Dalla “Casa Vecchia” al Casavecchia di Pontelatone
di Antonella D'Avanzo
Questa volta voglio raccontarvi l'emozionante storia di un vino raggiungendo Pontelatone, una graziosa cittadina che si posiziona in un'area di grande interesse vitivinicolo, dove il paesaggio rurale è caratterizzato dalla presenza di bellissimi boschi di latifoglie intercalati a vallate di grande fascino.
Un territorio fertile e conteso, incrocio di transito di popoli e di civiltà della Campania Felix, di generazioni di uomini che hanno legato la loro vita alla terra e ai suoi frutti, tramandando tradizioni e conoscenze profonde e radicate che arrivano da molto lontano, esiste una storia che ci porta in un fascinoso e fantastico viaggio enologico, dove il protagonista è il “Casavecchia”, un vino che in quest'area trova il perfetto equilibrio tra uomo e natura per esprimere al meglio le sue eccezionali peculiarità.
Nella campagna, tra i filari delle vigne disegnati come onde parallele che regalano quiete all'animo, vengo accompagnata da Antonio Di Giovannantonio, un esperto agronomo, che ama la sua terra e che ha dedicato anni di ricerca a questo vino riuscendo a farlo diventare un “piccolo grande vino italiano”, per un incontro originale ed unico, con Guarino Scirocco, un uomo ottantenne, con le mani rovinate dalla terra e bruciate dal vento, mani che raccolgono preziosi grappoli d'uva e che portano la tradizione più antica, mani che racchiudono una storia carica di emotività: quella di Prisco Scirocco, suo padre, che nel 1900, all'interno del suo podere, proprio dove era presente un rudere con fondamenta di origini romane trovava una vite di circa 100 anni di età, da cui prelevò dei rami e ne fece delle talee; così ottenne il suo vigneto che avrebbe dato buon vino, questo vino. Successivamente i contadini si rivolsero a Prisco per avere altri rami dalla vecchia vite; si sparse la voce e in molti andarono a farsi dare i rami “e chella casa vecchia”.
Questa è una storia incerta e tramandata verbalmente, dove però la testimonianza di Guarino mette in discussione l'attendibilità del detto popolare. Non ci sono documenti storici e testimonianze in merito, anche se, di questa zona già ne parlava Plinio nel capitolo XV del suo Naturalis Historia, quando decantava l'alta qualità del vino “Trebolanum”. È probabile che la pianta si sia originata da seme, ottenuto nella zona di Treglia di Pontelatone, nei pressi dell'antico rudere del quale esistono ancora oggi i muri perimetrali e dal quale deriva il toponimo Casavecchia.
Il vitigno Casavecchia è diffuso oggi in un'area abbastanza limitata della provincia di Caserta, in particolare nel territorio dei comuni di Pontelatone, Castel di Sasso, Formicola, Liberi, Piana di Monte Verna e solo in parte Capua. Territori favorevoli alla migliore ambientazione di rigogliosi vitigni autoctoni.
I vitigni autoctoni di “Casavecchia”, a differenza di altri vitigni di più ampia diffusione, è definito “rigido”: solo nel suo areale di coltivazione riesce ad esprimere a pieno le sue potenzialità. Il vitigno presenta una bassa produttività, il germogliamento avviene, di norma, nella seconda decade di aprile; fiorisce tra la terza decade di maggio e la prima di giugno; l'invaiatura cade a fine luglio; la piena maturazione delle uve si prevede per la fine di settembre.
Il Casavecchia, vitigno di cui fino a pochi anni or sono non si era certi fosse autoctono, il cui vino già rientrava sotto l'indicazione geografica tipica IGT Terre del Volturno, ma dove le prove sostenute in cinque anni di intense ricerche hanno dimostrato che si tratta di un vitigno autoctono. Infatti con D.M. dell'8 novembre 2011 questo splendido vino ottiene il riconoscimento della DOC con il nome di Casavecchia di Pontelatone e viene approvato il relativo disciplinare.
Filetto con riduzione di vino Casavecchia e tartufo nero del Matese
Ingredienti.
Una fetta di filetto di vitello alta 2 cm., vino Casavecchia di Pontelatone 200 ml, uno scalogno, un
cucchiaio di miele, un trito di erbe aromatiche (timo, salvia, rosmarino), 2 foglie di alloro, pepe rosa in grani, tartufo nero del Matese, olio extra vergine di oliva, sale q.b.
Preparazione.
In un pentolino, mettere lo scalogno tagliato sottile, il vino, il cucchiaio di miele, le foglie di alloro, il pepe rosa in grani e far cuocere a fuoco lento fino a portare il vino in riduzione ristretta, ma non densa; filtrare e mettere la riduzione da parte, mantenendola calda.
A parte, porre il filetto in una padella calda con dell'olio, sigillare la carne formando una crosticina da entrambe le parti, deve risultare al sangue. A fine cottura, insaporire cospargendo col trito di erbe e salare.
Su di un piatto da portata versare la riduzione di vino e adagiare sopra il filetto, irrorandolo con un cucchiaio di riduzione. Guarnire con foglie di alloro e scaglie di tartufo nero del Matese.
Foto di Antonella D'Avanzo