Da Gianni Cioppa a Nanni Copé: è nata una star in Slide Show
Da degustatore al bacio, a vignaiolo appassionato
di Monica Piscitelli
C’è grande curiosità tra gli addetti al settore campani per la nuova avventura di Giovanni Ascione nel casertano. Un professionista e degustatore ammirato per la sua integrità e un talento naturale pari a pochi, dopo aver raccontato, per un decennio, i vini di Sicilia, Sardegna e Toscana per Bibenda, e aver girato mezzo mondo seguendo una passione nata in Francia da ventenne, decide di mettersi a far vino.
Una sola etichetta in circa 10000 esemplari: un Terre del Volturno Igt da Pallagrello Nero. “Non posso neanche lontanamente immaginare un’altra etichetta. E’ questa e basta” afferma perentorio Ascione.
Una vita tante vite
Ma come sta Giovanni Ascione a qualche settimana dal debutto della sua creatura? Per saperlo, infilate due dita in una presa di corrente, tenetevi ben saldi e sentite scorrere nel vostro corpo l’energia, mentre sul vostro viso esplode un gran sorriso.
“Una vita, tante vite” è il motto della azienda, riportato su etichette e confezioni che ricorda le tante evoluzioni subite dalla sua esistenza in questi 46 anni di vita. La frase accompagna il marchio, un altro tenero riferimento a un passato che gli è caro: il tempo in cui amava farsi chiamare con il cognome della mamma: Cioppa. Nannì Copè è proprio lui, il piccolo Giovanni Ascione – Cioppa, pronunciato come allora.
Come è arrivato a imboccare questo nuovo percorso? Ascione non lo sa dire esattamente. L’amore, non si riesce quasi mai a spiegarlo, cresce e basta. Prepotentemente, fino a che non trova uno sbocco.
E’ accaduto tre anni fa quando si è messo alla ricerca di una vigna. L’idea si è fatta – penso mentre osservo il luccichio che ha negli occhi – pensiero ricorrente, forse ossessione. Poi, incontenibile, il desiderio ha inondato la vigna dei suoi sogni ricercando la fine della sua sfrenata corsa in una bottiglia.
Si vola in vigna
La tramontana ha spazzato via le nuvole dei giorni scorsi. La giornata è perfetta per un giro in vigna. Un’occhiata alla carta geologica del Poligrafico dello Stato che mostra il corso del Vulturno, le colline della media valle del fiume e la zona dove si trova la vigna, e via. Ascione circoscrive con un dito una piccola area ai confini con il beneventano, una zona geologicamente demarcata dalle tipiche Arenarie Caiazzane del periodo messiniano-tortoniano che, disfacendosi, hanno creato le sabbie che per ben l’80%, costituiscono il suolo nel quale le sue piante ventennali affondano le loro radici.
La “Vigna di Sopra il Bosco”, a Castelcampagnano, in località Monticelli, l’ha voluta e fatta sua in tre settimane grazie all’aiuto degli amici Peppe e Manuela Piancastelli che sono suoi vicini. Si trova, infatti, tra il loro nuovo impianto di Pallagrello Bianco e quello che, a Terre del Principe, finisce nel Centomoggia.
Scendendo lungo i filari che a tratti assecondano pendenze intorno al 25%, si ammira alla propria destra, il Matese e la sagoma addentellata del Taburno spruzzata di neve.
Su questa collinetta perennemente sferzata dal vento, a poco più di 200 metri sul livello del mare, i 2,5 ettari di Giovanni Ascione allevati a semi-pergola (che lui ha passato dai 5 capi a frutto, iniziali, a 2) sono divisi in quattro settori agronomicamente omogenei, ognuno dei quali demarcato da segnali colorati.
La vendemmia, che dura circa 20 giorni a partire dalla fine di settembre, viene fatta filare per filare, senza distinzione di vitigno (convivendo Pallagrello e Aglianico), in tre volte, con solo riguardo alla maturazione. In tutta la vigna sono minimi i trattamenti, e pari a zero l’uso di insetticidi e diserbanti. La gestione attiva della competizione tra vite e altre piante è fatta un paio di volte l’anno, aiutata dalla fauna selvatica cinghiali golosi dei cipollotti che crescono nei pressi della pianta di vite.
La prima annata e il vino
“Ho avuto la fortuna di ‘imbroccare’ il vino che volevo, con questo 2008 – racconta Ascione. Se così non fosse stato – continua – non avrei avuto questo solido riferimento e ci avrei messo almeno cinque anni a trovare la strada”. Il pensiero corre all’annata 2007 che ha messo in crisi i vignaioli più scafati per via del caldo record e alla 2009 che ha presentato la difficoltà di alcune piogge moleste.
