Verdicchio, otto grandi assaggi che sfidano il tempo a Collisioni
di Adele Elisabetta Granieri
Se è vero che le caratteristiche di un grande vino sono riconoscibilità, longevità e capacità di migliorare nel tempo, il Verdicchio ha tutte le carte in regola per esserlo. Ha caratteristiche peculiari, sa invecchiare e si evolve con gli anni, acquisendo complessità, armonia, spessore.
A diffondere il verbo ci pensa l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, diretto da Alberto Mazzoni
e presieduto da Antonio Centocanti, in occasione di “Collisioni dal Verdicchio alle Marche”. Il bianco più premiato d’Italia è stato protagonista di quattro giorni di degustazioni organizzate con la regia del curatore del Progetto Vino e direttore scientifico di Vinitaly International Academy, Ian D’Agata, in partnership con il primo festival agrirock d’Europa.
Trenta esperti da tutto il mondo, tra giornalisti, buyer e stakeholder, sono giunti nella città di Federico II per prendere parte alle degustazioni guidate, visitare e toccare con mano il territorio di produzione e la cultura agricola marchigiana.
Le particolari condizioni di queste aree viticole sono irriproducibili altrove: i terreni sono in prevalenza limoso-argillosi e calcarei, poveri di sostanza organica ma sufficientemente provvisti di potassio, ideali per consentire all’uva di sviluppare aromi di particolare finezza, mentre la buona esposizione e le fresche brezze marine, foriere di significative escursioni termiche tra la notte e il giorno, consentono agli acini di sviluppare la giusta acidità.
Il Verdicchio ha una storia gloriosa e un presente altrettanto brillante. Erano gli anni ’50, quando l’anfora di Fazi Battaglia conquistava il mondo e l’80% dei bianchi italiani che conosciamo non esisteva.
A partire dagli anni ’90 si è cominciato a sperimentare con successo l’affinamento in botti di legno di varie tostature e dimensioni, o a ritardare la vendemmia per ottenere vini potenti ma equilibrati.
L’elevato standard qualitativo raggiunto si riscontra nelle ultime annate, di cui questi sono stati i migliori assaggi:
- Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Misco 2015 – Tavignano: Profumi seducenti e ben articolati, che vanno dall’anice alle erbe aromatiche, con un sottofondo di frutta bianca ed un tocco fumè. In bocca è agile e dinamico, dal finale quasi salato.
- Verdicchio Castelli di Jesi Cl. Villa Bucci Ris. 2013 – Bucci: Luminoso e compatto, dapprima rassicuarante sui toni di frutti gialli polposi, camomilla e mandorla tostata, sorprende poi con note di idrocarburi. Il sorso è teso, verticale, ricchissimo e salato.
- Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Rincrocca 2013 – La Staffa: L’impatto è forte già dal colore: un bel giallo carico dovuto all’affinamento di un anno sulle bucce. Profumi di albicocca, mallo di noce e nocciola tostata e una bocca nerboruta, potente, intrigante.
- Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Ris. Il Cantico della Figura 2013 – Andrea Felici: L’attacco olfattivo è sui toni minerali, seguiti da note di nespola e fiori bianchi. Il sorso è pieno e allo stesso tempo teso e nervoso, con un finale di esemplare progressione.
- Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Ris. Utopia 2012 – Monteccappone: Freschi toni di finocchietto e salvia, poi pungente pietra focaia. Trama gustativa ben ritmata e scandita e finale continuo su toni della grafite.
- Verdicchio di Matelica Ris. Mirum 2014 – La Monacesca: Si apre con tratto affumicato fine e composto, completato da note di macchia mediterranea, albicocca e nocciola tostata. In bocca è opulento ma deciso, con un’impronta sapida netta e pronunciata.
La degustazione delle vecchie annate ha confermato le straordinarie doti evolutive del Verdicchio e ha visto due outsider:
- Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Ris. Villa Bucci 1992 – Bucci: Vino di straordinaria integrità, che ha ancora ulteriori potenzialità di invecchiamento. Profuma di fieno, finocchietto selvatico, erbe mediterranee, mandorla, arancia candita. In bocca è di straordinaria integrità, compiuto, ma con ancora ulteriori potenzialità di invecchiamento. Pare inossidabile!
- Verdicchio di Matelica Ris. Mirum 2000 – La Monacesca: Impatto olfattivo immediatamente sui toni minerali ed affumicati, seguiti da note di camomilla e scorza di arancia ed un finale di mandorla tostata. Il sorso è pieno e avvolgente, ma ancora incalzante, ben equilibrato e bilanciato; le sensazioni saline regalano un’importante persistenza. Dal potenziale evolutivo ancora garantito.
2 Commenti
I commenti sono chiusi.
Senza dubbio, secondo me, il miglior vino bianco d’Italia per qualità e longevità. Il mio preferito: Poderi Mattioli nella versione base (Ylice) e nella versione Riserva (Lauro).
Rincrocca 13 un anno sulle bucce? Dai, su, non scherziamo.