Consorzio Vini Irpini, Stefano di Marzo lascia con una lettera aperta in cui respinge le critiche e lancia accuse. “Ormai nel consorzio non c’è più agibilità democratica, farò un passo indietro”


Stefano di Marzo

Stefano di Marzo

Ancora strascichi dopo le elezioni del nuovo Cda del Consorzio Vini Irpini. Interviene Stefano Di Marzo con questa lettera in cui respinge le accuse di immobilismo e contrattacca e conferma una spaccatura irreversibile.

di Stefano Di Marzo*

Un mese fa abbiamo celebrato l’assemblea elettiva dei soci del Consorzio di Tutela dei Vini d’Irpina che ha visto il rinnovo degli organismi dirigenti societari.

Un appuntamento importante per la vita del Consorzio che i dati e i fatti ci hanno confermato essere in una buona condizione per poter continuare con fiducia la propria crescita organizzativa e rafforzare il proprio peso politico.

Tutto ciò è stato il frutto di una condivisione corale della base associativa e di un’azione di governo svolta da alcuni uomini e donne che hanno dedicato impegno e visione, in un contesto di amicizia e di lealtà, per il quale non posso che esprimere il più sincero ringraziamento.

Ecco perché mi accingo con animo sereno, in un momento di passaggio dei poteri e delle responsabilità sociali, a compiere il mio ultimo miglio di questo lungo ed esaltante percorso, per rappresentare un mio pensiero che mi auguro possa essere considerato come un contributo a una necessaria ricapitolazione e a prefigurare un’utile prospettiva al nostro soggetto collegiale.

Inizio innanzitutto con un doveroso apprezzamento verso chi mi ha preceduto nell’azione di governo del Consorzio di Tutela perché un percorso non si inizia mai da zero, per cui sarebbe intellettualmente non confacente proprio come principio e stile etico un disconoscimento in tal senso.

Questi ultimi sono stati, quindi, sei anni di lavoro, di impegno e di sviluppo che ha visto trasformare quello che allora era solo una associazione di produttori in un consistenze Consorzio di Tutela delle denominazioni ricadenti nel territorio irpino. Un fatto storico per la nostra provincia e per l’intero Mezzogiorno.

Basterebbe solo questo dato per smentire una “damnatio memoriae” che non aiuta di certo a favorire la costruzione di quel clima di agibilità che un’associazione così articolata e complessa come la nostra ha costantemente bisogno per esplicare un lavoro che, fino ad oggi, è stato coltivato cercando di tenere insieme il legittimo pluralismo interno e il necessario spirito di unità di intenti.

Quello che segue non è una mera elencazione di cose fatte ma la tessitura di un’azione che ha inteso offrire “una certa idea” del Consorzio, per dirla con le parole di Cesare Pavese, che amava tanto la sua terra ricca di vini pregiati.

Il punto di partenza è stato il perseguimento della crescita della base associativa per raggiungere il quorum ottimale alla fine del riconoscimento ministeriale. Un proselitismo che non è stato dettato da una mera esigenza tecnico-legale ma di coniugare il necessario risultato operativo con un radicamento del nostro progetto. Si, perché con tale atto noi abbiamo dotato il mondo vitivinicolo irpino di una sorta di costituzione materiale, fatta di regole e di diritti, dove oltre al ruolo di vigilanza abbiamo inteso tracciare dei principi fondamentali a cui attenersi perché le legittime singole aspirazioni trovassero una sana armonia con gli interessi generali e collettivi negli interessi superiori dell’intera filiera.

Il ruolo giuridico-istituzionale del Consorzio abbiamo inteso arricchirlo di una propria azione di promozione che abbiamo inteso caratterizzare attraverso importanti eventi di riferimento e una più continuativa azione di intervento.

Un elemento strategico in tal senso è stata quella di porre un’attenzione al nostro territorio, un termine questo forse anche abusato nella recente letteratura pubblicistica e politica, ma che per noi ha assunto il significato di una precisa scelta di campo rispetto a qualsiasi opzione di dannoso compromesso.

L’edizione di “Ciack Irpinia” non è stata una passerella o una vetrina espositiva ma un luogo e un importante momento di proiezione internazionale attraverso il coinvolgimento di una stampa estera qualificata e fortemente interessata alla scoperta dell’enologia irpina e del nostro paesaggio.

 

L’introduzione di attività di incomig turistico con la realizzazione de “Il treno delle 3 D.O.C.G”. Un’iniziativa, si di promozione, ma che ha anche inteso favorire una politica di sviluppo sostenibile attraverso la riscoperta e il rilancio della logistica ferroviaria, che, non a caso ha riscontrato una considerevole risposta di pubblico.

 

E conseguenti a questa impostazione che come Consorzio abbiamo inteso pubblicamente sostenere la battaglia di civiltà per impedire la dannosa realizzazione nel comune di Chianche, nel cuore dell’areale del “Greco di Tufo”, di un impianto e di un sistema logistico legato alla filiera dei rifiuti solidi organici oggettivamente incompatibile con un territorio tanto prezioso quanto fragile.

 

Abbiamo proseguito tale impegno anche in ambito regionale con l’organizzazione dell’evento “Campania wines” correlato all’attuazione del “Regolamento Comunitario 1144”, realizzato in sinergia con gli altri consorzi provinciali della nostra regione.

 

Attività di promozione che abbiamo ritenuto importante svolgere anche in ambito nazionale ed europeo, con la partecipazione per i soci alle principali fiere enologiche internazionali: “Vinitaly di Verona”, “ProWein di Düsseldorf”, “Merano Wine Festival”, Masterclass: “Etna”, “Milano”, “Grandi vini bianchi campani”, “Genova” , Cicli di seminari “Onav”,  “AIS”, “Taormina Gourmet”.

