Château de Beaucastel. Chateauneuf du Pape, Vallée du Rhône
Ma dove siamo entrati ? In una clinica? Mai visto un Domaine, pardon , uno Chateau dove l’ordine e la pulizia lasciano quasi in imbarazzo l’ospite. Volevo chiedere le pattine. Pavimento perfetto, uffici senza un foglio fuori posto, impianti di vinificazione lucidi e tersi. Pensate che questi maniaci dell’igiene hanno inventato un sistema di disinfezione delle uve per quando queste entrano nel processo di vinificazione.
Addirittura un percorso ad alta temperatura in tubo in acciaio del succo pressato per ammazzare il 90 per cento di quel che sta sulla buccia dell’acino. Mi hanno detto che basta il 10 rimanente a far partire la fermentazione e donare carattere . Fatico a crederci, però così affermano. Magari ho capito male, però glielo abbiamo chiesto tre volte. L’opposto di Rayas. Non perchè non sia buono, anzi. E’ la dimostrazione che partendo da punti diversi e percorrendo un percorso diverso si possa comunque raggiungere un indirizzo qualitativo prossimo . Innanzitutto il terroir: sassi e non argilla Uvaggio e non monovitigno. Cento ettari di terreni vitati con una quindicina di vitigni diversi tra bianchi e rossi. Una produzione dichiarata di oltre 300.000 flaconi . E si ! Con queste estensioni e con queste produzioni l’ordine e la disciplina diventano prioritarie per non perdere di vista nessun passaggio nella filiera che possa compromettere il risultato finale.
Per me che amo i monovitigni è una grossa provocazione assaggiare un rosso di cui la famiglia Perrin va fiera proprio per il motivo contrario : tredici vitigni compongono infatti il loro classico Chateauneuf du Pape. Per cominciare il Mourvedre che dona al vino densità e sensazioni pepate e speziate e il cui carattere tardivo compensa la precocità de la Grenache, qui meno presente che in altri vini dell’appellaton. Poi la Counoise che apporterà altra profondità e dinamismo al puzzle che ogni anno impegna l’equipe di Beaucastel, abilissima a destreggiarsi in un infinito gioco di incastri.
Quando le condizioni dell’annata lo consentono , viene assemblata anche la prestigiosa cuvèe Hommage a Jacques Perrin, che si caratterizza per una maggiore densità e profondità di materia e relativa ovvia complessità. Non l’ho provato più di tre volte, con quel che costa… ma non sono stato molto fortunato. Nessuna grande emozione. Si, perché se lo bevi giovane non va bene perché non ha ancora iniziato ad evolversi. Però poi se lo bevi di 10-15 anni rischi che la conservazione e l’umore del tappo te lo consegnino in condizioni compromesse. Speriamo bene con la prossima.
Ma secondo me il vero fiore all’occhiello di Beaucastel è rappresentato dal più prestigioso dei tre bianchi prodotti, ricavato 100% da vecchie vigne del vitigno Roussanne. Il vino, nelle annate classiche si manifesta in gioventù con un color paglierino chiaro pulitissimo, fini sentori esotici e floreali, speziature bionde e dolci . Minerale e lunghissimo in bocca, chiuderà con sensazioni di freschezza sorprendenti pensando che si tratta di un bianco meridionale. Probabilmente il miglior bianco del sud della Francia. Altri non me ne vengono in mente, così puliti , caratterizzati, fini ma complessi. Si, forse Mas Daumas Gassac o l “Y” d’Yquem ma in maniera diversa. Un vino inconfondibile il Roussanne Vieilles Vignes , anche alla cieca. Un vino che invecchia anche bene e si abbina a piatti complessi e raffinati . Homard Thermidor s’il vous plait ! La gamma di vini proposti, i cui dettagli sono rintracciabili nell’esauriente sito internet www.beaucastel.com , si articola sulle due cuvèe classiche di Chateauneuf du Pape in bianco e in rosso. Esiste anche una più economica coppia che si avvale della denominazione più generica di Cote du Rhone, anche qui in bianco ed in rosso , e infine le due perle, le due riserve, anche queste come sopra descritto, in bianco ed in rosso.
