Diario di Capri. Come la Falanghina dei Campi Flegrei ti conquista l’Isola azzurra
E’ sorprendente come un vitigno, un vino come la falanghina sappia affascinare e conquistare i palati più diversi sparsi qua e là in giro per il mondo; e mai, come proprio in questi mesi estivi sto avendo l’opportunità di riscontrare, da ricercare e ricercata sopra tutto. Tra l’altro, tra le varianti offerte in regione, sembra proprio nei Campi Flegrei esprimere quella versatilità unica ed irripetibile altrove, della quale, in un gioco non gioco, cerco di darvi un breve riscontro di cosa non perdervi assolutamente di assaggiare. Ho imparato, e continuo a farlo ogni giorno nel mio lavoro, a non dare mai nulla per scontato in quanto a gusti e pregiudizi; forse per questo, un si o un no dinanzi ad una proposta del genere, li vivo sempre come una precisa scelta di gusto, piacere, opportunità del momento piuttosto che come una superficiale presa di posizione nei confronti di tal vino, etichetta o territorio. Questa estate cercate la leggerezza della Falanghina, perché no dei Campi Flegrei, il tempo per il greco di Tufo ed il fiano di Avellino lo troveremo più in là.
La falanghina di Raffaele Moccia, quella base di questo 2010, pare ancora soffrire di un po’ di disordine olfattivo, non di certo però sul piano della schiettezza e della sincerità strettamente gustativa. E’ la falanghina da tenere in mente se ci si vuole avvicinare a quel modello rustico e sbarazzino che tanto piace a certi palati che si dicono stanchi di sentori profumati dolci ed esotici e sapori asciutti e troppo, per qualcuno tristi, lineari. Inconfondibile dal primo all’ultimo sorso.
Per contro, forse (ma anche senza forse) la più fine ed elegante falanghina mai prodotta prima nei Campi Flegrei, il Coste di Cuma 2009 di Grotta del Sole. Il millesimo precedente aveva già fatto segnare un piccolo salto di qualità a quello che è, ad oggi, il primo cru dell’areale, seppur il vino rimanesse, soprattutto al naso, meno impresso di quanto si immaginasse alle prime battute al suo esordio; qui invece pare sfiorarsi il capolavoro, senza se e senza ma, provare per credere. Il vino che mette tutti (o quasi) d’accordo! (nella foto con il Piedirosso Riserva Montegauro, altro capolavoro enologico flegreo).
La scorsa settimana ho dibattuto a lungo con alcuni clienti (tra i quali due napoletani doc di estrema competenza in materia) se dichiararlo o no il vino più espressivo dei Campi Flegrei, sintesi assoluta di quell’armonico passaggio terra-vigna-uomo-vino così facile ed essenziale da cogliere in questo vino più che in pochissimi altri. Ebbene, non è ancora, probabilmente, quella quadratura del cerchio che ogni vignaiolo si auspica di raggiungere, e che forse Luigi nemmeno tiene a conquistare di già, ma come si fa a non sentirne, assaporarne già il profumo ed il gusto della vicinanza dinanzi ad un vino del genere? Vivace, fine, ampio e generoso, integro, fresco e sapido, in perfetta, come detto, armonia. Cruna DeLago 2009, come la terra comanda!
Dell’azienda, del vino, del genio che l’ha immaginato trovate su queste pagine ampie e particolareggiate cronache. Quando, lo scorso febbraio, ebbi ad assaggiarne, in anteprima, questa stessa 2008, ne rimasi subito entusiasta e certamente convinto che fosse, tra le vendemmie mai prodotte su quello splendido lembo di terra che è il parco monumentale degli Astroni, la migliore interpretazione. C’è chi disse di no, ecco quindi che mi sento in dovere di rilanciare un invito: riprovatelo oggi questo Strione 2008, con qualche mese di bottiglia in più alle spalle; lo troverete in splendida e sorprendente forma. Colore fitto dai riflessi appena dorati, naso in souplesse con un divenire intrigante e senza oltretutto trame prescrivibili, in continuo divenire. La sorpresa, più sorprendente, che cercavate!
Il Joaquin dell’Isola 2010 non c’entra niente con i Campi Flegrei, e non ne voglio nemmeno raccontare. Per il momento. Però si sappia che c’è, tra gli immancabili lustri e i lustrini e lo struscio distratto della sempre splendida Capri qualcuno che ha deciso di sporcarsi le mani e qui, proprio qui, mettere un secondo mattone a favore della rinascita della viticultura di qualità isolana. Una impresa impossibile? Forse, ma che gusto c’è a darsi per vinti senza provarci. Bravo Raffaele, questa riflessione di fine serata, potremmo definirla senza “giacca e cravatta”, è dedicata a te… J
7 Commenti
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Ti volevo pubblicamente ringraziare per quello che fai e per la passione che metti nel Tuo lavoro. Davvero grazie.
Angelo, provo molto piacere nel vedere un professionista come te dare spazio, anche in un ristorante così prestigioso come L’Olivo, a cantine così poco conosciute. Lello Moccia, con i suoi piedirosso e falanghina, è un piccolissimo produttore che meriterebbe maggior fortuna, così come La Sibilla con il suo ottimo Cruna del Lago (anche il Marsiliano credo sia un ottimo prodotto). Metti in freddo, ci si vede a Capri quest’estate!
Devo dire che nell’ampio giro fatto in Penisola (lato Sorrento e lato Amalffi) ovunque la Campania è ormai ben presente, spesso con curiosità e begli approfondimenti. Questa cosa, impensabile sino a dieci anni fa, mi riempe di soddisfazione perché vuol dire che il ciclo della filiera si è chiuso.
Una nota: quanto maggiore è il livello di professionalità, tanto più i vini di territorio sono in prima linea.
Ormai l’arretratezza di un territorio si misur anche dal tipo di vini che esibiscono i suoi ristoranti:-(
Cmq bravo Angelo, una grande professionalità campana: umiltà, curiosità e tanta voglia di crescere. Con questi giovani noi vecchietti stiamo tranquilli:-)
Anzitutto grazie Luciano! Ci tengo a precisare che per una svista – le ore di lavoro accumulate iniziano a diventare tante – ho mancato di girare la foto con lo Strione; non sono certo Claudia Deb, ma ci tengo a che ci sia anche quella :-), quindi appeno rientro in postazione provvederò a rimediare.
@Maurizio: grazie. T’aspetto!
QUESTI SONO I CAMPI FLEGREI D’AMARE !!!
GRANDE ANGELO!!!!
Sono convinto che da quando i produttori dei Campi Flegrei hanno abbandonato la via delle imitazioni e ricerca ossessiva delle concentrazioni, stanno esprimendo vini di grande personalità….che non necessariamente devono confrontarsi con i più blasonati cugini campani, ma che hanno in se stessi una identità di armonia e espressività territoriale che li rende unici e piacevolissimi alla beva. Io lo sostengo da anni, e vedere oggi i risultati di quello che molti mi attribuivano come “!FOLLIA” è una grande gioia…..se poi i “PAZZI” come Raffaele Pagano continuano……allora ne vedremo delle belle.
Angelo è un grandissimo professionista, chi ha lavorato con lui sa che è molto preparato ed ha una cura maniacale per i particolari e per le novità… e soprattutto è aperto, guarda avanti, e non mi sorprende che dia volentieri spazio alle piccole aziende; credo che sia con pochissimi altri in Campania un portabandiera della sommellerie…