Denuncia Assoenologi: dalla cantina al ristorante il vino costa cinque volte in più. E il consumo continua a calare


“Un bicchiere di vino può arrivare a costare, al ristorante, anche cinque volte in più di quello che viene pagato in cantina e nel periodo estivo, ricco di manifestazioni enogastronomiche in tutto il Paese, è necessario prestare attenzione alle “bufale”, che possono far arrivare a pagare un calice di vino come un’intera bottiglia”.

È la denuncia lanciata dal direttore generale di Assoenologi, l’organizzazione nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli, Giuseppe Martelli, che sottolinea come “il vino all’ingrosso, nella scorsa campagna, ha spuntato prezzi da acqua minerale”.

Secondo Assoenologi si tratta di “un paradosso che non trova giustificazione nell’andamento delle contrattazioni che hanno caratterizzato le ultime campagne in cui, a fronte di una quantità non certo abbondante e di una qualità assai interessante, si è dovuto fare i conti con un mercato afflosciato”.

Una situazione da cui pochissimi si salvano. Basti pensare che nel 2009 l’abbattimento dei prezzi delle uve all’ingrosso è stato compreso tra il 20 e il 40% rispetto al 2008 e la stessa musica è valsa anche per le contrattazioni dei vini, quando ci sono state.

Giuseppe Martelli direttore Assoenologi

A fronte di questo andamento che da tempo minaccia la sopravvivenza di molte aziende vinicole italiane e in un periodo di generalizzata crisi in cui a calare in Italia, secondo le rilevazioni Istat, sono soprattutto i consumi alimentari delle famiglie italiane, (il 35,6% ha dichiarato di aver ridotto nel 2009 la quantità e/o la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto al 2008, tra cui ovviamente il vino), “È assurdo – ha affermato Martelli – che in alcune realtà, un bicchiere di vino venga venduto a 6-8 euro al calice”.

Il calcolo è presto fatto e non lascia spazio a fraintendimenti: una bottiglia (0,75 l.) di ottimo vino a Denominazione di origine controllata viene venduta in cantina all’ingrosso mediamente intorno ai 6 euro. Da una bottiglia si ricavano mediamente almeno quattro calici, che venduti a 6-8 euro portano un ricavo di 24 -32 euro, pari a circa il 400% in più.

Le cose vanno ancora peggio se si considera una bottiglia di ottimo vino a Indicazione geografica tipica che viene commercializzata in cantina all’ingrosso, mediamente tra i 3 ed i 4 euro. Considerando il prezzo del bicchiere (6-8 euro) si può finire a pagare un bicchiere quasi come due intere bottiglie di vino.

Se, generalmente, alle manifestazioni enogastronomiche tipiche del periodo estivo vengono associati spettacoli o degustazioni di cibi, che in qualche misura potrebbero compensare il prezzo del vino, lo stesso non si può dire per i ristoranti, dove il vino subisce aumenti stellari, tanto che Assoenologi, in occasione del congresso nazionale 2010, ha affermato che “in certi esercizi la cantina rende più della cucina”.

 

Consumi di vino in costante calo

Secondo Asoenologi, che rappresenta il 90% dei tecnici vitivinicoli italiani attivamente impegnati nel settore, nel nostro Paese, i consumi interni di vino nel 2009 si sono attestati sui 43 litri pro-capite, contro i 45 del 2007. La tendenza è quella di un ulteriore decremento, tanto che nel 2015 Assoenologi stima che il livello di consumo interno scenderà sotto la soglia dei 40 litri pro-capite, con un calo del 67% rispetto agli anni Settanta, quando si consumavano in Italia circa120 litri pro-capite.

8 Commenti

  1. In piu’ c’e’ il problema, drammatico per noi, dei pagamenti in ritardo di mesi e mesi, senza contare le insolvenze. E’ forse un problema maggiore del calo dei consumi, perche’ anche quel poco vino venduto viene pagato con tempi al di fuori di ogni logica.
    Se non interviene lo Stato, mettendo ordine al far west che esiste in Italia, a cominciare dai costi e tempi del recupero crediti, e a meccanismi piu’ severi per imporre il pagamento a date certe, pena il “protesto leggero”, come avviene ad es. in USA, molte cantine chiuderanno, nonostante sulla carta i conti siano in ordine.

