Da Faccini | La lacrima, l’esperienza e la resistenza gastronomica di un servizio senza tempo
di Annamaria Punzo
In una strada di passaggio, dove ci si ferma per placare i sensi in quel raccordo che affonda tra le regioni in punta di forchetta, troviamo in provincia di Piacenza a Castell’Arquato – Sant’Antonio “Da Faccini”. Una locanda di quelle che qualcuno dal secolo scorso avrebbe definito senza troppi fronzoli avere “un’aria di benessere, di confidenza, di vita gentile ed antica” (M.Soldati – Da Leccarsi i Baffi). Alessandro e la sua famiglia sono accoglienti, consacrati al proprio mestiere come gastrointenditori da generazioni, lo vediamo nella premura del servizio e nella disposizione delle sale.
Appena entrati il colpo d’occhio cade sull’affettatrice rossa e sull’ampio banco frigo. Sappiamo di essere in una zona vocata ai salumi e agli insaccati. Nel locale vi è una stanza dove essiccano i loro prodotti, che oltre a fare la lacrima ne fanno scendere anche qualcuna. A tavola si sta comodi, quel tanto che basta per guardarsi e parlarsi nel sottofondo della sala piena. Un brusio che non dispiace e dà colore, come il fuoco sempre acceso e le diverse bottiglie di grappa sul caminetto, a spargere colpi di luce durante tutta la nostra permanenza a tavola. Ma da una stanza all’altra l’occhio cade ancora sulle cioccolate e sul bancone del bar. Qualcuno chiede il caffè, altri leggono il giornale nonostante sia ora di pranzo.
Ci accomodiamo e nell’attesa non perdiamo tempo. Il menu è semplice, ben strutturato tra piatti forti e proposte che sono semplicemente essenza di quella locanda. La carta vini vive la dicotomia della doppia guardia. Un salto generazionale che offre due carte diverse per bottiglie da produttori che hanno scelto di intraprendere strade naturali o più convenzionali, lasciando lo spazio della scelta alla sensibilità dei commensali.
Per iniziare preferiamo un tagliere di salumi della tradizione piacentina: salame, coppa, pancetta, prosciutto di Parma stagionato oltre 36 mesi. Il contorno è tutta una promessa agrodolce. La giardiniera di produzione propria si presenta affiancata dall’insalata russa della casa. L’incontro decisivo è con la burtleina o bortellina, una frittata di acqua e farina ideale per accompagnare proprio i salumi piacentini.
L’avvio dell’antipasto lascia che la tensione si plachi quel tanto da permettere che il palato inizi a pretendere attenzioni, premiando la sete. La scelta cade su di un Croci Campedello 2019, con un gradito passaggio sulla 2016, che gentilmente ci concede Alessandro. Un vino irriverente che sembra un po’ prenderci bonariamente in giro con i suoi sentori avvolgenti, proprio di compagnia e in grado di introdurci benissimo alla scelta del primo. Ravioli ripieni all’anatra nella sua riduzione di cottura e Tartufo Nero dell’Appenino Emiliano. Il tartufo non copre la consistenza dell’anatra, in una pasta ben cotta che lascia intendere la maestria della sua preparazione. La porzione è giusta, come la si dovrebbe intendere in locali come questi. La riduzione non si converte in un eccesso di salinità, il piatto è in equilibrio.
Il secondo prescelto è la Faraona Cotta nella Creta, una preparazione tradizionale del luogo e storica del locale. Troviamo intatti i suoi aromi nonostante sia attorniata da carote, cavolfiore e patate, un dolcissimo premio per una carne che ricorda quella del pollo, ma con un sapore delicato e meno invadente.
Lei si lascia andare, ma lo fa senza prevaricare ed è come se nella creta questo altruismo si esprimesse perfettamente. Tra la prima e la seconda portata approfittiamo della cantina per assaggiare un Navel di Vino del Poggio del 2009, prodotto da Andrea Cervini. Un rosso di sostanza che nella sua sincerità non ci ha negato la sorpresa della longevità, come se i suoi anni li sentisse in esperienza senza dimenticare una certa esuberanza. Prima di arrivare al dolce completiamo il nostro giro con un assaggio di formaggi. Degno di nota il Groppo, un erborinato della Val Trebbia dal sapore pungente, in bocca sorprendente per la sua persistenza piccante e per la docilità della pasta molle. Chiude il pranzo, ormai giunto al tramonto, il gelato di Gian Luca Cavi di Magritte Gelati al Cubo, al gusto zabaione, guarnito con un crumble di amaretti, affettuosamente commovente. Per niente scontato il caffè, a dare un peso al valore gastronomico di un’esperienza che non ti aspetti, ma che quando arriva difficilmente dimentichi.
Da Faccini è raggiungibile in auto e offre parcheggio all’esterno. Si trova sulla SP6, 10, 29014 Sant’Antonio PC, il numero di telefono è 0523 896340. Il menu è nella media e la possibilità di assaggiare salumi e formaggi accompagnati da vino buono, fanno di questo locale un buon punto di passaggio per spuntini e colazioni salate, ma anche per gustare un ottimo caffè al bar.
Un commento
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Ci
Sono stato da Faccini qualche anno fa. La recensione ha suscitato i miei ricordi, che sono dolcissimi