Di Meo, trenta fotografi finiscono nel bicchiere
5 ottobre 2002
Per cominciare parliamo del Fiano di Avellino. Erminia, Generoso e Roberto Di Meo furono tra i primi, sembra passato remoto, ad etichettare il loro vino valorizzando così la placida azienda di Salza Irpina avviata dai loro genitori Vittorio e Alessandrina (Contrada Coccovoni, telefono 0825 981419. Sito www.dimeo.it). Un bianco elegante che ama il passare degli anni come provato sotto la neve di qualche inverno fa improvvisando la verticale mattutina tra una fetta di salame e una di caciocavallo di Montella. Oggi la vaniglia delle barriques arrotonda il tipico sentore di nocciola di questo austero vitigno irpino nella versione Colle dei Cerri. Erminia e Roberto amano la riservatezza, così ci ha pensato l’estroverso Generoso ad organizzare un evento primo grazie al quale gli appassionati napoletani hanno violato il casale settecentesco sorto su un casino di caccia dei Caracciolo pensato nella pregiata corona di colline vitate che circonda Avellino. Un calendario, presto in vendita nel circuito Feltrinelli, dove trenta fotografi di grido firmano il Fiano, ma anche i bianchi Greco di Tufo, Falanghina, Coda di Volpe Vigna Olmo e i rossi Taurasi, Aglianico Vigna Olmo e Don Generoso. Ecco una idea da bere fino in fondo, le bottiglie in posa chiudono finalmente l’era dei calendari per camionisti zeppi di stelline protagoniste delle tv oppio degli italiani o di film dimenticati nell’arco di una stagione. I vini presentati nella cucina povera del sorprendente catering dell’Antica Trattoria Martella erano tutti in gran spolvero, campioni del mezzo milione di bottiglie prodotte da Di Meo e promessa di grandi novità dai nuovi vigneti. Spiccava certamente il Taurasi, a cui Roberto, l’enologo di famiglia, si è dedicato con passione vendemmia dopo vendemmia, in attesa adesso solo il verdetto definitivo del tempo, la macchina della verità dei vini di successo pensati a volte soprattutto per il palato degli assaggiatori delle guide. L’eleganza del Fiano, del Taurasi, quella che ha imposto finalmente un evento giusto, di tono. Così lontana dal chiassoso show di autunno a cui tutti i produttori devono sottoporsi da qualche anno a questa parte, come pure dal finto folk del legno e dei mattoncini. Indicazione certa della strada da percorrere nel Mezzogiorno.