Chi dovrà salvare il comparto della ristorazione dopo il lockdown da Coronavirus?
Non prendiamoci in giro, la crisi sanitaria del Coronavirus colpirà duramente tanti settori, ma probabilmente quello della ristorazione, nel senso lato del termine, più di tutti In questi ultimi anni il comparto, dalla fascia alta fino alle pizzerie ed allo street food, è stato uno dei settori determinanti per lo sviluppo economico, sociale d’immagine ed occupazionale di questo Paese, avendo avuto una ricaduta anche in termini turistici enorme.
Il settore dell’agroalimentare cresceva molto più del resto del manifatturiero italiano, ed ha continuato a tirare in un contesto Paese sempre più in stallo. Una striscia di aumenti record dell’export (+6,9%) sia rispetto all’anno precedente (che si era chiuso a +3,4%) che rispetto al resto del settore manifatturiero nazionale (+2,7%). Il 2019 si è chiuso a circa 35,2 miliardi di euro, raggiungendo quindi il 24,3%, di quota export sul fatturato. Sommando poi anche le esportazioni agricole, il totale export agroalimentare ha fatto circa 43 miliardi.
Mentre il piccolo mondo della comunità gastronomica italiana, per qualche motivo strano, dibatteva se fosse più figo e quindi influente, il movimento gastronomico del Perù o di Taiwan, l’Economist nell’agosto del 2019 pubblica una ricerca fatta dall’Università del Minnesota, che dimostrava l’esatto contrario. La Cucina Italiana con l’export dei suoi prodotti conquistava il mondo.
Senza ristorazione italiana non ci può essere l’agroalimentare del Made in Italy, o quanto meno non può pensare di esportare i prodotti all’estero, se non c’è un comparto vitale nel nostro Paese. Faccio una premessa, non credo assolutamente che le iniziative legate ai “bond”, quindi all’acquisto di cene da consumare alla riapertura, siano una soluzione. E’ come nascondere la polvere sotto allo zerbino, la polvere tornerà comunque.
Chi dovrà salvare la ristorazione dopo il lockdown da Coronavirus?
Prima di tutto il Governo. Gli aiuti ad oggi sono assolutamente insufficienti e nessuno ha parlato ancora degli adeguamenti strutturali che si dovranno fare alla fine del lockdown. Le cucine, gli spazi dei forni per le pizze, spesso sono dei luoghi stretti dove si lavora in tanti. Questo non potrà più avvenire. Probabilmente avremo bisogno di sanificatoti d’ambiente. Insomma ulteriori spese. Da prevedere già da adesso.
I Consorzi di tutela dell’agroalimentare italiano. Pensare di continuare ad esportare in tutto il mondo senza avere un punto di riferimento in casa è da folli. In questa crisi sanitaria, che presto diventerà economica, i Consorzi di tutela, dal cibo al vino, hanno il dovere di aiutare con investimenti il settore della ristorazione.
I ristoratori stessi. La consapevolezza che non è solo una crisi passeggera e quello che si è fatto fino ad oggi non potrà avvenire in futuro, è il primo passo di consapevolezza. Ripensare la propria azienda, a partire dai prezzi e dalla proposta, sicuramente più snella, è un mantra che tutti dovrebbero avere ben presente. Come quello della lotta allo spreco alimentare e della stagionalità degli ingredienti, perché se prima ci potevano essere solo dei motivi di etica, da domani diventeranno obbligatori per far quadrare i conti. Compromesso, sarà la nuova parola d’ordine.
La stampa specializzata. Valorizzare la nostra cultura alimentare. Un mezzanello allardiato può essere più figo di muschi e licheni, noi da queste pagine è tanto che lo diciamo. Un ritorno ad una cultura alimentare diffusa, a trovare il buono e l’originale, non gli scopiazzamenti, è un dovere di chi scrive di cibo in questo momento.
Il delivery. Soprattutto le pizzerie dovranno prendere tutte in considerazione questa ipotesi. Le grandi catene internazionali sono tutte ben organizzate, in tal senso. Per far continuare a vivere l’artigianalità e la grande qualità del mondo pizza, andranno trovate soluzioni che tutti dovranno seguire. Il delivery sarà un’esigenza vitale.
Al netto di tutti i dubbi, che è giusto avere, mi è ben chiara una cosa. Tutelare il comparto della ristorazione è necessario, ma ho anche un’altra consapevolezza, non basterà che si salvi solo qualcuno. Si dovrà salvare l’intero comparto, affinché ci sia un futuro per l’agroalimentare italiano