Anselme Selosse e la filosofia del Recoltant èlévateur, diario di una visita eccezionale


Adele Elisabetta Granieri con Anselme Selosse

Adele Elisabetta Granieri con Anselme Selosse

di Adele Elisabetta Granieri

Champagne Anselme Selosse
Ci si approccia a lui con soggezione, quasi timore reverenziale, incrociando quello sguardo intenso, scrutatore e curioso. Sono le 18, orario di consuetudine per le visite, e in cantina siamo una decina: io unica italiana, accompagnata da due amici champenois, poi un’importatrice cinese, un gruppo di tedeschi e un imprenditore americano.

Jacques Selosse e suo figlio Anselme hanno iniziato a vinificare in proprio nel 1974, quando lo Champagne era appannaggio di poche grandi maison e i vigneron che vinificavano le proprie uve invece di venderle rappresentavano un’esigua minoranza. Anselme si forma al Lycée Viticole di Beaune e nel 1980, insieme alla moglie Corinne, succede al padre alla guida dell’azienda.

Il Domaine possiede circa 7,5 ettari, la maggior parte dei quali nella Côte des Blancs, tra i comuni di Avize, Cramant e Mesnil-sur-Oger, per la produzione di Chardonnay, e i restanti nella zona della Montagne de Reims, suddivisi in piccoli appezzamenti tra Aÿ, Ambonnay e Mareuil-sur-Aÿ, per il Pinot Noir.

Anselme è un recoltant manipulant, o meglio, un recoltant élévateur, come lui stesso ama definirsi, disdegnando quel termine che lascia alludere al plasmare, al modificare la materia prima. Il ruolo del vigneron, come egli stesso lo concepisce, è quello di accompagnare il vino nel suo percorso dalla vigna alla bottiglia, intervenendo il meno possibile nelle fasi di trasformazione. Ça va sans dire che l’estrema qualità dell’uva è indispensabile: nelle sue vigne, di età media intorno ai quarant’anni, la resa è molto bassa, meno di un terzo della media della regione.

Anselme ci parla dell’ecosistema della vigna, di come la pianta attinge nutrimento  dal suolo, sotto forma di sali minerali che, addizionati all’acqua, compongono la “Sève”, la linfa vitale. La Sève è ciò che il vigneron deve avere più a cuore, perché è ciò che farà di un vino un grande vino. È l’elemento di trasmissione del terroir: “nel Domaine della Romanée Conti a Vosne Romanée, le “parcelle” di La Romanée Conti, La Romanée, La Richburg, La Tache, La Romanée Saint Vivant sono attaccate una all’altra sul medesimo pianoro, con lo stesso orientamento e la stessa altitudine. Tutti gli elementi sembrano essere omogenei: composizione dell’aria, temperatura, quantità di luce, fotosintesi. La sola differenza proverrà dunque dalla linfa (Sève), con la sua concentrazione, la sua composizione, la sua quantità, i suoi ritmi”.

In cantina la filosofia non-interventista si combina a pratiche di derivazione borgognona, prevedendo la fermentazione in barrique, l’utilizzo di soli lieviti indigeni, il bâtonnage durante la fase di affinamento e l’aggiunta di dosi minime di solforosa e di liqueur d’expédition, perché “la liqueur non deve edulcorare il vino, ma rivelarlo”.

La permanenza sui lieviti varia generalmente tra 3 e 10 anni e il dosaggio avviene esclusivamente con fruttosio puro. Il rémuage è manuale, come anche il dégorgemant, effettuato di volta in volta a seconda degli ordini.

Anselme Selosse

Anselme Selosse

Champagne Anselme Selosse
La degustazione è una conversazione sul senso dell’armonia, quale fusione, congiunzione di più parti dalle proporzioni perfette. L’armonia rappresenta l’elemento chiave della piacevolezza di un vino e può essere ottenuta solo rispettando l’equilibrio stabilito dalla natura.

“L’uomo possiede un’intrinseca necessità di controllare, di imporre la propria visione. Un bravo vigneron deve saper servire la natura, piuttosto che intervenire a modificarla: come un gallerista, il cui ruolo consiste nell’aggiungere una cornice e disporre nel modo più accattivante possibile un quadro già compiuto”, racconta Anselme, disponendo alcuni calici di forme e dimensioni differenti su un solido tavolo di legno grezzo, unico arredo della cantina. Le bottiglie non sono etichettate, solo qualche cifra e lettera abbozzate a mano in bianco. Qualche assaggio dei vins clairs da botte e poi gli Champagnes, tutti con il dégorgement à la volée effettuato da Anselme davanti a noi.