  2. ma di cosa ci stupiamo? il prezzo di una bottiglia d’acqua subisce in proporzione gli stessi aumenti , solo che nessuno lo nota. Il problema secondo me è un altro,c’e chi pensa di poter svuotare le cantine con la guerra dei prezzi, tanto gli utili restano invariati perchè quando è il momento di vendemmiare il contadino deve cedere ad ogni sorta di compromesso, quattro centesimi un mano e speriamo che la prossima annata sia migliore. ah se l’uva fosse un prodotto serbevole ! Il fatto è chea questi prezz, in campagna il contadino cmincia a limare le spese, e secondo me andrà a scapito del prodotto.

  3. conosco tante, ma sono ancora poche ,mescite di vini al bicchiere con trenta quaranta possibilità di scelta e prezzi civilissimi : 2,5 / 3 euro max 4, e piccolo stuzzico. piene di giovani e bella gente. è una politica intelligente e l’uovo di colombo. ma fa piu’ gola avere pochi clienti al doppio del prezzo. ma poi i pochi diventano nessuno e allora la furbizia non è piu’ tale. e poi se la prendono con la crisi .

    1. No, non è l’uovo di Colombo, ma è l’uovo di Maffi ! Da me la mescita a bicchiere si pratica da anni, soprattutto per dare la possibilità ai tavoli meno numerosi di abbinare i vini giusti ai diversi piatti senza dover scegliere tra l’acciuccarsi per finire la bottiglia già pagata o lasciarla sul tavolo a metà. Ma avrei qualcosa da ribattere alla denuncia dell’Asso Enologi : generalizzare è sempre sbagliato! Non mi risultano essere tantissimi i ristoranti che vendono i vini(già è sbagliato rapportare i prezzi alle igt ed alle doc,ma si dovrebbe fare rispetto ai costi di acquisto a prescindere dalla denominazione), sia a bicchiere che a bottiglia con ricarichi del 400%. E comunque, vorrei ricordare che i ristoratori offrono un servizio, non vendono un prodotto! Tale servizio comprende una miriade di costi accessori, a cominciare dal tenere alla temperatura giusta “quel vino”, fino al servizio, nei bicchieri giusti, svolto da personale altamente qualificato ecc. ecc. , che reimpinguano notevolmente il costo d’acquisto iniziale del vino fino a raggiungere livelli che giustificano ampiamente ricarichi, non del 400%, ma del 120/150%, che al netto di tutti i costi sopra menzionati, scendono di parecchio! Il mio appello, all’Asso-Enologi in particolare, ma a tutti gli addetti al settore, è : non pratichiamo la politica dello scarica barile, ma affrontiamo il problema insieme(una variabile dei costi del vino è rappresentata anche dalle consulenze stellari pagate ai grandi nomi dell’enologia italiana), laicamente e cerchiamo di venirne fuori senza penalizzare, come si dice, l’anello debole della catena, a mio avviso rappresentato in questo momento dai viticultori.

  4. Non dimentichiamo che siamo “il paese del vino che non conosce il vino”, a cominciare dagli stessi operatori che, incuranti di altri, importanti fattori, pensano solo, ed in una poco costruttiva ottica di breve, al proprio registratore di cassa. Dalle mie parti (Castelvetrano e Marinella di Selinunte), questa stupida logica da kamikaze, ha già danneggiato irrreversibilmente l’economia turistica un tempo fiorente (diciamo fino a 10 anni fa). Il turista italiano e straniero, “bastonato” fino all’inverosimile, non è più tornato, nonostante il nostro mare pulito e le nostre belle spiagge. Come diceva qualcuno: “la furbizia è intelligenza spicciola, il genio intelligenza potenziata”, beh, credo proprio che solo un colpo di genio potrà salvare l’economia di questo paese dalla spicciola italica furberia!

  5. La vendemmia 2010 sarà sana e abbondante, molti produttori, con i quali ho avuto di parlare chiaramente, già prevedono sfraceli sui prezzi delle uve in certe regioni italiane nonchè “il non raccolto” per evitare di ingolfare le già ingolfate cantine.

    E’ forse questo un allarme dettato in primis da questa di problematica?

    Bah, comunque, tutte le iniziative che interverrebbero per sanare la filiera che ben vengano, ma non vedo nei ricarichi al ristorante il solo male della viticultura italiana, il sistema è fallace su più fronti, se il vino non si vende più come una volta non è che per caso si è in tanti, tantissimi se non troppi su un mercato sempre più praticamente regionale, se non come alcuni casi, addirittura locale?

    Specializzatevi, l’allarme/invito è sollecitato da più fronti e già da tempo…

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