Caco o legnasanta? Il cibo degli Dei
di Antonella D’Avanzo
In una splendida giornata calda e soleggiata, un’esplorazione nei territori rurali della provincia di Caserta, alla scoperta di sapori, profumi e tradizioni, ci porta lungo l’antica via Appia fino ad un’area di particolare vocazione rurale con un terreno di straordinaria fertilità, l’agro di Maddaloni, dove, guardandoci intorno, possiamo scorgere campagne ricche delle più varie coltivazioni, dalle ortive sia in pieno campo che in serra, primizie di grande pregio, a coltivazioni di fruttiferi che hanno seguito l’adeguamento dei tempi.
Tuttavia la cultura rurale e la conservazione delle tradizioni hanno consentito di salvaguardare quel patrimonio culturale raccontato dalle famiglie contadine oralmente, senza lasciarne traccia scritta, con il concreto rischio, di perderle con il succedersi delle generazioni. Tra le varie pregiate coltivazioni tipiche in quest’area, troviamo una pianta, di antichissima cultura che dona dei frutti di eccellente qualità, una benedizione della terra: il kaki, o caco (Diospyros kaki) originario dell’Asia orientale, introdotto in Europa nel 1.800, detto anche mela d’oriente, loto o diospiro, letteralmente “cibo degli Dei” per la sua squisita bontà, definito dai cinesi “albero dalle sette virtù” perché vive a lungo; in dialetto locale viene comunemente chiamato “legnasanta” dove l’origine del nome risiede nel fatto che una volta aperto il frutto, è possibile vedere al suo interno una caratteristica immagine del Cristo in croce; attualmente considerato albero della pace.
A raccontarci e a mostrarci questo frutto tipico dal sapore straordinario è Raffaele, un produttore esperto di questa coltivazione che conserva le vecchie tradizioni associate alla storia della pianta. Il kaki trova in quest’area le migliori condizioni pedo-climatiche che ne favoriscono un’ampia produzione ed una elevata qualità del prodotto. Il microclima sembra coniugarsi magicamente con le esigenze della pianta che qui riesce a dare il meglio di sé. Si tratta di una coltivazione che si è sviluppata all’inizio del secolo scorso e che comprende l’intero territorio maddalonese. Il prodotto è di ottima qualità, gradevolissimo nel sapore dovuto all’elevata concentrazione di zucchero e di particolar pregio per la pezzatura grossa, dove la caratteristica è quella che dalla pianta si ottengono sia frutti astringenti che non astringenti, questi ultimi chiamati kaki vainiglia o mela, a seconda che sia stata effettuata la fecondazione durante la fioritura attraverso la presenza di un adeguato numero di piante impollinatrici.
I frutti fecondati, hanno una polpa dolce e croccante e possono essere consumati già al momento della raccolta; mentre i frutti non fecondati, devono essere ammezziti (ovvero maturati fino a perdere il contenuto di tannini che li rende astringenti) in modo naturale o forzato, prima di essere consumati, e questo trattamento conferisce al frutto una polpa molle, simile ad una morbida crema, dolcissima e di colore bruno, da mangiare con un cucchiaio. Raffaele ci spiega che il frutto, se gustato acerbo, può provocare la classica sensazione da “bocca legata”, “allappata”, un gusto di asprezza e di ruvidità sul dorso della lingua; la raccolta del frutto avviene tra la fine di settembre fino alla fine di dicembre per gradi di maturazione, e la tendenza è di mantenere le piante ad una dimensione bassa, in quanto questa tipologia di pianta, produce un minor quantitativo di frutta ma di migliore qualità.
È un frutto molto energetico, zuccherino, ricco di beta-carotene, di potassio, ha una ragionevole quantità di vitamina C e possiede proprietà lassative e diuretiche.
Lasciando la campagna, raggiungiamo nel suo laboratorio, lo chef e maestro Peppe Daddio, che con grande capacità comunicativa insegna ai suoi allievi a “vedere” e a far capire l’arte della cucina, riunendo in sé tante competenze con un elevato grado di professionalità.
Nel mostrarci la sua profonda conoscenza dell’arte culinaria, unendo la gastronomia alla creatività, ci presenta una ricetta contemporanea, un dolce che delizia il palato, dove la star è il caco.
Zuppa di cachi con morbido di ricotta di bufala, amarene e crumble di pane
Ingredienti per 6 persone.
Per la zuppa di cachi:
– Cachi maturi “ammezziti” 500 g, zucchero di canna 50 g, miele di castagno 30 g, liquore Strega di Benevento 15 g, sale 1 g, vaniglia.
Per il morbido di ricotta e amarene:
– Ricotta di bufala fresca 300 g, zucchero semolato 30 g, albume fresco 50 g, un pizzico di sale, amarene sciroppate 80 g.
Per il crumble di pane:
– Pane casareccio120 g, olio extra vergine di oliva 10 g, cannella in polvere q.b.
Preparazione.
Per la zuppa di cachi maturi “ammezziti”
eliminare dai cachi la pelle e i semi. In una pentola, mettere la polpa dei cachi, con lo zucchero di canna, il miele, il sale, la vaniglia e portare ad ebollizione tutto. Cuocere per 5 minuti circa a fuoco lento e successivamente frullare il tutto. Fuori dal fuoco unire il liquore Strega.
Per il morbido di ricotta
stemperare la ricotta con lo zucchero, montare leggermente l’albume con un pizzico di sale ed unirlo alla ricotta. Riempire uno stampino di ricotta e aggiungere le amarene sciroppate. Cuocere a 180°C per circa 6 minuti.
Per il crumble di pane
ricavare delle briciole di pane casareccio, condirlo con olio e cannella in polvere. Tostare in forno a 180°C per circa 5 minuti.
Per l’assemblaggio del piatto
posizionare sul fondo del piatto la zuppa di cachi, adagiare il morbido di ricotta ed infine il crumble di pane in superficie. Guarnire con una bacca di cannella e la buccia di cachi appassita.
Indirizzi:
– Istituto di Formazione Dolce & Salato SRL – Ente accreditato Regione Campania
Via Forche Caudine 59 – S.S. 265 – 81024 Maddaloni (CE)
Tel. & Fax: 0823 – 436022 – Cell. 347-5382766 G. Daddio
Cell. 335-1412187 A. di Caprio.
– Cooperativa Agricola “La Paesana”, Maddaloni (CE).
2 Commenti
I commenti sono chiusi.
la mia famiglia, in agro di angri, possedeva un terreno con queste piante, a cui sono perciò affezionato.
legnasanta io sinceramente credevo per il miracolo di vedere un albero spoglio, scuro e perciò quasi morto, eppure pieno di frutti.
poi, la cosa dei tannini capita spesso con l’aglianico giovane. è la precipitazione delle proteine che toglie viscosità alla saliva, che non riesce così più ad umettare le gengive.
infine il termine loto, che qualcuno usa.. è corretto?
grazie
Una pianta straordinaria con un frutto che è un dessert, buonissimo.
Circa il nome, Kaki, Cachi, Diospiro, Loto, Legnasanta, oppure la forma dialettale o Cachisso,
sono tutti sinonimi ed usati a seconda delle zone di origine o abitudini.
Nell’area del casertano (ma anche nel napoletano) il nome più comune è Cachi, Cachisso appunto,
ma il termine Legnasanta è comunemente usato.
Ciro Costagliola