Cosenza, Gran Caffè Renzelli 1803
Gran Caffè Storico: Corso Telesio – tel. 0984 26814
Caffè Nuovo: Corso Umberto – tel. 0984 27005
www.renzelli.com
Nel quartiere antico di Cosenza, che si estende tra la chiesa di San Francesco d’Assisi e corso Telesio, dopo una bella passeggiata per le viuzze pittoresche della parte più alta e arcaica si incontra sulla piazza Parrasio l’ingresso d’antan e austero del Gran Caffè Renzelli.
Laboratorio di autentiche delizie e centro culturale al pari del vicino teatro Rendano e della celebre Accademia Cosentina questo caffè storico è gestito ancora oggi dalla stessa famiglia da più di duecento anni (nasce nel 1803) e, così come l’architettura della città, i suoi prodotti mostrano una chiara influenza napoletana e catalana insieme. Fu proprio un partenopeo, Raffaele Ferrari, trisavolo dell’attuale proprietario, che agli inizi dell’Ottocento portò a Cosenza la tradizione dei pasticciotti di pasta frolla con la crema e l’amarena, i famosi “bucconotti”, ma anche del divino amore, dei susamielli e roccocò natalizi, trionfo di mandorle e aroma di arancio. E, proprio come a Napoli, la crema e l’amarena si trovano anche nei cornetti di pasta morbidissima e profumata, gialla di uova vere. Una colazione obbligata quando siete in città. Origini chiaramente spagnole, invece per il dolce più conosciuto del Renzelli: la varchiglia alla monacale (da varca, barca) pasta frolla dalla forma ovale di piccola imbarcazione, con un ripieno di pasta più morbida al cacao, albume d’uovo e frutta secca, ricoperta di cioccolato fondente, una ricetta del 1300 delle carmelitane scalze .
Caffè per il dopoteatro e salotto letterario allo stesso tempo, ma anche fabbrica di caramelle e torroni: l’abilità assoluta nella trasformazione dello zucchero. Nel banco a vetro tanti dolcetti di acqua e farina, dalle forme più strane, disegnate chiaramente da mani e non da macchine, prima fritti e poi ricoperti di miele. Nelle antiche vetrine la produzione sempre ricca di torroncini meringati e torrefatti, panettoni e colombe artigianali, tutti confezionati con un packaging studiato e per nulla usuale da queste parti. Atmosfera (e tempi) di una volta, specchi un po’ macchiati alle pareti, tante foto storiche dei diversi personaggi che qui trascorrevano le ore a leggere il giornale o fumare il sigaro in compagnia. Nelle due salette, la rossa e la verde, chiamate così per i colori dei divanetti, non si fa fatica a immaginare le chiacchiere della città dei signori che assorbiva la vivacità dei caffè letterari di Napoli.
Una bella esperienza e una bella storia di arte dolciaria, replicata con successo anche nel nuovo caffè aperto da qualche anno a Corso Umberto.
Virginia Di Falco