Cinque Terre. Azienda Agricola Possa, Riomaggiore
di Fabrizio Scarpato
Quel tornante lungo la discesa per Riomaggiore lo conoscono tutti, perché è difficile resistere al panorama e spesso si va un po’ lunghi, come temporaneamente irretiti dalla bellezza. Non avevo mai fatto caso a un piccolo cancelletto proprio sulla curva, non avrei mai pensato che in realtà la bellezza fosse proprio lì dietro, molto più a portata di mano.
E’ il primo giorno caldo di una tarda primavera bizzosa e la sensazione, mentre attraversi un vialetto contornato di cespugli di rosmarino, è di straniamento e pace insieme: non sei in un vigneto, stai più semplicemente scoprendo un mondo, una storia, forse dei sentimenti che non sembrano affatto sconosciuti, nei quali per una qualche ragione ti riconosci, perchè in fondo ti appartengono.
Perché tutti da queste parti abbiamo ricordo di una casa, di un pergolato, di un campo da bocce, della vigna, dei limoni, dei papaveri, del profumo del timo lungo scalinate pietrose nei pellegrinaggi estivi verso piccoli santuari dimenticati. Anche qui c’è una piccola casa stracolma di attrezzi e masserizie tanto da entrarci a malapena, il tavolaccio con la tovaglia di plastica, un enorme lucertolone di ferro appeso al muro, la campana di un piroscafo e una meridiana di terracotta a scandire il tempo. E poi c’è una bandiera dei pirati che stancamente sventola sul pennone a presidiare un mondo a parte, un territorio indipendente, la casa dei sogni di Samuele Heydi Bonanini.
Possaitara è una vallata verticale a strapiombo sul mare. Il termine vallata non appare improprio ché sotto la roccia scorre l’acqua piovana, attraverso cavità e anfratti, grotte e caverne. Non poteva essere altrimenti in un covo di pirati. Solo che ogni tanto l’acqua sbocca nel posto sbagliato, tanto più sbagliato se, fregandosene del lavoro di stagioni intere, sceglie una piana vitata, sventrando metri preziosi di muretti a secco. E oggi è un giorno di quelli in cui ci si rimbocca le maniche per recuperare qualche migliaio di euro di sassi e fatica, crollati nel bel mezzo del canalone dopo giorni di piogge.
Heydi è un giovane uomo grande e grosso, e deve avere spalle forti. L’alluvione gli ha mangiato il vigneto a Monterosso e non deve esser mai stato facile essere il figlio del Presidente del Parco: non prima e nemmeno dopo, ammesso che possa esser facile fare il padre e fare il figlio, sempre. E Heydi è diventato papà da pochi mesi: sarà per questo che una frana la si può riparare, che le vigne laggiù in fondo un giorno arriveranno quasi in riva al mare, che la casa disordinata andrà rimessa a nuovo, che un rustico verrà riattato. Perché Possa è casa sua, il luogo dove giocava da bambino, dove ha vissuto la sua famiglia e i vecchi che ha conosciuto. Possa è il rifugio, forse la certezza del riparo dal disordine, la memoria che ci accomuna: ecco cos’era quella prima sensazione. Non escluderei che tra le vigne maturino anche le fragole.
Perché in questa specie di paradiso piccolo e fragile, le vigne sono solo parte del paesaggio, affiancate fittamente da piante aromatiche cercate tra i racconti delle donne del luogo, dagli alberi da frutto, dai fiori, tanti, tantissimi fiori, dai fichi d’india, da cespugli di lavanda mediterranea, di achillea, da limoni e piante di capperi. Già i capperi, che nascono da una ruga, da una scarificazione necessaria sul seme, per germogliare, come da una ferita.
I filari sono immersi nell’erba, tra papaveri e fiori gialli, i vitigni sono in prevalenza bosco più una serie di piccoli nomi quasi dimenticati. Alcune vigne hanno anche settant’anni, formano pergole su tronchi attorcigliati larghi più di un palmo, la media ha tra quindici e vent’anni, quelle più basse circa cinque: le guardo da lontano, il trenino per raggiungerle è una picchiata solo per bucanieri dal cuore impavido. Là sotto, sul ciglio del burrone, si protende una bellissima palma, testimone di un microclima e di una atmosfera che sicuramente hanno a che vedere con qualcosa di magico. Una palma, al confine di tutto.
Ma come giri l’occhio non potrai non accorgerti delle arnie delle api, colorate e sparse qua e là sulle piane, sotto un fico, accanto a un anfratto nella roccia. Case tra le case, ordine nell’apparente disordine, approdo sicuro, ruoli definiti, dolcezza suadente che cola come miele, pace e sonni profondi come cullati da innocue punture. Le api stanno dove si sta bene: si allontanano di chilometri, arrivano in paese, ronzano sulle colline, ma poi ritornano, sempre. Dipanando il filo della passione che lega le parole alla curiosità, come seguendo un immaginario volo d’api, arriviamo alla moderna cantina, alle porte di Riomaggiore. S’apparecchiano bicchieri su un tavolo bianco, in un ambiente che sembra avvolto in un algido candore dopo quella scorpacciata di colori.
Ma basta riempire i bicchieri per riscaldare l’animo. Si accende una tavolozza di colori antichi col rosso violaceo d’ U’ Neigru 2012, da uve buonamico e canaiolo, fresco d’amarena e tannico, il rosso fragoloso del Vin de’ Vèci, ripasso rosso sulle vinacce dello Sciacchetrà, e il rosso arterioso de La Rinascita 2012, un passito da bacca rossa prodotto in sole trecento mezze bottiglie che sa di duroni sotto spirito, intenso, spesso ed elegante. Sono vini testimoni di saggezza contadina: la quotidianità e la festa, e balli nelle piccole piazze. Sono i vini dei racconti e dei ricordi.
Poi c’è l’ambra cristallina dello Sciacchetrà 2011, dove gesti antichi che coinvolgono mani e piedi nell’atto di sgranare e pigiare, si alleggeriscono in un sorso fine ed teso, sferzato dal mare eppure così carico di frutto, di fichi e d’albicocca. E infine i riflessi dorati del Cinque Terre 2012 in cui il gesto si fa tecnica, guardando al futuro: bosco, rossese bianco e picabon pigiate a bassa temperatura, macerazione di quattro giorni, un inseguimento amoroso di passaggi in legno e acciaio, travasi e rimescolamenti a freddo e senza filtri, per una sorprendente passeggiata lungo i sentieri intrisi di macchia mediterranea, tra aromatismi silvestri e mentolati, per poi sedersi all’ombra di Possa, tra cedri e agrumi dolci, pesche e litchi, con un finale lungo di noci, amaro di sale, confortevole e leggero come qualcosa di tuo.
Capita spesso che le api, distratte da falsi segnali elettromagnetici, si smarriscano lungo il loro volo, come disorientate. Heydi le trova aggrappate all’intonaco bianco del muro della chiesa, sfinite. Allora con la punta delle dita le raccoglie una ad una, quante più possibile, e le posa su un fiore. Perché possano ritrovare la strada di casa.
Azienda Agricola Possa (Riomaggiore): 1,5 ettari vitati, 8000 bottiglie prodotte