Cantina Sclavia a Liberi: pallagrello e casavecchia partono con il botto
Le doghe basculanti delle nuova cantina dell’azienda Sclavia consentono di regolare l’ingresso di luce in base alla necessità e così, in un certo senso, lo spazio di visibilità sulla natura che la circonda.
Ed essendo in legno, insieme al vetro, si fondono perfettamente con questo ambiente. Non potrebbe essere diversamente dato il territorio incontaminato in cui si colloca qui a Liberi, in provincia di Caserta.
E che non si cada nei classici cliché dei vini “più importanti” o “da collezionare” perché quello che vince oggi, finalmente, è il territorio, dunque la tipicità mista all’unicità di quel vitigno per un vino che si abbina alla perfezione ai prodotti di quel posto e a quelle ricette. Il vino migliore è quello che oggi soddisfa la mia voglia anche in base all’abbinamento che mi accingo a fare!
Ed è esattamente in questa cornice che si colloca questa azienda relativamente giovane nata dal sogno di Andrea Granito di tornare in campagna sul calesse; così nel 2003 compra un terreno a Liberi e vi impianta i vitigni autoctoni Pallagrello e Casavecchia, “questi sconosciuti”, considerando che solo nei primi anni del Duemila sono stati inseriti nel Catalogo nazionale delle uve da vino grazie al lavoro dell’avvocato Mancini iniziato nel 1997. Il percorso per raggiungere Sclavia è un po’ tortuoso ma è il prezzo da pagare per immergersi nella pace della campagna più vera; una volta arrivati è proprio il calesse ad accoglierti all’ingresso dell’azienda per poi lasciare spazio ad una cantina certamente moderna, essenziale ma funzionale.
Granito è stato poi affiancato dai soci Lello Ferrara e i fratelli Pasquale e Fortuna Mormile per un’azienda che conta circa 14 ettari e che oggi si è allargata aprendosi alla nuova generazione con Lucia Ferrara, Andrea Cardillo e Carmen Granito, i quali si avvalgono dell’aiuto dell’agronomo Pappalardo e l’enologa Anna della Porta.
Inaugurazione con una degustazione organizzata da Miriade& Partners e guidata da Luciano Pignataro (la seconda dopo quella fatta all’inizio dell’estate dei quattro vini Sclavia al Don Alfonso) partita con il bianco “Calu’” IGP Terre del Volturno (Pallagrello bianco 85%; Fiano 15%), annata 2014 che offre note fragranti al naso: mela, camomilla ma anche un tocco di miele ed erbette mediterranee. Una buona sapidità lo rende perfetto a tavola.
Passiamo poi al “Montecardillo” IGP Terre del Volturno, Pallagrello nero, annata 2012. Il Pallagrello è un vitigno raro: dalla bacca bianca e rossa; il grappolo è molto serrato e per questo richiede un’ottima ventilazione, caratteristica fondamentale di quest’area. Affina circa 12 mesi in barrique di rovere francese. Al naso si sente l’uva rossa “croccante”, un tocco di vegetali scuri e una bella nota di pepe nero. Un vino senza spigoli che ancora una volta si presta all’abbinamento dei piatti del territorio.
Infine il Casavecchia, bacca rossa, dal grappolo assolutamente spargolo e che immediatamente si riconosce a confronto con il Pallagrello. Sclavia partecipa alla sua riscoperta producendo 2 vini di cui abbiamo degustato l’annata 2012: il “Granito” IGP Terre del Volturno che affina circa 12 mesi in barrique di rovere francese e presenta un colore violaceo, con note di sottobosco e una leggera speziatura. Bel corpo e media la persistenza. Infine il “Liberi” DOP Casavecchia di Pontelatone che in barrique di rovere francese affina per circa 24 mesi. Si presenta compatto e ancora molto giovane per apprezzarne la complessità che potrà regalare. Concentrato e caldo, è un vino deciso che lascia la sua impronta.
Per tutti i vini è prevista fermentazione in acciaio.
La serata si è conclusa con i piatti di Rosanna Marziale (del ristorante Le Colonne) e Renato Martino (Il Vairo del Volturno). Gli chef hanno dato conferma del proprio talento e del legame con un territorio non sempre facile ma che hanno saputo interpretare alla grande ad esempio grazie all’uso della bufala in tutte le sue possibili declinazioni in tempi, ormai passati, in cui ci si fermava alla mitica mozzarella e poco più.
www.sclavia.com
Enologa: Anna Della Porta
Agronomo: Sergio Pappalardo
Uve: pallagrello e casavecchia
Ettari: 14 di proprietà
2 Commenti
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Personalmente ho apprezzato il Calu e il Granito.Ritengo il Montecardillo un po’ acerbo mentre il Liberi troppo caldo.Ma al di la di tutto rimane la cosa più importante:un progetto ben realizzato anche se da mettere a punto che di sicuro darà ,in un futuro prossimo ,grandi risultati.Dico questo a ragion veduta :l’impianto delle belle vigne .la determinazione e la preparazione di enologa ed agronomo.Ad Maiora. Qualche parola in fine sull’ottima organizzazione di Miriade & Partener e dei grandi Renato e Rosanna che bene hanno saputo onorare il vino con piatti a base di prodotti di bufala in questo maestri essendo stati tra i primi a proporli.PS.A proposito di questi vitigni è giusto parlare di Peppe Mancini,ma,per completezza,bisognerebbe aggiungere anche il nome dell’avvocato Barletta,che pare,sia stato il primo a partorire l’idea del recupero di Pallagrello e Casavecchia.
Azienda con un sicuro avvenire. “Location” rara anche per la Campania. L’agronomo e l’enologa, giovani, entusiasti e preparati. Gentilissimi i proprietari. Bella degustazione condotta da Luciano.
Certo non c’è ancora lo storico per valutare l’evoluzione dei vini. Però con le future annate, ci sono ancora margini di miglioramento. Beverino il Calu, connotato da una spiccata sapidità. Il Montecardillo con tannini ben presenti. Il Liberi con una leggera predominanza del legno.