20 Commenti
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faccio un accenno di ordine piu’ generale. oggi stavo a pranzo in un ristorante con ottima cantina. romano a viareggio per non fare nomi.
tutti , DICO TUTTI , i vini di cui ha parlato il gdf in queste settimane sono in carta . e finalmente ho potuto pensare con piacere : questo per me non e’ arabo, nel senso che ci capisco qualcosa. grazie gdf. per la cronaca sono poi finito su un riesling della mosella, ma questa e’ un ‘altra faccenda….
Osservazione giustissima. Vedi come la conoscenza di questi “prodotti” da parte di un pubblico che ha sempre voglia di essere informato possa far bene anche ai ristoratori.
Non solo: non facendomi i fatti miei, nonostante sia al lavoro, vado a vedere il sito di Sarzi Amadè per capirci qualcosa in più e scopro che in Borgogna fanno anche: Creme de framboise, Creme de cerises, de fruits rouge ecc.
Sapere dove, come e cosa cercare.
Ho sempre avuto l’impressione che i vini del Rodano, soprattutto gli Chateauneufs (sia bianchi che rossi) abbiamo un mercato più locale che internazionale.
Spesso se ne parla un gran bene, ed in verità alcuni vini riescono ad essere piuttosto sorprendenti anche se, soprattutto i rossi, sono ritenuti un tantino difficili da comprendere (generalmente neri, concentrati per non dire sovraestratti e di palato assai “taglienti”, ndr).
Il Guardiano che ne pensa?
Penso che quel tipo di Cndp grossolano, alcolico, concentrato e magari anche con puzzette di stalla non è proprio il mio ideale di vino :-)) . Ovvio , io preferisco la leggerezza e la finezza di Rayas, che ha tutto senza ostentare niente, come Michelle Pfeiffer…
Ma anche Beaucastel è un vino moderno che si presenta in maniera sobria e pulita, ma secondo me manca un po’ di anima, manca du naturalezza. Mi sembra un po’ costruito…
A parte Beaucastel, che secondo me come produzione al top è anche superiore a Rayas, questa volta non sono d’accordo con te, per quanto concerne il miglior vino bianco del sud della Francia, o almeno limitato al territorio della Valle del Rodano. I Condrieu da vitigno Viognier di Cuilleron (Les Chaillets), di André Perret (Coteau deChéry sur lie per oltre un anno) e di François Villard (Les Terrasses de Pilat) o il Cuvée de l’Orée Hermitage di Chapoutier, con Roussanne e Marsanne, sono anche superiori al Vieilles Vignes di Beaucatel.
@Giancarlo il Riesling della Mosella era del produttore Bernkasteler Doctor per caso? Abbracci.
Si Enrico, solo che per me le zone dell’Hermitage e di Condrieu non sono così meridonali come quelle a cui alludevo nel breve pezzo su Chateauneuf du Pape. Non le ho considerate come zone del sud.
Normalmente sono intese come “Rodano Nord”. L’avessi compreso idealmente ti avrei detto altri nomi come appunto le produzioni di Condrieu che hai citato o anche e soprattutto il mio preferito sull’appellation : Georges Vernay , e poi l’Hermitage blanc di Chave ed infine ma non ultimo il mitico Chateau Grillet di cui ho appena finito di mandare qualche nota a Luciano per qualche prossimo intervento sul tema Nord Rodano . A bientot les amis ;.)
uno a uno : io scopro che tu fai il segno della croce prima di mangiare e tu sai cosa ho bevuto senza esserci: dammi 3 numeri che li gioco al superenalotto, CAZZO. :-))
e ti mando la foto di quello rimasto in bottiglia.