Ascione considera la sua prima annata, insomma, come una traccia importante nell’ambito di un percorso illuminato da alcune incrollabili obiettivi che snocciola con categorica sicurezza: “voglio l’abbinabilità, voglio l’acidità (quella di vigna, precisa), voglio la sapidità, voglio un vino che rappresenti me e questa terra, che parli di questa vigna”. Di qui la scelta di non scrivere in etichetta “Pallagrello Nero”, quanto piuttosto il nome della vigna da cui proviene.
Fatto un bel respiro profondo per lavare via il contagioso e travolgente entusiasmo di Ascione, orecchie tese, in auto, mi dispongo all’ascolto lungo il percorso tra Vitulazio, dove Ascione vive e dove sorgerà la sua piccola cantina, e Presenzano dove, nella cantina dei Viticoltori del Casavecchia, è temporaneamente ospitata la vinificazione del suo vino. Il 2008 è in bottiglia in affinamento e uscirà ad aprile, dopo otto mesi.
La vinificazione è senza stress perché punta alla massima eleganza possibile. Ciò si tramuta nel controllo rigoroso delle temperature, nel rifuggire surmaturazioni e concentrazioni eccessive, alla ricerca della pura espressione dei vitigni. Dopo la pigiatura soffice, il mosto fermenta e macera per due settimane, a seconda delle caratteristiche delle masse differenziate, subendo brevi rimontaggi manuali. La fermentazione malolattica è svolta in tonneau dove il vino matura per un anno. La gestione del legno è improntata alla filosofia “contributo utile minimo”. Per il 2009 Ascione sta lavorando su acciaio e, soprattutto, su 6 tonneau (metà nuovi e metà di secondo passaggio), di cui la gran parte di un’azienda francese che lavora allo Chateau Petrus.
“Sabbie di sopra il bosco”, il Pallagrello
Un’etichetta di gusto francese: grande, bianca e essenziale. Poi il marchio: un centauro munito di arco e frecce che anni fa Ascione ha tatuato sul corpo. Ancora: il nome dell’azienda, della vigna e l’annata. Voilà, il gioco e fatto. Un dettaglio raffinato, poi: la carta velina personalizzata che avvolgerà tutte le bottiglie. Un vestito impalpabile che strizza l’occhio a un seduttivo “vedo non vedo” e che, al tatto, si fa sottile fruscìo di velluto.
“Il Pallagrello e un vino rosso, a differenza del Casavecchia che è nero”. Il richiamo a l’uno e all’altro, alla acidità e ai profumi del primo e all’indomabile tannicità del secondo, è frequente nei discorsi di Ascione.
Il Casavecchia entra in piccolissima parte (5%) nel blend di “Sabbie di sopra il bosco”- insieme a circa un 20% di Aglianico – grazie al contributo di alcune piante ultracentenarie che si trovano nella “Vigna Sgarrupata” di Pontelatone. Tra di esse c’è Nonna Angelina, una tornita vite da cingere a due braccia con spirito filiale.
Il vino è cristallino. Rispecchia il progetto del suo creatore fin da subito, lasciandosi attraversare dalla luce e restituendo focosi lampi rubino impastati a violaceo, mentre gira piuttosto lentamente nel bicchiere. Al naso solletica immediatamente la fantasia con delle note dolci, di frutti neri e spezie che, a un secondo esame, si trovano sorprendentemente miscelate con molte altre che, per la loro gentilezza, vanno sondate una ad una. Il bicchiere è, nel complesso, articolato e stuzzicante. Un puzzle composto da tante piccole tesserine. Vengono fuori, via via che il liquido si scalda, note di piccoli frutti e fiori rossi composti in una sorta bouquet, per come si esprimono all’unisono. Si intrecciano con una nota dolce di cannella e una più “piccantina” di chiodi di garofano. In bocca, dopo un ingresso nel quale prevale una sensazione di morbidezza, il vino si espande mostrando un tannino molto gentile, come vuole il vitigno, e una sensazione di frutta polposa che scorre lanciata da una bella acidità, che fa pensare una lunga evoluzione, controbilanciata da una sapidità che scopro essere decisamente il tratto caratteristico di questo rosso che ha i tratti eleganti di un giovane di antica schiatta.
5 Commenti
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Grande Giovanni…
Il primo Aprile si avvicina: tutti a Roma!
E non è un pesce d’aprile!
Il progetto di una mente illuminata si è finalmente manifestato…sarà uno dei rossi di riferimento del vino campano, non ho nessun dubbio in merito. D’altronde non ci si poteva aspettare diversamente da un sagittario.
@ Monica: Complimenti per il pezzo hai colto tutte le sfaccettature di una singolare avventura come quella di Giovanni
Grazie molte. m.
iieri sera è stata una magia!!!!…nanni copè…ha lasciato una sensazione…fastastica!!! ad maiora! nanni!