Cambiamento climatico? Ora più che mai c’è bisogno di enologi


Riccardo Cotarella

di Riccardo Cotarella

La vendemmia 2024 si presenta come una delle più impegnative degli ultimi anni, condizionata da una significativa trasversalità meteorologica che ha messo alla prova i viticoltori italiani da nord a sud. Il clima impazzito di questo anno, unito alle sfide poste dai mercati nazionali e internazionali in tensione, chiede agli enologi un impegno ancora più importante di sempre. Se da un lato osserviamo un contesto economico mondiale segnato da guerre, conflitti sociali e crisi di varia natura, dall’altro la vitivinicoltura si trova ad affrontare problematiche ambientali senza precedenti.
Eppure, proprio in questa stagione climaticamente complessa, noi enologi stiamo dimostrando che il nostro ruolo va ben oltre la semplice tecnica: rappresentiamo il ponte tra la natura e l’eccellenza vinicola, una garanzia di qualità che solo competenza, esperienza e passione possono offrire. In particolare, la vendemmia di quest’anno si inserisce in un quadro meteorologico estremo come avete modo di leggere nell’ampio servizio che l’Enologo ha dedicato in questo numero sull’argomento. Questa instabilità climatica ha influito inevitabilmente sulla produzione delle uve. Le varietà più precoci, in alcune zone, sono state raccolte con rese inferiori e una qualità segnata dalle condizioni meteorologiche avverse, mentre le varietà più tardive hanno subito ritardi o anticipi in funzione del territorio nella maturazione, con un impatto significativo sul bilancio zucchero acido delle uve stesse. Tuttavia, nonostante le difficoltà, ciò che emerge come un fattore determinante per la qualità finale dei vini è proprio il lavoro degli enologi.
Mai come quest’anno, siamo chiamati a dimostrare la nostra competenza scientifica e il nostro sapere tecnico il nostro amore professionale per gestire al meglio sia la conduzione della vigna sia quella della cantina. In campo, abbiamo dovuto adottare strategie precise per ottimizzare l’uso delle risorse idriche, della gestione del verde, monitorare lo stato di salute delle piante e decidere il momento esatto della vendemmia per ottenere uve al massimo del loro potenziale. In cantina, il lavoro è cruciale per valorizzare la materia prima, lavorando con precisione per compensare gli squilibri creati dalle condizioni meteorologiche. E pensare che il ruolo dell’enologo, spesso, viene sottovalutato da alcuni produttori che scelgono di affidarsi a metodi improvvisati o al cosiddetto fai da te, quando invece è imprescindibile per la creazione di vini di qualità.
La scienza enologica non è semplicemente un insieme di tecniche, ma un sapere complesso che fonde conoscenze agronomiche, chimiche e biologiche con una sensibilità artigianale affinata nel tempo. Purtroppo, chi ignora l’importanza di questa figura, rischia di cadere in facili trappole, come quella dei cosiddetti “vini naturali”, spesso intesi come vini lasciati al libero decorso della natura, il che potrebbe condurre, nella peggiore delle ipotesi, a prodotti ossidati, instabili o addirittura deteriorati, se non il superamento dei limiti legali per quanto concerne il contenuto in acidi volatili. Il richiamo alla naturalità, se non supportato da competenze enologiche adeguate, può tradursi in un pericoloso abbassamento della qualità dei vini italiani, danneggiando non solo l’immagine dei singoli produttori, ma anche il prestigio dell’intera filiera vitivinicola nazionale. Le tensioni internazionali hanno ulteriormente complicato i mercati.
Le esportazioni ne risentono, così come i consumi interni, che mostrano segni di contrazione. Nonostante le difficoltà climatiche e le incertezze del mercato, il bilancio qualitativo della vendemmia 2024 si preannuncia positivo. In un contesto così complesso, l’azione degli enologi rappresenta un baluardo di speranza. È proprio nei momenti di crisi che si manifesta la vera eccellenza, e la vendemmia 2024 potrebbe dimostrare ancora una volta la straordinaria capacità degli enologi italiani di trasformare sfide in opportunità, portando sulle nostre tavole vini che raccontano una storia di fatica, di passione e di successo

Editoriale del numero di settembre de L’Enologo

Un commento

  1. Sarò scettico ma a parte le classiche eccezioni e le differenze tra nord piovoso e sud siccitoso da quanto ho visto e letto non credo che questa sia un’annata da annoverare tra le migliori con tutto il rispetto per gli enologi.Scienziati si ma non Santi da far miracoli.In questo periodo storico credo che la figura fondamentale sia più quella dell’ agronomo che a partire dalla potatura segua tutto il ciclo per portare in cantina le uve migliori possibili nonchè per chi fa nuovi impianti l’uso di portainnesto resistente sia alle malattie che agli sbalzi climatici. Infine un appello ai vari consorzi che secondo me dovrebbero prevedere nei loro statuti la possibilità ad esempio di irrigazioni in casi come quest’anno dove in alcune zone si sfioravano giornalmente i 40 gradi per mesi mettendo a rischio non solo il raccolto ma la vita stessa della pianta con i prevedibili costi aggiuntivi a guadagni diminuiti.FRANCESCO

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