Vista la trasversalità dei post, ma restando in tema come vedrà in seguito, vorrei chiederle un ulteriore consiglio: dovendo riportare la pizza a casa affrontando alla velocità di circa 70/80 km/h due rotonde alla francese che separano la pizzeria da casa mia, come posso fare per evitare la fuoriuscita di sugo e mozzarella dall’incarto?
facile : le rotonde son rotonde ma si possono prendere dritte, facendo attenzione :-))
lancio una idea….sentire parlare di tutti questi vini fa venire voglia di assaggiarli,cosa per me non facile,visti i costi e la non sempre facile reperibilità delle bottiglie.L’idea:perchè non si organizza un giorno una degustazione di 4-5 bottiglie tra quelle consigliate dal GDF in un locale scelto da Luciano.Cosi frazionando il costo tra tutti i partecipanti,ognuno può assaggiare tutti i vini ad un costo accettabile.Che ne dite?
si puo’ fare . pero’ io porto il mio sciamano personale :-))))))))))
sono lieto che l’idea ti sia piaciuta,speriamo si riesca a metterla in pratica.Sullo sciamanesimo ho fatto delle ricerche in passato come pure sull’animismo e il candomblè…..devo fare una bambola con le tue sembianze e riempirla di spilloni? :-)))))))))))))
ti scoppierebbe in faccia, contu’ . con me funzia al contrario :-)
:-D
Le Pied de Samson di Gerge Vernay, oltre non riesco ad andare, almeno in questa denominazione… :-)
Ok, dedicheremo un piccolo post anche a questo Domaine … ;-)
” Cento ettari di terreni vitati con una quindicina di vitigni diversi tra bianchi e rossi. Una produzione dichiarata di oltre 300.000 flaconi “. Ma ci rendiamo conto di cosa significhi questo? Facendo poche e semplici operazioni ci risulta una resa per ettaro estremamente bassa, direi quasi insignificante :tremila bottiglie ad ettaro e cioè duemiladuecentocinquantalitri di vino e cioè poco più di trentacinque quintali di uva ad ettaro!!! Pensate che nella Puglia di qualche anno fa, quando erano ancora in voga i “tendoni” se ne producevano quattrocento quintali ad ettaro !!! E comunque se vogliamo paragonare queste rese ai più rigidi disciplinari di vini di pregio quali, tanto per fare esempi a noi familiari, il Greco, il Fiano ed il Taurasi le rese dello Chateau de Beaucastel rappresentano un terzo delle rese di quest’ultimi. Ma per una persona di esperienza e di cultura vitivinicola, tali dichiarazioni di rese e produzione sono superflue alla vista dei vigneti .Se andate a visitare il sito dello Chateau, ed io l’ho fatto, basta un’occhiata per rendersi conto dello stato di stress a cui sono sottoposte le viti, secondo me nemmeno tanto voluto ma quanto naturale. Il substrato colturale nel quale sono impiantate, è estremamente povero di suo, data la composizione particolarmente pietrosa dei terreni. Tant’è che i titolari di Beaucastel dichiarano di rimpinguare periodicamente i terreni con materiale organico proveniente da letame di pecora misto a vinaccia dell’anno precedente. Dove lo stress è forzato dalla mano dell’uomo, è nelle severe potature ” a vecchio” proprio per prediligere la qualità alla quantità. Mi viene in mente un’immagine di una foto che ho fatto personalmente una settimana fa in una vigna a Taurasi di una grossa azienda dell’ Irpinia, peccato che non la possa postare qui, ma prima o poi la vedrete su Facebook. Su una pianticella di aglianico di tre o quattro anni, secondo me c’erano appesi almeno quindici chili di uva!!! All’anima dei disciplinari a tutela della qualità perseguendo una politica di basse rese per ettaro!!!!
Complimenti Tornatore, finalmente un campano che si rende conto di quanti anni luce sono avanti i vigneron a differenza dei nostri vignaioli nostrani che pensano che in Campania per fare grandi vini ci voleva la benedizione delle DOCG.
@Di Costanzo i vini del Rodano hanno un mercato internazionale,poi scusa come fa un campano come te
che decanta spesso aglianici sovraestratti e da falegname a parlare di sovraestrazioni e vini taglienti ???
Salutoni a tutti da NY