Cumalè 2018, il Fiano Bio di Casebianche, altri descrittivi
di Marco Galetti
Alla guida dell’Azienda Agricola e biologica Casebianche, con sede a Torchiara, salernitano, quindi Campania super felix, ci sono Elisabetta Iuorio e Pasquale Mitrano che, nel 2000, hanno avuto un’intuizione felice decidendo di appendere al chiodo due Lauree in Architettura per dedicarsi alla coltivazione delle vigne.
L’Azienda, situata nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, gode dell’influenza benefica del mare cilentano, di una difesa naturale data dal Monte Stella e anche della protezione di San Bernardino da Siena al quale è dedicata, proprio a Torchiara, una chiesetta che sembra contenga le reliquie del Santo.
Elisabetta&Pasquale, supportati dall’enologo Fortunato Sebastiano, producono diverse etichette interessanti, dopo aver provato il Fric e, naturalmente, il loro metodo ancestrale (che già di per sé è una bella parola) La Matta, ho avuto la fortuna di poter stappare questo Fiano in purezza dal colore paglierino con lievi screziature verde oro, diciamo una casacca stinta di Pelè.
Sorsi freschi, scorrevoli, sapidi, salini, quasi salmastri (sarò stato beneficamente influenzato anch’io dal respiro del mare cilentano…) per questo profumato Cumalè che, indubbiamente, invita a rinnovare il gesto del riempimento dei calici, in alto il Fiano di Casebianche che nasce nel Parco Nazionale del Cilento e quindi è un po’ anche lui patrimonio Unesco.
Cumalè controetichetta e relativo corsivo…
…Si, ma com’è?
Cumalè? L’è bon.
È buono, uso le parole di un amico cilentano che recentemente, in tempi non sospetti, a proposito di un altro vino mi disse :”Sono 25 anni che lo bevo e ancora devo venire a capo del perché, forse semplicemente perché è buono”.
Cumalè?
Sembra piovuta dal cielo la domanda, in milanese autentico, che mi ha consentito di parlare un po’ di quest’o vino così apprezzato da un amico di origine campana, radicato nel suo territorio quanto e più di un filare, tanto che oggi mi sembra quasi di poterlo virtualmente condividere con lui.
Dopo il Santo senese e l’involontaria domanda in milanese sull’etichetta, il cerchio si chiude, ancora una volta il Cilento mi regala emozioni, ricordi che non sapevo di avere e m’interrogo…
Cumalè? L’è bon l’è bon, mi ripeto, dicendo a me stesso che le coincidenze non esistono, poi mi squilla il telefono… è la Regione Campania.
L’autore, testimonial trasversale della Regione Campania per il territorio cilentano
4 Commenti
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Che matto.
Aspetto La Matta… grazie per il Cumalè e per il caciocavallo caro Enrico
Sarebbe interessante sapere se lei si è “impiccato”al caciocavallo o viceversa.Nel secondo caso tenga presente che per farlo colare come da tradizione popolare risalente ai tempi della transumanza il fuoco andrebbe acceso un po’ più giù della zona “tentacolare”e allora si che le tornerebbe utile un buon Fiano Cilentano per rinfrescarle la gola ed il palato dopo aver per troppo tempo cantato o forse semplicemente urlato.FM
@FM: In qualità di testimonial, la Regione Campania mi aveva dato due opzioni, indossare per un mese la maglia del Napoli o una collana col caciocavallo, ho puntato sul cavallo commestibile