A Guarene l’avanguardia di Gabriele Boffa
di Monica Caradonna
È tornato a casa Gabriele Boffa, ma non prima di aver girato il mondo. E torna a Guarene, lui che è di Alba. «Qui ho un’identità più forte. Qui ci sono le mie colline – racconta – c’è la terra che amo e qui riesco a dare il meglio di me. Ho sempre pensato che sarei tornato, anche se sento di dover vivere almeno altre tre vite».
Gabriele, trent’anni compiuti a luglio, testardo e determinato, ambizioso – certificato dal suo segno zodiacale-, un Leone nell’animo e in cucina, è tornato a casa e porta con sé un bagaglio di cucine da far accapponare la pelle. È quell’avanguardia in giacca bianca che in Italia sta facendo aumentare l’attenzione verso un collettivo di giovani chef emergenti che sono figli di valigie e timbri sul passaporto. Ognuno, poi, in fondo, è ciò che è stato e lavorare nelle cucine di mezzo mondo ha formato l’identità di Gabriele che, tornato nelle Langhe, sigla uno stile contemporaneo che è soltanto suo.
A Guarene, nel Castello, nato dal sogno realizzato di Carlo Giacinto Roero, dove la vista è mozzafiato, Gabriele ha tirato una linea e ha ricominciato daccapo. A modo suo.
C’è un menù che riporta alla tradizione e ce n’è uno che è pura modernità. Ma anche la tradizione è nella cifra creativa dello chef trentenne. «Prendi l’Albese – spiega – è un piatto che puoi trovare in qualunque trattoria, ma nessuno lo fa con il grasso del vitello sopra e con l’olio di nocciole. Questo è solo mio».
Una rimessa in gioco di una tradizione alla quale non è possibile e non sarebbe etico rinunciare. A questa però si associa l’identità di Gabriele Boffa, frutto dei suoi viaggi e del vivere al fianco di chef che, ciascuno a suo modo, hanno lasciato un segno nel tratto di Boffa in cucina. «Senza dubbio – continua lo chef di Castello di Guarene – Scabin mi ha insegnato cosa sia la creatività, Piazza Duomo e Mugaritz sono stati una palestra per professionalità e rigore, da Pujol, in Messico ho acquisito la pulizia e la precisione in cucina». Ma nell’esperienza di Gabriele Boffa ci sono anche Yannick Alléno, Andrea Ribaldone, c’è l’Alsazia e c’è il Brasile di Lasai. E non in fugaci stage di non più di quindici giorni. Per niente! Sono stati percorsi intensi, fatti di fatica e di abnegazione. E tutto, oggi, convive nella sua personalità di uomo che non si pone limiti, ma che sa bene che a fine mese deve raggiungere dei risultati.
Il suo destino probabilmente era segnato già nella storia della sua famiglia. Due nonne che si sono distinte come ottime cuoche, uno zio pasticcere e un cugino che a Barbaresco aveva un ristante stellato. La scelta sbagliata della scuola superiore. Dopo il primo anno passato sui libri per diventare perito meccanico, la folgorazione e la scelta di proseguire gli studi all’istituto alberghiero. Una passione che è cresciuta con lui e che con lui si è modificata, è maturata. «Mi piace lavorare sui prodotti, sulla terra e vorrei far qualcosa per far crescere questa zona, rinnovandola». Il processo è ormai in atto. E lui lo sta già facendo. Nei suoi piatti pochi elementi, ma molto elaborati. E così succede che la salsa del ceviche è il risultato di trenta ingredienti in indimenticabile armonia, o il risotto con acqua di carote e anguilla che trova una struttura e una personalità indelebili con l’olio essenziale di pepe rosa fatto da Gabriele.
Nelle Langhe, tra Asti fino a Barolo, la rivoluzione è ormai iniziata e il vitello tonnato, se passa dalle mani di Gabriele non sarà mai più lo stesso, ma sarà pur sempre nel nome di una tradizione mai tradita.
Castello di Guarene
Via Alessandro Roero, 2
12050 Guarene CN