Cronaca di un pranzo. Bianca Mucciolo, la cuoca janara di Aquara che merita il viaggio
Ristorante La Rosa Bianca, Aquara
Località Piano
Tel.366 3426062
di Francesca Pace
Sulle qualità indiscutibili di Bianca Mucciolo non mi soffermerò a lungo. Anche unpalato d’amianto si accorgerebbe delle sensibilità incredibili che ha questa donna. È una cuoca eccellente che fa un lavorone, prima per se stessa e poi per gli altri. La sua è una cucina atipica, che ahimè si sta perdendo, ma che con grandi sforzi e tanta fatica cerca di portare avanti nel suo ristorante di Aquara.
L’ho lasciata un mesetto fa in quel di Controne, al termine di una delle sagre più belle alle quali abbia mai partecipato ci fece, al volo, un crine di cavallo, fatto da lei of course, con i fagioli di Controne per l’appunto, il baccalà e il peperone crusco.
“Lo sai vero che stai mangiando un raggio di sole?” mi disse.
Visto che janara credo di esserlo un po’, vabbè tanto anche io, volli subito approfondire l’argomento.
“Vedi, il peperone crusco cresce esclusivamente con i raggi del sole, si fa forte e bello sotto quelli più caldi ed è proprio per questo che tu non devi limitarti a mangiarlo ma devi invece sentirne tutti i benefici che esso ti sta offrendo”.
Bianca è una che un giorno si sveglia e va a raccogliere più di 50 tipi diversi di erbe spontanee per fare una minestra. Esatto 50, non 5. Le conosce tutte. Se ne va in mezzo ai campi al mattino presto e le raccoglie a mano una alla volta eliminando le erbacce di troppo.
Poi si mette ai fornelli e cucina un concentrato di energia pura colorato di verde.
“Qui dentro, Fra, c’è tutta la potenza della terra, c’è la rugiada della mattina e c’è il tepore del tramonto della sera…senti?”
“Sì, sento cara Bianca”.
Io con una persona così potrei parlarci le ore intere, ma ovviamente resterei assolutamente in silenzio per ascoltare tutto quello che ha da dirmi.
Essere alla sua tavola, assieme ad amici e colleghi stimati, che fanno del cibo un mezzo sì di comunicazione ma anche e soprattutto un momento di convivialità pura e genuina, in quel di Aquara mi riempie sempre di gioia, perché so che ci sarà un nuovo detto, un nuovo motto o un nuovo aneddoto che vorrà raccontarmi.
E io sarò lì con le orecchie aperte e stomaco accogliente.
La sua è una cucina identitaria, ricca di fascino di cultura, che si aggancia in maniera indissolubile e quella che è stata la cucina “povera” cilentana.
Barba di finocchio, broccoli scuppetiati, cardo, sono spesso ahimè troppo sottovalutati o addirittura dimenticati. Tranne da lei e prima di lei dalla sua mamma e dalle sue nonne.
La pasta sempre fatta a mano ricorda le mani delle nonne appunto. Mi spiega che i cavati, si chiamano così perché erano scavati, “cavati” appunto infilando nei tozzetti di pasta fresca, due o tre dita addirittura. Si doveva far di necessità virtù all’epoca. Si doveva sfamare la gente che lavorava sui campi, e questi grossi gnocchi fatti con acqua e farina, erano il pasto perfetto perché tanto sostanziosi: bastava un po’ di sugo al pomodoro e il cacioricotta di capra, che in Cilento non manca mai, e si poteva ripartire.
Ancora oggi la pasta fresca è un suo must, fatta come un tempo, senza troppa fretta, ma senza sosta accoglie diversi tipi di sughi.
Senza fretta fa anche il formaggio live, che accompagna con le marmellate e i mieli di zona.
Se avrete la fortuna che ci sia poi la disponibilità di capretto, ecco, lì da lei, è il posto giusto dove poterlo gustare. Al forno, un grande classico che non passa mai di moda o in forma di parmigiana, un’invenzione straordinaria che unisce vari gusti e varie consistenze in modo eccellente.
C’è della poesia in quella cucina di Bianca arroccata sui Monti Alburni in Cilento. Un po’ di strada da fare c’è, lo ammetto, per chi viene da fuori, ma il viaggio vale assolutamente la pena.