Camillo Langone racconta Arnaldo a Rubiera: cucina emiliana vintage
Ancora un locale di cucina di tradizione raccontato dallo scrittore ieri sul Giornale. Buona lettura
di Camillo Langone
L’Incontentabile è andato a Rubiera apposta per il carrello dei bolliti, ma non sapeva che questo, oltre a mantenere alla giusta temperatura testina, lingua, zampone, ripieno, manzo e gallina, fosse anche una macchina del tempo. Appena entrato in sala, alla vista di arredi pittoreschi, piatti col nome del ristorante e cameriere in grembiule, e soprattutto del famoso carrello, si è ritrovato in pieno 1974, grande annata battistiana e, per restare in Emilia, gucciniana, e inoltre l’anno del ritorno di Gorni Kramer.
Insieme a Mina e a Raffaella Carrà il musicista mantovano cantò “Crapa pelada” e fu un momento supremo di televisione (chi per motivi anagrafici l’avesse perso vada subito a cercarlo su Youtube), oltre che un bel ripasso di cucina padana. Vi ricordate il testo? “Crapa pelada la fa i turtei / ghe ne dà minga ai soi fradei…”. Gli eredi di Arnaldo sono più generosi di Crapa pelada e i tortelli li danno eccome: d’erba, di zucca e di ricotta.
Sono soltanto tre piatti di una lunga lista quasi integralmente tradizionale e territoriale. C’è una monumentale mortadella, ci sono i ciccioli (per chi se la sente), c’è l’erbazzone, c’è la pasta rasa, ci sono le tagliatelle al ragù (scritto “ragout” come si usava allora nei ristoranti eleganti), c’è perfino la cotoletta alla bolognese (stessa avvertenza dei ciccioli, per l’ingorgo di proteine), poi ci sono zuppa inglese, budino della nonna, torta di riso, pere e zabaione, insomma c’è il ricco repertorio del pranzo della domenica di quarant’anni fa e quindi c’è pure il rischio di commuoversi.
Arnaldo è un indirizzo per nostalgici e reazionari, per chi ancora maledice la nouvelle cuisine colpevole di avere abbreviato le cotture e ridotto le porzioni. Arnaldo è vieille cuisine orgogliosa, un pezzo di storia fissato nell’ambra, memoria del ’74 gastronomico ma pure del ’64, del ’54… Dalla sua fondazione nel 1936, guarda caso proprio l’anno in cui Kramer musicò “Crapa pelada”, qualcosa sicuramente sarà cambiato: ma cosa?
Forse al posto del filetto al Cognac ci sarà stato, in ossequio all’autarchia fascista, il filetto all’Arzente (così Gabriele D’Annunzio amava chiamare l’italico brandy). Ma sono dettagli, gli altri piatti appaiono nei secoli fedeli, come carabinieri. A cominciare dalla celeberrima spugnolata che arriva in tavola con velocità inquietante, forse a un minuto dall’ordine, ed è una colata di besciamella che nasconde una lasagna fumosa e fungosa.
L’Incontentabile non vi ha percepito la presenza delle spugnole che danno il nome al piatto: i frammenti marroni potevano anche essere porcini ma non può giurarlo perché stracottura, calore ustionante e lava burrosa gli hanno mandato in confusione vista e papille. Gualtiero Marchesi, che avendo introdotto la nuova cucina in Italia molti clienti di Arnaldo vorrebbero affogare in un gigantesco raviolo aperto, già negli anni Ottanta giudicava la besciamella “sorpassata, per via di quel suo gusto senza sfumature, che non promette emozioni”.
