Cilento, luglio a rilento per il settore food
di Marco Contursi
E’ una estate strana, caldissimo finora questo luglio ma in Cilento il pienone nei ristoranti si è registrato solo nei fine settimana (tranne sporadiche eccezioni), mentre in settimana, il lavoro non è decollato, con le ovvie lamentele di chi si occupa di ristorazione e somministrazione di cibo e bevande (bar, pub ecc..).
Ogni tanto però fermarsi a fare qualche riflessione è cosa buona, mica si può parlare sempre di pizza e vino. Quindi procedo.
Poiché già so che c’è chi leggerà ancora poche righe, do subito due consigli, ai ristoratori delusi da un calo delle presenze nelle loro attività,poi analizzeremo le cause di questo calo:
2) NON RIDUCETE IL PERSONALE. Risparmiare sul personale servirà solo a perdere quei clienti che verranno da voi ad agosto perché ovviamente il servizio sarà approssimativo.
Chiarite queste due cose, vediamo i motivi dei cali registrati finora, soprattutto guardando le estati precedenti:
2) Offerta non sempre all’altezza. Proprio ieri mi scriveva un amico titolare di una gastronomia, che su 5 cene fuori, 4 sono state tra il sufficiente e il pessimo. Duole dirlo ma l’offerta, non solo qui, si è abbassata, complice credo il fatto che nelle ultime 3 estati si sia registrato il pienone causa divieto o paura di viaggiare per il covid e quindi si è pensato che la gente venisse comunque, indipendentemente dalla qualità dell’offerta e dai costi. Il personale spesso è giovanissimo e impreparato, e se è vero che non si trovano giovani disposti a lavorare, è parimenti vero che ancora oggi ci sono stipendi da fame, o orari assurdi, o tutte e due le cose insieme. E anche nomi blasonati non fanno molta differenza. L’offerta gastronomica di alcuni lidi, poi è imbarazzante, per qualità, tipicità e costi. Una insalata di pomodori, condita con pessimo olio, 8 euro. Uno spaghetto a vongole con sabbia, 18 euro. Una falanghinabeneventana da 3 euro a bottiglia, a 21 euro e potrei continuare…
3) Manca mentalità di servizio. Chi ha una attività di somministrazione di cibo, sia esso un ristorante, una tavola calda o una pizzeria dovrebbe capire che offre un servizio e che se il turista non lo trova, l’anno dopo va altrove. Qui in Cilento nella fascia oraria che va dalle 14.30 alle 17 si fatica a trovare un posto dove mangiare anche solo un panino. Esperienza diretta, tutto chiuso, tranne qualche bar. Per un inglese o un tedesco è una cosa inaccettabile, visto che il pranzo alle 13 e la cena alle 20 sono una usanza tutta italiana. All’estero si mangia quando si ha fame dalle 9 alle 23, senza soluzione di continuità. Sempre per esperienza diretta, alle 22.10 un locale con tanti tavoli vuoti mi dice che non può accettare due persone. Di sabato, a fine luglio????
4) Sicurezza. Duole scriverlo ma ho letto di ripetuti episodi di furti in appartamento o di autovetture forzate per rubare. Vigilare sui parcheggi pubblici, almeno su quelli più grandi dovrebbe essere un servizio previsto dai Comuni. Se mi fai lasciare la macchina lì, dovresti garantirmi un minimo di sicurezza.
5) Tipicità. Si parla tanto di dieta mediterranea, di prodotti tipici, di olio extravergine, ma in giro trovi molta mediocrità e fuffa. Basti pensare agli aperitivi, ne ho fatti una decina finora con costi dai 5 ai 12 euro e mai, dico mai, si è andati oltre patatine, noccioline e qualche rustico surgelato. Un pezzetto di cacioricotta o una fetta di soppressata è chiedere troppo se una cedrata con aperol me la fai pagare 8-10 euro?
