Pepe in Grani, quando si ragiona davvero sugli ingredienti da usare sulla pizza: gli ultimi capolavori di Franco Pepe
Vicolo S. Giovanni Battista, 3, 81013 Caiazzo CE
Il rapporto tra Franco e il mondo della pizza napoletana è di amore e odio. Nel senso che ovviamente non si può prescindere dal riferimento sulla grande tradizione di città, però al tempo stesso si sente, forte in provincia, la voglia di dare un tocco di stile personale e non solo di riprodurre il modello tout court.
Che il filone unico ovviamente lo si ricava dall’impasto elastico che consente alla pizza di poter essere piegata e mangiata anche con le mani mentre si sta in piedi. La differenza è nell’accentuazione della componente della farina nell’equilibrio finale e, soprattutto, in un ragionamento preciso, direi da cuoco, su come comporre le diverse pizze oltre la marinara e la margherita.
Sinché infatti siamo sui classici, la differenza si avverte, ma la sensazione è quella di un passo diverso. Anzi, paradossalmente, la margherita sbagliata somiglia nel risultato finale molto di più a quella dei Tribunali della margherita classica.
Quando però si inizia a ragionare sulle altre pizze, a cominciare dal calzone con la scarola a crudo che faceva il padre, non c’è solo un passo diverso, ma un vero e proprio allungo culturale e gastronomico.
Ed è questo secondo noi il valore aggiunto che Franco Pepe sta dando al movimento della pizza napoletana e italiana. Un ragionamento preciso sui prodotti per assemblare le pizze e non semplicemente l’aggiunta di ingredienti per ottenere un effetto scenico che punta a stupire o a creare effetti monocordi per la prevalenza di un prodotto. Già nella pizza con la cipolla e l’alletterato, ad esempio, c’è un equilibrio preciso e centrato tra cipolla, latticino, tonno e formaggio.
Nel corso dell’ultima visita in cui abbiamo accompagnato Enzo Vizzari a Caiazzo abbiamo verificato un Franco Pepe pimpamte con pizze davvero straordinarie.
Per esempio la pizza con l’uovo, di sicuro effetto scenico alla partenopea, ha un incredibile sapore perfetto al palato.
E quella con salame di nero di casertano è perfettamente equilibrata dalla verdura, amaragnola e asciugante. Il grasso fa piacere ma non resta in bocca.
La pizza conciata è ormai un classico con un effetto dolce ma non stucchevole mentre la scarpetta gioca alla grande non solo sulle diverse stagionature del parmigiano ma anche sul caldo-freddo in modo magistrale.
In questo quadro forse la meno convincente è stata la passeggiata in costiera.
CONCLUSIONI
Franco Pepe sta attraversando un momento molto positivo di creatività gastronomica. La sua pizzeria è sicuramente un modello avanzato capace di coniugare il fascino del palazzo del ‘600 alla modernità di una proposta che va dalle esigenze del gusto pop a quelle più raffinate del gourmet nella sala inaugurata giusto un anno fa dove adesso c’è anche un sommelier che va a coprire quello che era il deficit della proposta vini. La sua pizza ha personalità e si distingue nel grande filone della tradizione napoletana senza però rinnegarne le basi che sono, ripetiamo, nell’elasticità di un impasto che a noi è sembrato addirittura perfezionato. Speriamo che questo sforzo individuale sia coniugato sempre di più a tutte le eccellenze che stanno emergendo anche in provincia di Caserta oltre, ovviamente, a quelle che a Napoli già sono un riferimento per gli appassionati di tutto il mondo.
Perché il libro sulla storia della nuova pizza napoletana, ne siamo convinti, è solo al suo primo capitolo.