Champagne Selosse

Champagne Selosse

Il primo vino in degustazione è
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Initial
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Chardonnay frutto dell’assemblaggio di tre annate, di cui circa il 55% proviene dalla vendemmia base ed il restante 45% da altre due annate. Dopo l’imbottigliamento, le bottiglie vengono spostate e riaccatastate per due volte, per favorire la risalita dei lieviti in sospensione, fino al dègorgement, che avviene dopo circa 30 mesi. Profuma di agrumi, spezie orientali e pan brioche, con una leggera nota ossidativa ed accenni iodati a dare profondità. Il sorso ampio, con piacevoli ritorni agrumati e speziati ed un bel finale sapido.

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V.O. (Version Originale)
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un altro Blanc de Blancs di Avize non dosato, frutto dell’assemblaggio di tre differenti annate, ma che sosta almeno quattro anni sui lieviti e le cui bottiglie vengono spostate e riaccatastate per tre volte. Profuma di burro e mela cotogna, poi delicati accenni di noce moscata e legni orientali. In bocca è austero, si concede poco a poco, si fa apprezzare per la bolla finissima e poi diventa vino, materico, pieno, sapido.

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Les Carelles
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Chardonnay non dosato, dal singolo vigneto che Anselme possiede nel celebre villaggio di Le Mesnil sur Oger, Grand Cru nella parte meridionale della Côte des Blancs, vinificato ed elevato in barrique, subisce periodici scuotimenti della bottiglia, al fine di rimetterne in sospensione i lieviti. È l’assemblaggio di tre annate lasciate riposare seguendo una sorta di metodo mini-Solera. Offre un corredo olfattivo variegato e stratificato, che va dalle note di burro e crema pasticciera ai nitidi sentori di gelso, arricchendosi di ricordi affumicati, di incenso e chiodi di garofano. In bocca non cela le note ossidative, equilibrate da una freschezza quasi citrina, dalla materia vigorosa e dal lungo finale sapido.

Champagne Selosse

Champagne Selosse

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Champagne Anselme Selosse
D
alla vigna Grand Cru di Mareuil-sur-Ay, parcella con terreno ricco di magnesio, proviene Sous Le Mont: Pinot Noir non dosato, frutto di fermentazione in barrique di rovere e sosta sui lieviti per almeno 6 anni, con i consueti scuotimenti per riattivare i lieviti.
Note di fiori di campo e frutta secca, biscotti alla cannella e tabacco, poi frutti rossi disidratati e muschio. Il sorso è materico, in tensione vibrante, arricchito da una generosa vena minerale.

Sono le 20, i tedeschi e l’imprenditore americano hanno una prenotazione per cena e vanno via. La visita sembra finita, ma, dopo un rapido saluto, Anselme si allontana e ritorna con il Millésime 2005. Un Blanc de Blancs Grand Cru di Avize dalla profondità olfattiva impressionante: sa di brioche burrosa e cedro candito, poi il tè nero, un tocco di cannella e delicati richiami di cenere, infine, prepotente, il gesso. Tutto è un turbinio in continua evoluzione, degno preludio di un sorso dirompente, che quando pensi di aver decifrato, cambia, si rivoluziona, e ti stupisce ancora.

L’importatrice asiatica va via, noi ci accingiamo a salutare, quando il padrone di casa ci chiede di attendere. Qualche minuto in cui rimaniamo soli et voilà, il Millésime 2002. “È bene che siate voi ad assaggiarlo, perché chi non vive il Mediterraneo non può capire questo vino”, commenta Anselme. Ebbene, in quel calice ci sono i fichi d’India, il miele di castagno, la scorza d’arancia e la mandorla tostata, seguono profondi richiami di sottobosco e ancora una nota che va tra l’affumicato e il resinoso, che ricorda l’aroma delle pigne chiuse messe a scaldarsi vicino al camino. Sarà che viene dopo cinque calici, manco a dirlo, gustati fino all’ultima goccia, sarà per quei velati ricordi d’incenso, ma quel sorso è stato per me un’esperienza al limite del mistico. Un vino che definirei “eclatante”, richiamando il corrispettivo francese “éclat”: splendore, lucentezza, fascino.
Champagne Anselme Selosse

4 Commenti

  1. Sono di parte,sono mediterraneo,ma la descrizione del duemila due ,complici sicuramente i sentori a noi comuni(ricordi d’infanzia come le pigne verdi messe a scaldare sulla brace per tirarne fuori i pinoli a Natale)si avvicina alla grande poesia.Cosa aggiungere sui Selosse ?Semplicemente mitici sopratutto negli Champagne a bacca bianca .Associo i miei più sentiti complimenti a quelli di Enrico concludendo con una gentile richiesta Interpretando ,credo,il desiderio di tanti:non lesini i suoi sempre interessantissimi post .Grazie e a….presto FM.

  2. Complimenti Adele un bellissimo articolo molto delicato. Tanta invidia per aver visitato la famiglia Selosse. Speriamo Anselme torni presto in Irpinia..

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