Si deve superare la mentalità di lavorare 2 mesi l’anno e poi basta. Una proposta turistica fatta bene, può tranquillamente essere spalmata su più mesi, adeguando l’offerta al diverso periodo. Il Cilento ha tutto: natura, storia, gastronomia. Manca spesso l’organizzazione, la sinergia tra i diversi operatori e la professionalità richiesta da un mercato sempre più competitivo.
Io credo si debba fare una riflessione seria e ponderata e ripartire da una offerta adeguata per proposta e costi, pianificando già da ora per l’estate prossima. Altrimenti giù di nuovo a lamentarci che si è avuto un calo. E il discorso valido per il Cilento si può tranquillamente estendere ad altre zone dello stivale. Ma a me sta a cuore questa zona qui, dove ho tanti amici, tra cui validi produttori, che, spesso, proprio nella loro zona incontrano difficoltà a vendere i loro prodotti alle attività commerciali vicine. Basterebbe questo a capire che qualcosa debba essere rivisto….
19 Commenti
I commenti sono chiusi.
Analisi perfetta
Grazie Santo. Fa piacere che Lei abbia letto fino alla fine e condiviso.
Manca una programmazione serie e soprattutto i servizi
Non so può vivere è lavorare nella speranza che in due mesi si possa guadagnare per poi poter viverci tutto l’anno
Analisi spietata ma che suona un campanello d’allarme.
Condivido pienamente la sua analisi, purtroppo si renderanno conto quando sarà troppo tardi.
Spero che facciano tesoro di suggerimenti utili.
Grazie , tutto ben chiaro, io lavoro nel mio ristorante e pizzeria dal 1987… ancora oggi mi sacrifico , per dare un servizio ottimo ai nostri ospiti che visitano ,e sostano per le ferie ,nel nostro Cilento …. Ma siamo in pochi a farlo….spero che ogni uno di noi operatori guardi al futuro , migliorandosi ….
Severo ma giusto, specie perché so quanto Marco Contursi ami il Cilento. Io stesso cerco di limitare le esperienze sgradevoli presso i ristoratori evitando di prenotare dal venerdì alla domenica e limitando le visite all’infrasettimanale, ma lo stesso mi trovo in situazioni imbarazzanti per offerta e servizio.
Ulteriore nota negativa: se decidi di desinare da solo, in Cilento (come de resto altrove) ti considerano a metà tra uno sfigato e un marziano, o un incrocio tra le due categorie.
Ma si è appunto arrivati alla vergogna di rifiutare un tavolo a due persone.
È sicuramente una buona tattica per prevenire le delusioni ma anche un segnale ulteriore che bisogna cambiare e in fretta… Non si può non essere in grado di garantire servizio e qualità di livello anche nelle sere affollate. Ovviamente il singolo giorno storto accade a chiunque, ma è una costante diffusa e frequente
Hai dimenticato di parlare della mancanza del senso dell’ospitalità.Gli abitanti della repubblica del Cilento, solo giocoforza cercano di assecondare le giustificate richieste del turista, ma lo fanno con evidente fastidio, quasi come a farti una cortesia malcelata.Salvo poi trascendere con atteggiamenti da codice penale, tipo quello di intimarmi ,in malo modo, ad alzarmi dal tavolo a fine cena, per lasciare posto ad altri.Occorrono almeno altri 10.000 anni affinchè si possano avere segni di migliorie geneticamente evidenti in questo conclave.
Giudizio severo…generalizzare è sbagliatissimo…perchè una cosa non mancherà mai nel Cilento : l’ospitalità.
Anche io ho notato. La stessa cosa in Cilento questa estate. In settimana ho potuto cenare von tranquillità e senza stress nei locali dove di solito si doveva prenotare e fare anche la fila. Condivido da ristoratore e cuciniere molti dei consigli. Tranne uno o meglio uno che cozza con il Consiglio di non fare fare orari assurdi al personale. Consentire un servizio senza soluzioni di continuità da pranzo a Cena. È incompatibile con la legislazione italiana sul lavoro. Comporterebbe costi enormi fan dover scaricare o sul lavoratore o sul cliente. E se non si affronta il tema che in Italia il costo del lavoro per le imprese è altissimo dalla discussione accademica del perché non troviamo personale non ne usciamo più. Saluti.