 

Lo svolgimento di attività di branding ed incoming di stampa straniera ed operatori del trade, relativi al “PSR Regione Campania misura 3 2.1”, ha costituito un altro fondamentale momento di promozione e di intervento operativo nel settore a beneficio dei soci e dell’intera economia irpina del settore.

 

Accanto a questa meritevole e impegnativa opera di promozione abbiamo svolto una continua opera di intervento, a partire dalla “Modifica dei disciplinari di produzione delle denominazioni Fiano di Avellino DOCG, Greco di Tufo DOCG, Taurasi DOCG, Irpinia DOC”, con l’importante introduzione della menzione “riserva” per i vini “Greco di Tufo DOCG” e “Fiano di Avellino DOCG” nonché l’introduzione di diverse nuove tipologie nel disciplinare “Irpinia DOC”.

 

Una particolare attenzione è stata rivolta alla formazione, riservata ai soci attraverso l’attivazione di corsi di potatura, gestione della chioma, aggiornamento sugli aspetti fitosanitari della vigna, legislazione viticola enologica ed etichettatura.

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Non è stata tralasciata l’opportunità di coltivare un sinergico rapporto con la pubblicistica specializzata e di settore e con il mondo dell’editoria più in generale attraverso nostri contributi programmati sulle principali riviste italiane ed europee, come “Vinum”, “Pershwjin”, “ Le 5 du vin”, “Merum”, “Vert de vin”, “ Vinosano”, “Decanter”, “L’Enologo”. E nel contempo abbiamo avuto una proficua relazione col la stampa provinciale e regionale per conservare un filo di continuità con le nostre attività e i nostri punti di vista sulle diverse tematiche della filiera o i nostri territori.

Questo, seppure nell’economia di questo testo, in sintesi è stato il frutto di un lavoro corale per il quale, con onestà, si fa fatica a comprendere come si possa tardivamente rinnegare con la rimozione o la sua sottovalutazione, consentendo che una certa stampa, nel suo legittimo esercizio di critica e di linea editoriale, possa comunque realizzare tale opera di disconoscimento dietro una malcelata e autolesionistica condivisione da parte di chi ne è stato protagonista.

E’ giusto e salutare criticare ma non è moralmente accettabile che questo venga fatto senza informare l’opinione pubblica, anche non condividendolo, di quanto avvenuto. Affermare che sia stata una gestione immobile è una lesione alla verità dei fatti.

L’aver voluto intraprendere la strada della separazione interna è del tutto legittimo, anche se a mio avviso fortemente lesivo delle prerogative degli interessi superiori del Consorzio, ma se il metodo è sostanza nella vita civile e professionale delle persone, era doveroso rappresentare dissensi e alterità durante la gestione nella quale si è stati parimenti corresponsabili senza mai lasciare una sola traccia documentale o di rappresentazione pubblica di tali presunte posizioni di non condivisione.

In qualsiasi compagine od organismo democratico di rappresentanza se il malcontento viene coltivato e praticato in modo subliminale e non alla luce del sole attraverso atti pubblici e riconoscibili dalla base sociale  non si fa qualcosa di utile per tale sodalizio perché innanzitutto non si è trasparenti e soprattutto si fa capire che esiste una cultura, un modo di praticare il suo governo che non porterà alcun futuro giovamento, al di là del consenso fatuo ottenuto.

La pratica della narrazione parallela ha solo contribuito a generare una frattura profonda nella comunità dei produttori di cui in futuro ne vedremo di certo le non buone conseguenze. Noi avremmo  dovuto essere simbolo di unità e inclusione di una filiera plurale che seppur distinta, avrebbe saputo dimostrare una responsabile capacità di coesistenza .

Per questo mi chiedo in modo sincero se tutto questo possa costituire elemento di fiducia e di sicurezza per il futuro del nostro Ente declinando un linguaggio da competizione sportiva piuttosto che quello saggio di una  rassicurante classe dirigente.

Il mio intento sarebbe stato quello di un gruppo plurale e coeso che avesse perseguito un obiettivo comune, che avesse capito che a volte bisogna corrispondere a un sentimento prevalente. Per arrivare al dopo bisogna attraversare il durante, ma, purtroppo, questo è il tempo che ci è dato vivere.

Nonostante innumerevoli tentativi di giungere ad una sintesi inclusiva, ma mai voluta, la rappresentazione della filiera è diventata una prerogativa monopolistica. Purtroppo in una società complessa, dove si fa fatica ad orientarsi ha successo chi offre soluzioni semplici, e non importa se quella indicazione intacchi valori non negoziabili, i quali, sarebbero dovuti restare dei coefficienti sociali, con i quali una comunità cerca di vivere con la minore conflittualità possibile.

Tutto questo ha aggrovigliato la filiera in una vicenda assai infelice, trascinando il Consorzio in qualcosa di profondamente divisivo, come lo è per sua natura una campagna elettorale, che ha prodotto un rapporto obbligazionario tra soci e Ufficio di Presidenza, generando comportamenti che non sono compatibili con il livello necessario di responsabilità.

Con profondo rammarico sono giunto al convincimento che il soggetto collegiale di rappresentanza della filiera è diventato un luogo non più agibile per una serena vita democratica interna, rispetto al quale ho intenzione, quanto prima, di fare un passo indietro.

 

 

                                                                                                                                                            *ex presidente del Consorzio Vini Irpini

 

Tufo, 23/05/2022