Da Remo a Testaccio, dove la pizza romana è un cult
di Virginia Di Falco
La pizzeria Remo a Testaccio è una vera e propria istituzione. E se 40 anni (appena festeggiati nel 2016, con tanto di maglietta verde celebrativa) vi sembran pochi per parlare di istituzione in una città millenaria come Roma, fate un giro virtuale tra social e magazine on line e avrete presto di che ricredervi.
La pizza è quella romana, bassa e croccante, anzi: ‘scrocchiarella’, come si dice qui. Se fosse possibile immaginare un continuum della pizza, avrebbe quella romana di Remo ad un estremo e quella napoletana di Sorbillo all’opposto, ma potremmo tracciare comunque un filo rosso che li lega: la coda interminabile per entrare. In entrambe le pizzerie non è possibile prenotare e dunque il sabato conviene presentarsi non più tardi delle 19.30.
La sala è molto spartana; i tavoli per quattro, tanti e molto ravvicinati, riempiono tutti gli spazi possibili, uno si trova persino dietro l’angolo di apertura dell’ingresso, accanto alla cassa. Si apparecchia e sparecchia alla velocità della luce, anche perché per le ordinazioni non si aspetta il cameriere ma si scrivono sulla copia del menu distribuito insieme alla tovaglia di carta; e poi tovaglioli, bicchieri e posate vengono lasciati al centro del tavolo.
La squadra dei camerieri è all’apparenza quanto di più caotico e caciarone si possa immaginare. In realtà bastano pochi minuti per capire che sono efficientissimi e la divisione organizzativa del lavoro funziona perfettamente: c’è chi disciplina ingressi e attese, chi aiuta i pizzaioli, e chi ritira le comande e serve nelle diverse articolazioni della sala. Al forno sono in tre a stendere la pasta, farcirla e infornarla, in una catena di montaggio che è uno spettacolo nello spettacolo. E tutti trovano il tempo per fare battute con i clienti e abbracciare chi entra e chi esce (ci sono diverse tavolate di turisti, ma moltissimi sono habitué). Famiglie, gruppi di studenti, coppie, stranieri, allegre vecchiette in libera uscita: senza distinzione di età, estrazione sociale, nazionalità. E senza distinzione vengono qui perchè vogliono proprio la pizza di Remo: questa e solo questa.
Una pizza croccantissima e ben alveolata, gli ingredienti sono più che discreti. In carta trovate le classiche sia rosse che bianche: tra le prime, la margherita con fiordilatte o con bufala, la capricciosa, la diavola, la rossa con wurstel e il calzone, tra le bianche quella al gorgonzola, ai fiori di zucca (con o senza alici), al salmone, al prosciutto. I prezzi vanno dai 5,50 della marinara fino ad un massimo di 9 euro per la bianca con puntarelle. La margherita costa 6 euro.
Fritti francamente dimenticabili (con crocchette e olive ascolane surgelate).
In carta una piccola cucina, con un solo primo piatto (amatriciana), mozzarella di bufala servita con alla caprese o con prosciutto; qualche secondo di carne e qualche contorno.
In conclusione, uno spaccato interessante sulla pizza romana di un indirizzo storico che soddisfa una clientela dai numeri importanti, con un target sia di quartiere che turistico e vippaiolo.
Il conto non contempla servizio e coperto e si aggira su una media di 15 euro a persona.
Pizzeria Remo
Piazza Santa Maria Liberatrice, 44 (Testaccio)
Tel. 06 574 6270
Aperto: solo la sera.
Chiuso: domenica