Coda di Volpe 2007 Pompeiano igt
Le tracce della furia del Vesuvio nutrono le vigne piantate da Francesco Siglioccolo e l’uva coltivata dalle figlie Miriam e Kira. Sono servite per i muretti a secco, sono utili per insaporire il vino come altrove non sarebbe possibile e, insieme al vento continuo da cui la località prende il nome, Fruscio (pronuncia con accento sulla u) rendono la scelta biologica obbligata, poi sancita in un secondo momento dalla certificazione ufficiale. Fu amore a prima vista per il chirurgo laureato in architettura, come Miriam, per questo angolo sospeso sul Golfo, a due passi dagli Scavi di Pompei. Doppia fortuna, dare corpo alla passione per la campagna ed essere seguito dalle figlie su questo percorso. Così Kira con il marito e Miriam con il fidanzato trascorrono tutto il loro tempo qui. Una volta, neanche tanti anni fa, sarebbe stata definita una scelta alternativa, estrema, oggi è semplicemente moderna, innovativa. La loro Coda di Volpe mi appassiona, l’enologo Alessandro Mancini, bianchista sannita prestato al Vesuvio, ha spinto un po’ la maturazione sfidando il caldo del millesimo 2007, un azzardo di chi frena proprio sotto sotto la curva per non essere superato, e ha portato a tavola il bicchiere degli dei, dal colore oro, brillante, dai profumi di frutta agrumata e anche di albicocca, con una complessità clamorosa per questo vitigno umile operaio. In bocca non c’è sconto alla ruffianeria omologata, il bianco parla di sale, manifesta freschezza non esuberante ma neanche in ritirata, con alcol giusto a quota 12 o giù di lì come piace a noi. Questo vino si arrampica sui pali di castagno, non ha voglia di competere perché sa di essere inimitabile, può accompagnare qualsiasi cibo purché non pomodoroso, dal tocchetto di provolone del Monaco alla pasta e piselli, dal pesce appena un po’ strutturato alle zuppe di funghi. E dalla sua ha la forza di un prezzo esageratamente favorevole al consumatore, poco più di sei euro, ossia quello giusto per rientrare nella fascia tra i 10 e i 20 dollari nella quale secondo il critico del New York Times si beve alla grande negli States combinando tipicità e salute delle tasche. è l’ennesimo segnale del vulcano assopito, dove la viticoltura si sta prendendo una clamorosa rivincita grazie agli investimenti e a un turismo voglioso di conoscere il ventre del mondo, entrare nell’anima delle cose e, dopo aver dato lo sguardo abbracciando Sorrento, Capri e Ischia, interrogarsi sulla caducità delle cose. Ma questa Coda resterà per sempre, come la pietra lavica. Così parlò Plinio il Vecchio.