «Olimpiadi Vera Pizza Napoletana 2019»i.
Presidente, ma cosa vuol dire oggi fare pizza napoletana? Gli stili si sono moltiplicati e anche nella nostra città ci sono nuove mode, penso ai cosiddetti canotti.
«Senza dubbio è un’idea. La pizza secondo tradizione corrisponde a caratteristiche precise. Deve essere soffice al centro, capace di piegarsi, con il cornicione alto non più di 2 centimetri, cotta in forno a legna, senza troppe bruciature e deve presentare un colore dorato e un profumo simile a quello di pane fresco cotto. La pizza è un prodotto artigianale come è scritto nella prima regola del nostro decalogo, potrebbe presentare delle piccole differenze da pizzeria a pizzeria ma la sostanza è la stessa».
E il condimento?
«Certo è importante, però la pizza napoletana è il disco di pasta. Ultimamente mi sembra che i condimenti siano “la pizza”: molti pizzaioli provano accostamenti nuovi e a volte anche un po’ troppo particolari. Il disco di pasta, invece, capita sia considerato una sorta di piatto di portata. Non è così».
Qualche altra regola del decalogo?
«Sono sul nostro sito, così come il disciplinare. L’impasto della pizza è realizzato solo con acqua, sale, lievito, e farina ed è fatto lievitare per un minimo di 8 ore, i prodotti utilizzati devono essere preferibilmente di origine campana, il disco di pasta viene steso esclusivamente con le mani. E poi tante altre regole».
Il disciplinare internazionale del 1984. Forse per la storia secolare della pizza non sono tanti, ma in relazione a quello che è successo negli ultimi anni il tempo si sente. Secondo lei è ancora valido, subirà dei cambiamenti?
«Io direi più che si tratta di aggiornamenti, ne parleremo domani in occasione delle nostre Olimpiadi. Quando lo abbiamo istituito eravamo consapevoli che ci sarebbero state innovazioni ad esempio nelle tecniche e quindi ci sarebbe stata la necessità di apportare delle nuove introduzioni, ma il tutto è volto sempre a migliorare, non a stravolgere il prodotto».
Possiamo anticipare qualcosa? Su cosa vi orientate nella modifica del disciplinare? Quali i punti chiave su cui intervenire?
«Ad esempio l’uso della farina 0 o i forni a gas da noi verificati purchè abbiano almeno per l’80% lo stesso comportamento di un forno a legna. Per quelli elettrici stiamo ancora verificando ma non escludiamo nulla in linea di principio perché siamo consci che spesso non c’è altro modo per aprire una pizzeria nelle grandi città».
E la biga di cui molti, sopratutto giovani e fuori città fanno uso nella preparazione dell’impasto?
«Non è necessaria, è usata in panetteria e pasticceria. Il prodotto pizza è già perfetto con il lievito. La biga dà un’altra lievitazione. Cosa è per me la biga? Senza dubbio quella del colossal Ben Hur, niente a che fare quindi con la pizza».
Come è cambiato il mercato della pizza negli ultimi trent’anni?
«Dai vicoli è passato ad essere un prodotto di livello. La vecchia figura del pizzaiolo, ultima nella catena del food ora è invece al vertice. I giovani stanno comprendendo l’importanza dello studio. Fanno determinate cose non perché copiano i nonni, ma perché si formano adeguatamente. Il prodotto pizza rispetto al passato è ora più curato».
2 Commenti
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Ho guardato su google e tripadvisor molte foto delle sue pizze da “Ciro a santa Brigida”, nulla di ignobile sia chiaro, e saranno anche buone, ma decisamente lontane dai top (da quel che si vede, ovviamente), e pure le recensioni non sono delle migliori. Ecco, farei meno chiacchiere e regole assurde, e baderei più alla sostanza.
Oetzi:
“Ecco, farei meno chiacchiere e regole assurde, e baderei più alla sostanza”.
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Premetto che la riforma del disciplinare dell’associazione AVPN con Pace presidente, contiene punti che non mi hanno convinto.
(ma non li analizzerò ora)
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Lei, qui, ha tentato di criticare il discorso di Pace cercando di screditarlo sul piano professionale.
Pace parla anche in qualità di presidente di un’associazione, la AVPN. Poi, può fare una pizza che può piacere o non piacere : ma questo vale per tutti.
Pace, in questa intervista , esprime dei concetti, dei pensieri, delle opinioni e quelle vanno analizzate e criticate.
Non le sue pizze.
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Qualcosa di simile ha fatto Luc Chevalier, nell’articolo sulla Calabria, quando ha tentato inutilmente di dare lezioni sull’uso del congiuntivo.
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Insomma come dice lei:
“farei meno chiacchiere e regole assurde, e baderei più alla SOSTANZA”.(Otzei)
Allora concentriamoci sulla SOSTANZA del
1 Discorso sulla Calabria e… non sul congiuntivo.
2 Discorso di Pace e… non sulle sue pizze.
Per esempio: l’importanza che Pace attribuisce all’impasto, al disco di pasta è una sciocchezza?
Io la penso esattamente come Pace… da anni.
L’ho anche detto qui in alcuni dibattiti.
Questo riflette una concezione della pizza diversa da quella che, invece, privilegia il condimento.
Secondo me, nella fase attuale, prevale l’enfasi retorica del condimento: basta leggere le recensioni dei food blog italiani
E anche tra i consumatori-clienti prevale il condimento.
Questo non significa che Pace abbia torto poiché la maggioranza dà più importanza al condimento che al disco di pasta.
Se ogni volta dovessimo valutare il valore di una tesi dal consenso che ha(o abbia? Fate voi) in un dato momento storico dovremmo continuamente riscrivere la storia e cambiare in continuazione le nostre personali opinioni.