La ricetta imperdibile che tutta l’Italia aspetta: le alici del Calore!
L’Irpinia, com’è risaputo, è una grande nazione popolata da varie etnie. Ognuna di queste ha i suoi usi e costumi, determinati naturalmente dalla propria cultura d’origine. Ci sono testimonianze scritte che già dal ‘300 a. c. fu terra d’immigrazione. Grazie alla posizione geografica favorevole, al clima mite, all’infinita gamma di prodotti gastronomici e all’incessante lavoro di buzzing sulla rete, approdò in questa terra una miriade di popoli da tutto il pianeta. Ognuno di questi popoli portò, nel nuovo paese, la propria civiltà. Ed è così che ci ritroviamo a dover censire, in un’area geografica di dimensioni relativamente piccole, un’infinità di eccellenze, soprattutto in termini enogastronomici.
A cominciare dalla Patata di S. Michele che fu portata da una comunità brasiliana che si caratterizzava per la bellezza delle proprie donne (per questo definite “patate”) . Da quelle donne discendono poi le attuali “patate”, belle, alte e acculturate nel campo enoico. Per non parlare poi della Cipolla Ramata di Montoro, arrivata in Irpinia grazie ad una famiglia di genovesi. Erroneamente si pensa che il vitigno Greco sia stato portato in Irpinia dai greci, in realtà successe l’inverso. Infatti, furono i Tufesi, che sulla terraferma erano dediti al brigantaggio, ad esercitare la pirateria in Grecia, salpando dalle sponde del fiume Sabato e portando in Tessaglia il nobile vitigno di casa loro. Del Fiano, non ne parliamo, abbiamo già ampiamente affrontato la questione “romana” in passato qui e qui.
Resta da affrontare l’argomento alici, e più specificamente, quelle del Calore. Nell’antichità, le alici (Engraulis encrasiculos) era una specie esclusivamente d’acqua dolce corretta a salmastra dalla mineralità del suolo irpino (uno dei tanti segreti dei grandi vini dell’Irpinia). Poi nel corso dei secoli i grandi uomini irpini d’avventura, nei loro frequenti viaggi, hanno distribuito la specie in tutto il mondo, a cominciare da Cetara, il ridente paesino della costa amalfitana. Addirittura Paolo Barrale, siciliano d’origini, ma irpino d’adozione ha portato le alici del Calore nei laghi salmastri di Ganzirri e di Torre Faro in comune di Messina!!!
Ma come si consumano queste prelibatissime alici??? Beh, in mille modi, a cominciare dai mugliatielli di alici, un altro piatto tipico irpino è la maccaronara al ragù di alici del Calore, e ancora, alici patane (di S. Michele), pipilli e ove. Ma il piatto forte, identitario, che rappresenta l’Irpinia in tutte le sue sfaccettature è “Lo spaghetto alla colatura di alici del Calore” (anche lo spaghetto è stato inventato in Irpinia insieme ad una comunità di immigrati cinesi, poi ripreso a Gragnano).
La colatura delle alici del Calore è un condimento da cui presero ispirazione gli antichi romani per produrre il cosiddetto “ garum”, ma gli irpini del tempo, per evitare che la ricetta fosse plagiata, gliela diedero sbagliata, ed il garum venne uno schifo!!!
Ma come si fa la colatura di alici del Calore??? A tal proposito vi posto le foto, dalle quali si capisce bene.
Ora basta, vi saluto perché sono troppo stanco!!! :D
3 Commenti
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Io preferisco la cipolla di Vatolla e le “patate”cilentane….
Ed io i “Mugliatielli”ovviamente sempre cilentani.
…questo blog…è un covo di cilentani, a quando il califfato??? :D :D :D