Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 21 | Chiara Giorleo


Chiara Giorleo

Chiara Giorleo

Crescono il numero e la fama delle donne assaggiatrici di vino. Esiste per davvero un approccio “femminile” alla critica del vino o al suo racconto e, nel caso, come si distingue?
Chiara Giorleo per due anni ha intervistato le protagoniste della critica enologica. Chiudiamo in modo inedito ma giusto. Stavolta alle sue domenade risponde…lei!

 

Dopo la laurea in Economia Aziendale con specializzazione in Marketing Internazionale, Chiara si è occupata di PR, Marketing e Comunicazione per enti e aziende del settore enogastronomico in Italia, Canada e Gran Bretagna.

Oggi è una critica enogastronomica freelance con pubblicazioni in Italia, USA e Russia; titolare del blog www.chiaragiorleo.com e wine tour leader. Giudice per concorsi nazionali e internazionali come l’IWC (International Wine Challenge) e referente Italia per il concorso sull’enoturismo WBV (World’s Best Vineyards). Si occupa anche di formazione e traduzioni nel settore enoico, collabora con guide di settore.
Sommelier, Degustatore Ufficiale e Docente AIS; certificata WSET L3.

 

Quando e come nasce il tuo amore per il vino?

Una passione nata per gioco, un curriculum mandato per caso. Una volta laureata mi sono detta “perché non lavorare nel settore enoico che tanto mi intriga?”. Così, passo dopo passo, è partito il mio percorso lavorativo in Marketing e Comunicazione nell’ambito enogastronomico con esperienze in Italia (dove ho lavorato per una nota cantina campana) e all’estero (alla Camera di Commercio di Toronto e per i DWWA di Londra). Prima di una nuova avventura: mettermi in proprio come critica enogastronomica dopo un periodo di studio e ricerca in California. Ed eccomi qua.

A tuo avviso, come e quanto credi sia evoluta la critica del vino negli ultimi 20 anni?

Si è aperta: non è più monopolio di pochi. Credo ci sia stata una democratizzazione, non quella propagandata dai social ma quella dettata anche dalla diffusione di opportunità di formazione più mirate e di alto livello sia in Italia sia all’estero. A questa apertura dovrebbe seguire una fase di selezione quasi naturale dopo l’entusiasmo iniziale. Il vino è un mondo molto affascinante ma, se diventa una professione, si rende necessaria una forte specializzazione tecnica. Non sempre questo risulta chiaro dall’esterno.

Quali sono i tuoi riferimenti?

Al di là di facili cliché, direi Luciano De Crescenzo e Federico Buffa: se riuscissimo a parlare di vino come loro hanno fatto, rispettivamente, di filosofia e sport saremmo più lontani dal rischio di cadere nella palude di autoreferenzialità e tecnicismo.
Inoltre, riferimenti cruciali per me restano i produttori e la loro concreta lettura di fenomeni, uve e territori.

Credi che l’approccio alla degustazione cambi tra uomo e donna?

Secondo alcuni studi, noi donne avremmo maggiore sensibilità gusto-olfattiva, dote che giocherebbe a nostro favore. Ma, fermo restando il fatto che la tecnica di degustazione si possa acquisire e perfezionare con l’allenamento, ritengo che una degustazione professionale vada oltre l’elencazione fredda di una serie di aromi. Degustare professionalmente significa mettere in connessione quel prodotto con un territorio, un’annata, una carta d’identità (il vitigno), una mano (di chi lo ha lavorato), provare a immaginarne l’evoluzione, percepirne il valore in base al progetto che lo ha generato oppure alla collocazione su un mercato o rispetto a una tendenza enogastronomica di riferimento. Certo, lo si fa partendo dai tratti captati in degustazione ma poi serve andare oltre, con competenza rispetto a stili, tendenze, caratteristiche territoriali, sensibilità commerciale.
Premesso questo, c’è una cosa che ho imparato proprio conducendo questa serie di interviste alle colleghe: tendenzialmente le donne sono più attente, più umili e meno egocentriche. Ci pensano e ci ripensano prima di mettere nero su bianco e, quale che ne sia la causa, la critica del vino nel suo complesso e i suoi attori non possono che beneficiarne.

E come cambia l’approccio ai social e/o al modo in cui il vino si racconta nonché alla formazione di settore?

In questo trovo meno divario. L’uso dei social può essere più o meno oculato a prescindere dal genere o anche dall’età. Il problema non è il genere nemmeno per quanto riguarda la comunicazione o la formazione richiesta. Il problema in Italia è l’autoreferenzialità. Innanzitutto perché sappiamo poco, statisticamente, di quello che veramente accade delle produzioni al di fuori dei nostri confini: un approccio che limita grandemente lo sviluppo di una visione d’insieme necessaria per quella degustazione professionale di cui sopra. Non solo, mi riferisco anche all’autoreferenzialità di settore che ruota attorno al linguaggio: spesso tecnico e poco accattivante. Leggendo un articolo di Brera o Mura i parallelismi, gli esempi, le acrobazie terminologiche rendono quella lettura appassionante a prescindere che si tratti di calcio, cibo o attualità.
Eppure la specializzazione è sempre più necessaria per diventare realmente competenti nella propria materia. Quella stessa specializzazione che spinge facilmente alla chiusura tecnica e autoreferenziale. Un circolo vizioso insomma, io stessa mi ci arrovello spesso.

Chi vedi nel futuro della critica enologica?

Sarò retorica però credo molto in formazione e perseveranza. I falsi miti che hanno creato i nuovi media in generale si sgretolano nel lungo periodo. Auspico una “ristrutturazione” del sistema della critica a favore di un maggiore equilibrio tra profonda conoscenza e “popolarità”. Allo stesso tempo confido anche in un approccio più fresco in cui la professionalità sia premiata come combinazione equilibrista di competenza tecnica e capacità comunicativa.

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 1| Stefania Vinciguerra

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 2| Cristiana Lauro

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 3| Monica Coluccia

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 4| Elena Erlicher

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 5 | Chiara Giannotti

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 6 | Divina Vitale

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 7 | Adele Elisabetta Granieri

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 8 | Laura Di Cosimo

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 9 | Antonella Amodio

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 10 | Valentina Vercelli

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 11 | Giovanna Moldenhauer

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 12 | Barbara Brandoli

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 13 | Laura Franchini

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 14 | Adua Villa

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 15 | Alma Torretta

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 16 | Rosanna Ferraro

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 17 | Francesca Ciancio

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 18 | Liliana Savioli

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 19 | Barbara Amoroso

Critiche e degustatrici: il vino italiano al femminile 20 | Vania Valentini

Un commento

  1. Chiara rappresenta il prototipo delle donne che si interessano a 360 gradi del mondo del vino. A parte l’infinita competenza e preparazione è una donna semplice e umile. In lei non esiste assolutamente l’autoreferenzialita non ne ha bisogno perché la sua capacità di interagire è superiore a tutto questo. Ad averne persone cosi

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