Caserta, ristorante Le Chef di Matteo Iannaccone
Via Marchesiello 159/D Zona Parco Cerasole
Tel. 0823.1707103
www.ristorantelechef.com
Chiuso domenica sera e lunedì
Ci sono due considerazioni da fare prima di presentarvi questo locale aperto ormai da quasi due anni e consolidato a Caserta. La prima è che da sempre il grande nemico della ristorazione di qualità è la rendita edilizia che costringe chi vuole aprire al centro a sobbarcarsi di costi enormi finendo spesso per lavorare in nome e per conto dei proprietari dei locali. La seconda è che ormai il fenomeno dei giovani trentenni che si affacciano alla ristorazione di qualità è sicuramente una tendenza di cui bisogna tenere conto nella valutazione complessiva della gastronomia di un territorio. Soprattutto in Campania dove ormai sono quasi una ventina i giovani al lavoro nei propri ristoranti.
La conseguenza di questi due assunti è che gli appassionati devono abituarsi sempre di più all’idea che per mangiare bene bisogna spostarsi: nei paesi dell’hinterland delle grandi città, in campagna, oppure in periferia dove tra brutture edilizie anni ’60 e ’70, spesso in degrado, spuntano posti con hotellerie essenziale, ben curati, dove è piacevole trascorrere una serata.
Antesignana di questa tendenza è stata Taverna Estia a Brusciano, ma adesso non si contano più i posti gourmet lontani dal centro. Matteo Iannacone è il primo a muoversi in questo modo a Caserta, capoluogo con uno dei monumenti più importanti del mondo che paragono a una bella donna incapace però di gestire il proprio aspetto o a una eredità dilapidata allegramente.
Solo utilizzando al meglio la Reggia, ciascun casertano potrebbe vivere di agio e ricchezza. Ma tant’è, le cose sono andate diversamente e Cenerentola invece di fare la principessa è finita a fare la sguattera in una zucca.
Fuor di metafora, vi dico che la visita a questo ristorante vale da sola il viaggio. Il motivo è la possibilità di fare una buona e vivace esperienza gastronomica che non gioca sulle forme, ma sulla sostanza di una tecnica acquisita in dieci anni di lavoro in giro per le cucine italiane ed europee tra cui citiamo un anno a Plaza Athenee con Ducasse dove si imparano i fondamentali dell’organizzazione di una cucina, Perbellini e Heinz Beck, il panzer che ha scelto Matteo come sous chef a Le Paillotes di Pescara dove è arrivata la stella di mare in Abruzzo. Avevamo già incrociato la cucina di questo ragazzo all’Antica Trattoria di Sorrento, vero porto di accoglienza territoriale dei giovani talenti campani che hanno voglia di tornare a misurarsi con la straordinaria materia prima regionale.
La cucina di Matteo è dunque dotata di buona tecnica, la creatività dei piatti nasce dalla esperienza accumulata in questi anni come dalla tradizione classica campana i cui prodotti sono esaltati molto bene. Ogni presentazione ha un suo motivo estetico preciso e divertito. I sapori sono netti precisi, si gioca di consistenza, di acidità o, di converso, di allungo con note fumè. Come tutti i cuochi di giovane generazione, Matteo si esalta soprattutto con le verdure e il pesce.
La scelta del pane e le chips di patate gialle e viola già sono un segnale inequivocabile di scuola e di un menu non improvvisato.
La mise en place è da bistrot, la nuova frontiera della cucina di qualità dove è possibile mangiare con una cifra che oscilla tra i 30 e i 40 euro. Ed infatti, siamo di domenica a pranzo, la sala e piena. Proviamo insieme ad Antonella Amodio i vini de Il Verro, la nuova cantina di Formicola centrata sui vitigni locali dell’Alto Casertano in cui è subentrato Vincenzo Mercurio da quest’anno. Direbbe il buon Lello Tornatore, esempio classico di ottimizzazione:-)
Ecco un esempio classico in cui un sapore antico, il soffritto, sposa un ortaggio trattato in maniera essenziale, utilizzato in questo caso per ripulire il palato. Un’idea semplice che presuppone la buona conoscenza degli equilibri da costruire e da smantellare nel palato. Anche esempio di come il gourmet e il semplice appassionato si possano incontrare senza difficoltà quando ci sono scuola ed esperienza.
