Il circo di Nino Di Costanzo
di Santa Di Salvo
Nino di Costanzo Dani Maison. Disse una volta Salvador Dalì che mangiare la vita è forse l’unico modo di viverla. Citazione che torna particolarmente utile per provare a descrivere la cucina di Nino Di Costanzo. Tornare ogni anno a Ischia nell’oasi incantata di Danì Maison, con il suo giardino fiabesco arricchito dalle opere di Antonio Nocera, scalare anche noi la collinetta di Montetignuso (nomen omen) per scoprire le novità di uno chef severo e sorridente che d’estate lavora e produce idee nella casa in cui è nato, vuol dire immergersi in una dimensione senza tempo (lo conferma il menu, che consiglia “vivamente” di fare a meno del telefono e del tabacco) e lasciarsi andare alle suggestioni di una carta fortemente evocativa.
Vorresti provare tutto e sai già che tutto ti piacerà perché, qualunque sia la scelta, questa performance gastronomica ha a che fare con te e con la tua vita, appunto. Per dirla alla Dalì, siamo di fronte a una cucina esistenziale. I clienti ricchi e famosi che arrivano da lui direttamente in elicottero magari non se lo chiederanno, ma Di Costanzo è davvero uno di quei pochi talenti della tavola di fronte ai quali vien voglia di porsi domande più filosofiche. A che serve il cibo? Che cos’è una cena? Che cos’è uno chef?
Se si può partire dal fine pasto – una recensione di solito non lo fa ma questo non è un ristorante normale – basta raccontare il suo nuovo, mirabolante dessert che è un completo Circo in miniatura. Carillon e zucchero filato, giostrina e popcorn, noccioline e Tiro a segno, il Mamozio a molla con il cono croccante e le gelatine di frutta, hotdog e patatine con finto ketchup, l’uomo forzuto per cavatappi e l’aranciata in bottiglia, latte, lamponi e pasticcini mignon. Catapultati in un altrove, ma solo dopo aver ricevuto un ticket d’ingresso, ci ritroviamo bambini. Con quello speciale misto di felicità e malinconia che si prova solo seduti a bordo circo, guardando domatori e clown. Tutto questo grazie a Nino. E ad una maestria capace di trasformare i simboli in emozioni, frammenti di una memoria gustativa e olfattiva improvvisamente risvegliata. Nell’isola di Nino, per dirne una, ci sono le Fumarole. E infatti uno dei suoi classici porta questo nome, con il filetto di merluzzo cotto in una vaporiera piena di acqua di mare, nel ricordo dell’antica usanza di cuocere i cibi nella sabbia bollente dei Maronti.
Dopo l’immancabile sosta in giardino, che Nino cura personalmente con la consulenza dell’amico vivaista Ettore Guarracino, la festa in tavola si apre con i bocconcini miniaturizzati di zucca, zucchine, papaccella, sedano e tonno, latte e lime, merenda cetarese di pane burro e alici, caprese e miniparmigiana. I pani hanno una intensa centralità nella tavola e non fungono solo da complemento. La carta dei vini è sorprendente, c’è un intero menu dedicato al Dom Perignon. La Passeggiata Napoletana è un gioco di appetizer con crudi di paranza che si rincorrono (luvero, sauro, triglia, sgombro, palamita, ma anche seppia, gamberi, scampi, mazzancolle), di Bufalo & Bufala, di Quaglia con scampi e ceci. Tra i nuovissimi primi piatti svettano il risotto al latte di bufala con bruschetta e ricci e i magnifici fusilloni alla Povera con il coniglio arrosto. Il branzino cotto in foglia di banana è accompagnato da una crema di cavolfiori, alici e verdure. Nella ricchezza delle proposte non ci si perde mai, guidati da maitre e sommelier bravi e sorvegliati a vista (noi come loro) da Di Costanzo, genius loci a cui nulla sfugge. Dalla tavola ci si stacca a malincuore, perché si vorrebbe ancora sostare, commentare, rinnovare il piacere di una convivialità unica e preziosa.
Un commento
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Caspita, un posto davvero fantastico, non ho ancora avuto il piacere di venire da queste parti, ma non appena potrò farlo, questo luogo sarà di certo la mia tappa principale. In che giorno chiude il locale?