Eppure qui a Rubiera, a giudicare dalla sala affollata e spugnoleggiante, la vecchia besciamella qualche sussulto ancora lo procura. L’Incontentabile per le pietanze folcloristiche ed eccessive non ha il fisico, e si rifugia nei cappelletti in brodo: buoni i cappelletti, piccolissimi e forse per questo senza buco, e buono pure il brodo. Ma eccoci al vero motivo della visita: spinto da un trinciante incravattato avanza sulle sue ruotine, facendosi largo fra il carrello degli antipasti e quello dei dolci (a Rubiera i carrelli abbondano), il carrello dei bolliti, macchina del tempo e del gusto qui preservata meritevolmente dall’estinzione. Tanto iconico quanto obsoleto perché poco maneggevole e poco remunerativo, inadatto a una ristorazione sempre più pescetariana.
Oggi in Emilia ci sono forse più lontre che carrelli dei bolliti e anche questi ultimi meriterebbero le attenzioni del WWF. Assieme ai tagli bovini e suini vengono serviti purè, mostarde e salse piene di uova siccome la leggerezza da Arnaldo non è di casa. “Vuole i fagioloni con le cotiche?” chiede con involontaria comicità una cameriera ingrembiulata, ed è l’unico lampo in un servizio di routine. No, niente fagioloni e niente cotiche anche se con l’aiuto del lambrusco forse si poteva superare perfino questa prova.
Rubiera è reggiana però al confine con Modena ed è giusto provare i migliori lambruschi dei rispettivi territori quindi il Concerto di Medici per quanto riguarda la sinistra Secchia e il Vecchia Modena Premium di Chiarli per la destra del fiume che costituisce il confine tra le due province. Il primo piace a chi non piace il lambrusco e pertanto non all’Incontentabile che il lambrusco lo esige brusco, come da nome, e non così morbidone e fruttatone, mentre il secondo è un Sorbara in purezza anzi il campione dei Sorbara in purezza, la quintessenza della lambruschità.
Concludendo: ristorante consigliatissimo agli amanti della cucina massimalista e vintage, e tiepidamente suggerito a tutti gli altri che comunque dovranno essere accorti al momento dell’ordinazione (innanzitutto no spugnolata). L’Incontentabile la prossima volta si limiterà a un brodo coi quadrettini e a un pezzo di gallina bollita, senza salse, per uscire subito dopo nella nebbia, a passeggiare in tabarro sotto i portici del paese.
Arnaldo
www.clinicagastronomica.net
Piazza XXIV Maggio 3, Rubiera (Reggio Emilia)
Orari e contatti
Chiuso lunedì a pranzo
Telefono 0522.626124
Piatti perfetti
Cappelletti in brodo
Bollito misto
Pere con lo zabaione
3 Commenti
I commenti sono chiusi.
Come ho già avuto modo di dire diverso tempo fa. Arnaldo e’ un luogo assolutamente dimenticabile, ormai. Ho fatto una settimana di lavoro saltando da Parini alla maialata, da una cena in un bistrot con Uliassi( non da, con) parlando di cucina, ho fatto un viaggio in treno con Cedroni parlando dei massimi sistemi gastronomici( passando da Pesaro anche dei Minimi) sono andato da Bottura la sera ma a pranzo ero all’Altra Isola di Milano, grandissima tradizione, dove un cinese fa il miglior ossobuco con risotto dell’orbe terracqueo. Questo per dire che certo non ho alcuna prevenzione verso la cucina di territorio. Ma alla clinica gastronomica fanno cibo stanco, lessi banali e di qualità appena tollerabile. Due dei tre piatti perfetti per me sono da 10/20, insufficienti. Del resto l’affermazione finale del recensore mi pare di lampante chiarezza. Per quanto mi riguarda il mio consiglio e’: non andateci proprio!
Complimenti a Giancarlo Maffi per le frequentazioni della sua dura “settimana di lavoro” (c’è chi può). Condivido il giudizio sull’Altra Isola. Ringrazio per aver potuto leggere il pezzo, bello come sempre, di Langone – reazionario professo in politica come in cucina -,senza acquistare il Giornale.
Come pensavo, Giancarlo, a saperlo leggere il Camillo Langone può essere anche piacevole. L’unico difetto della lettura (rigorosamente online, ci mancherebbe!) è quel vago sentore di incenso e candele che mi rimane in testa… ;-)