Perfettamente d accordo sul fatto che il costo del lavoro debba diminuire, In realtà non intendevo che un ristorante dovesse fare turno unico, ma che almeno rosticcerie, o panifici nelle zone di mare a luglio e agosto trovassero il modo di stare aperti quelle tre ore che vanno dalle 14.30 alle 17:30 dove invece è tutto chiuso e molte persone tornano dal mare affamate.
Complimenti, pienamente d’accordo con te, davvero non si riesce ad uscire dalla regola 3 mesi di lavoro e 9 a casa … purtroppo è una filosofia che danneggia il cilento e la sua popolazione, che potrebbero essere una nuova Costa Smeralda
Le osservazioni e tutti i commenti che ho letto sono assolutamente da confermare, sono del settore e ho operato su un altra provincia per venti anni , ma da maggio sono in questo territorio….. Mio malgrado l’opinione sui ristoranti/pizzerie è veramente pessimo la pochezza di professionalità degli operatori del settore in certi casi risulta disarmante e genera pessimo cibo, cattivo servizio , prezzi propositati in base alla proposta.. Mi auguro che qualcosa cambi ma la vedo veramente difficile!
Ottimo report… purtroppo c’è un detto “quando ‘o grasso è gghiut o’ core o se taglia o se more”
Un’analisi lucida, evidentemente ispirata dal profondo amore per questa magnifica terra, e sento di condividere entrambi, analisi ed amore. Se le cose sono peggiorate dopo due anni di pandemia, dobbiamo dire che pre-esisteva una predisposizione, inoltre va sottolineata una reciprocità tra offerta e richiesta: anche una certa, ed abituale, utenza si è fatta più ingorda ed indifferente ad un ‘buon servizio’, e non sempre ha consentito o ispirato circoli virtuosi, pur accettando di pagare troppo per un servizio oggettivamente mediocre. Questo, ovviamente, non assolve la gestione delle strutture ricettive e le attività di ristorazione, che dovrebbero valorizzare il territorio, anche pedagogicamente parlando.
Le critiche sono sacrosante, andrebbero fatte anche sulla base di alcune considerazioni (a mio parere) necessarie:
– una profonda discriminazione tra il Cilento costiero e quello interno, che agevola il primo come detentore assoluto di opportunità, e mortifica il secondo in termini di interesse turistico, il tutto a vantaggio di un turismo vacanziero a cui poco interessa lo sviluppo coerente e virtuoso dell’offerta;
– una sostanziale differenza tra Cilento ‘basso’, da Pisciotta in giù, e Cilento alto (da Agropoli fino ad Ascea, per capirci), dove si stanno comunque avviando processi di valorizzazione del territorio e dell’offerta più studiati e lungimiranti.
Penso all’offerta gastronomica come penso alla ricettività, come penso alla tutela di mare e spiagge (depuratori non idonei e traffico selvaggio di veicoli in mare).
Il Cilento, da solo, col suo patrimonio storico, archeologico, naturalistico, potrebbe vivere di turismo tutto l’anno se solo avviasse coraggiosamente un processo di autotutela e guardasse in prospettiva, scrollandosi di dosso l’etichetta di meta turistica di consumo facile e arraffazzonato. In questa ottica, richiamando quindi un turismo più spalmato sugli altri mesi, anche i guadagni delle strutture ricettive e di ristorazione ne trarrebbero tutti i benefici.
Analisi perfetta. Bravissimo.
Sento di aggiungere solo una cosa: spero si faccia in modo che il Cilento non si spacchi in due: da una parte un’offerta mediocre a prezzo elevato ed ingiustificati, dall’altra la qualità ma a prezzi inarrivabili. Comunque mi chiamo Fiore ma sono una donna, Marco. Un saluto.
[…] sobre la cuestión del Cilento, publicado por Massimo Contursi hace unos días, que podéis leer OMS, solo puedo confirmar que el Cilento Dream se está convirtiendo en algunos casos en una pesadilla. […]