Cetara, ristorante San Pietro
Piazza San Francesco, 2
Tel.089.261091
Chiuso il martedì, mai in estate. www.sanpietroristorante.it
Ferie tra gennaio e febbraio
Senza scosse o vuoti d’aria, continua il miracolo cetarese di cui godremo ancora molti anni vista l’età dei protagonisti. Materia prima di assoluto valore, tecnica leggera, eterea, proposte classiche e tanto divertimento, rapporto tra qualità e prezzo difficilmente eguagliabile in Italia fatta eccezione per la Sicilia dove i costi generali sono più bassi. Dall’ultima recensione scritta siamo tornati innumerevoli volte nello storico locale di Francesco Tammaro e sempre, sempre, abbiamo trovato una idea nuova, un guizzo, un’attenzione alla carta, che gli ha consentito di tenere bene il passo con l’evoluzione gastronomica italiana.
Quando si viene qui si baciano la semplicità delle ricette, l’esaltazione del prodotto di mare, il giusto aggancio non nozionistico con il territorio della Costiera Amalfitana, una buona e profonda carta dei vini dove la Campania è ampiamente rappresentata, arricchita da spunti bianchi altotesini e siciliani e qualche bollicina francese. Ma quello che ci spinge a questa nuova segnalazione è il riordino generale del menu, prima di fatto inesistente giacché era buona regola affidarsi alla disponibilità delle materie prime e alla programmazione della cucina, così come si dovrebbe fare sempre quando si fa in un ristorante o in una trattoria. E’ il trionfo del bianco mangiare, delle acidità e della sapidità: un testacoda antico e moderno incredibile che regala sfizio al palato e ristoro al corpo perché ci si alza leggeri come fringuelli.
Ecco vediamo: allora si apre con la Tradizione Cetarese in cui trovi il carpaccio di pesce azzurro (specificato: tonno, plalamite, attirata, sauro, sarda, alici e bandiera), il mitico vermicello con la colatura di alici o il sedanino con la genovese di tonno, il pacchero con alici fresche e finocchietto, il risotto con la bottarga, la caponata di tonno, la frittura di alici, lo spumone e il pasticciotto. Abbiamo poi il menu Tradizionale, ossia quello turistico, con gli intramontabili della ristorazione anni ’60 e ’70 dell’Italietta del boom che scopriva il piacere a la possibilità di mangiare vuori a cena o a pranzo la domenica: insalata di mare, tubetti con pesce di scoglio, paccheri con crostacei, spaghetti alle vongole, zuppa di pesce, frittura di paranza. Finito? Macchè: vai con il menu Creativo con il crudo di alici e sfusato Amalfitano, la soppressata di polipo, il soufflé di scoglio, il soufflé di spaghetti, la lasagnetta con pesto cetarese, involtino di tonno, parmigiana di pesce rovesciata (ad essere avvolte sono le melanzane), lo scomposto di millefoglie tra i dolci. E ancora quelli per celiaci, il vegetariano e quello degustazione a 45 euro con cinque piccolli antipastini, due primi, un secondo e un dolce. Si finisce volendo anche con quattro formaggi a scelta del territorio.
Il conto varia a seconda del costo del pescato del giorno, comunque se prendi un antipasto e un primo o un secondo con dolce non si superano i 30 euro. Un pasto completo viaggia tra i 45 e i 50. Il vantaggio di questa carta è evidente per chi viene una tantum, avere cioé la possibilità di orientarsi e questo è molto importante soprattutto per gli stranieri che affollano il locale.
Visita del 17 gennaio 2005. Francesco Tammaro vi accoglie nel suo locale da poco ristrutturato, un romantico terrazzino affacciato sulla piazza del paese, con piatti di ricerca popolare ma serviti in maniera moderna. I sapori sono quelli di territorio, anche se decisamente aggiornati dalle novità come ad esempio il provolone del monaco di Vico. Ma i percorsi sono due: classico per chi si aspetta il classico, classico rivisitato per quei palati in cerca di divertimenti e soprattutto di curiosità culturali. Così da quando con il suocero Luigi aprì questo ristorante nel 1980 ne è stata fatta di strada.
Come ci racconta il cognato Bruno, che collabora in cucina, allora per trovare un po’ di colatura di alici da proporre ai clienti bisognava rivolgersi alle massaie che la conservavano in piccole bottiglie appese sui balconi. All’epoca l’idea era quella della trattoria fuoriporta e non a caso i salernitani hanno sempre amato molto il San Pietro di Cetara trovando qui quello che avevano perso dopo la piallata gastronomica subita dalle loro papille negli anni Ottanta. La capacità di Francesco è stata quella di aggiornarsi, studiare, girare: così il locale, lentamente e costantemente, soprattutto dopo la ristrutturazione, si è mantenuto al passo con le necessità culturali dell’ultima rivoluzione gastronomica italiana. Tonno e alici, insomma, qui sono sempre stati di casa.
E oggi, la zuppetta di farro e vongole ormai è un classico, la parmigiana di alici da non perdere, la cottura della tagliata di tonno praticamente perfetta, l’antipasto degustazione di tonno un must. Discreta la ricerca dei formaggi, ottima l’esecuzione dei piatti, superlativa la scelta della materia prima. I classici dei classici poi non si discutono: spaghetti con i frutti di mare, le fritture, i sauté, l’impepata di cozze, le cotture al forno e all’acquapazza del San Pietro, sono i Propilei della cucina partenopea, soprattutto perché ormai molti ristoratori non sono più in condizione, o non hanno la voglia, di riproporli come si deve. Il mio segno doppio, gemellare, si intriga in questo locale dai due volti, passato consolidato e futuro da vivere, piatti dell’infanzia e ricette da giocare, esecuzione di una classica melodia napoletana e Pink Floyd. Tutto, purché fatto al massimo livello. La cantina presenta buone scelte locali, regionali e qualche incursione nazionale. Sui 30 euro.
Come si arriva
Da Napoli prendere l’autostrada per Salerno e uscire a Vietri sul Mare. Imboccare la Statale Amalfitana ben indicata e fermarsi appena possibile a Cetara. Al porto c’è un comodo parcheggio a pagamento. Da Amalfi e Positano bisogna andare in direzione Salerno. Con la barca c’è la possibilità di attraccare nel porto, ben organizzato.