Discorso simile, ossia di compensazione, in quest’altro apetizer
Molto buoni i bianchi del Verro. Il Coda di Pecora, antico vitigno regionale rilanciato dal Verro, si accompagna alla perfezione a questa cucina. La necessità di buon vino bianco dilaga sulle tavole campane anche, soprattutto, quando non si tratta di cucina marinara.
In questo semplice piatto la materia è esaltata dalla tecnica di frittura e dalla cottura del pomodoro che concentra il sapore conservando perfettamente umidità e consistenza con l’acidità necessaria a ripulire la bocca dal dolce della ricotta.
Buona, anche se ordinaria, l’esecuzione della capesanta, l’inutile mollusco guadagna con l’immersione nella salsa di zucca.
Buon guizzo, invece, tra polpo e verza, sempre umiliata dalla eccessiva cottura tradizionale e invece dotata di grandi proprietà rinfrescanti se scottata o addirittura usata cruda. In questo caso allunga bene il polpo in bocca esaltandone anche la pelle leggermente caramellata.
La carbonara con il conciato romano è un bell’omaggio al maestro Heinz con una simpatica declinazione di territorio. Da sempre pensiamo che il formaggio della famiglia Lombardi deve essere usato come esaltatore di sapore.
Ottimo esercizio di stile con consistenze e allungo fumé in questo primo per golosi professionisti.
Il reparto dolci va invece un po’ aggiustato in freschezza e leggerezza anche se sappiamo bene che il gusto della clientela, soprattutto della nostra regione, ama il dolce senza se e senza ma. Un buon compromesso allora è giocare sul salato o sull’alleggerimento con la frutta e gli stessi ortaggi. Il Cheese Cake, ad esempio, ci è piaciuto proprio perché non è stopposamente dolce, ma non bisogna dimenticarsi delle acidità anche nell’ultima parte del pranzo.
In conclusione, possiamo dire che Matteo, come numerosi suoi coetanei, ha messo a frutto la grande esperienza accumalata in dieci anni. Quando vediamo questi ragazzi, la loro capacità di fare sacrifici e di aggiornarsi, quasi non sembra di stare in Italia: è una gioia perché ora sappiamo che questa nuova generazione è in grado di ereditare il lavoro fatto dai predecessori in questi anni.
Loro forse hanno un vantaggio psicologico rispetto ai quarantenni, formati negli anni del boom dei ristoranti e che hanno dovuto rimodulare il proprio lavoro alla luce della crisi. I venti-trentenni, invece, sono già figli della recessione, affrontano sicuramente più difficoltà e spesso sono costretti a partire bassi, guardando con attenzione ai costi. Ma questo che potrebbe sembrare un limite può diventare un grande trampolino di lancio, rendendo finalmente popolare l’alta ristorazione che nell’immaginario collettivo italiano deve essere per forza legata a conti proibitivi.
Non è così, è questa giovane e vivace cucina casertana lo dimostra.
Un ultima nota: la voglia di tornare fa parte del nostro dna ed è un sentimento bello e nobile. Avere le radici rafforza la navigazione difficile della vita, purché si continui a girare, ad aggiornarsi per crescere e non pensare mai di essere arrivati.
Ma forse, in fondo, questo è il segreto della vita. Non solo di una buona cucina.
Un commento
I commenti sono chiusi.
Luciano, sono pienamente d’accordo con te sulla descrizione di questo giovane e talentuoso chef, Matteo Iannacone e della sua cucina di sostanza.