L’uomo, il prodotto e il reddito: riflessioni nelle terre del Primitivo
Domenica scorsa ho coordinato un convegno nell’azienda Le Fabriche di Alessia Perrucci, presidente delle Donne del Vino di Puglia a Maruggi, nel Salento. Una bella esperienza che vi racconto attraverso l’articolo scritto per il Quotidiano di Puglia diretto da Claudio Scamardella.
Etica, ambiente, pedagogia steineriana, emissioni zero. Temi troppo impegnativi per chi pensa di trascorrere una domenica mattina in cantina? Niente affatto, visto che proprio dal mondo del vino emergono con forza questi temi: la crisi di vendite incalza, il processo di trasformazione dei consumi impone nuove riflessioni a chi produce e divide le cantine in due grandi famiglie, atteso che tutto il vino ormai è buono e ipercontrollato.
Della prima fanno parte coloro che pensano di conquistare il mercato globale con bottiglie facili da capire, piacione (ossia dolci e morbide, effetto burro) catalizzando l’attenzione dei mercati attraverso un mix di qualità, storia e buon rapporto tra qualità prezzo.
Alla seconda grande famiglia appartengono i vitivinicultori che puntano sul carattere dei vini, sulla loro tipicità e differenziazione (ossia acidi e taglienti, effetto citrico). Sono sicuramente l’area più sensibile alla biodinamica, al biologico, al giusto rapporto tra il terreno e la bottiglia.
Penso che la discussione “Sul futuro dell’agricoltura tra etica ed economia” organizzata dalla presidente delle Donne del Vino Alessia Perrucci nella propria azienda le Fabriche rientri proprio in questo movimento. Per la prima volta in un convegno dentro una cantina non si è parlato di vino e di strategie di mercato, e non si sono fatte neanche noiose analisi sensoriali, bensì si è discusso di educazione con Claudia Gasparini, presidente della Federazione delle scuole Steiner, di ambiente con l’agronomo Pierluigi Donna e Antonio Bonatesta di Save Salento, di legalità con Fabio Zullo di Libera terra Puglia e di economia etica con Fabio Brescaglin, presidente Ecor Spa.
Cosa c’entra tutto questo con il vino? Interessa eccome perché dalla risposta che si riesce a dare a domande così complesse si potrà capire quali aziende sono destinate a svolgere un ruolo importante nel futuro prossimo della viticoltura italiana e pugliese.
Ad esempio la docg Primitivo. Certo, aver ottenuto il riconoscimento per un rosso tornato prepotentemente di moda grazie all’abilità di alcuni eccelsi artigiani, a Gioia del Colle come a Manduria, è un passo avanti importante. Ma se dietro l’acronimo docg (denominazione di origine controllata e garantita) non ci sono passione, agricoltura pulita, comportamento etico in etichetta e con chi lavora sui campi, difesa della tradizione e capacità di concepire la differenza come un valore aggiunto e non come un handicap a ben poco servirà poter mettere le fascette sul collo delle bottiglie.
La Puglia del vino ha sempre sofferto l’incapacità di poter dare valore aggiunto ai suoi vini, è successo sinora solo con alcuni capolavori di Severino Garofano che hanno fatto storia e che sono nei cuori di tutti gli appassionati come il Patriglione e il Graticciaia. Forse perché si è sempre scelto la strada apparentemente più facile senza pensare che la stessa direzione era imboccata ovunque in Italia e in ogni parte del mondo.
Il messaggio che viene dai lavori del convegno di Maruggio è invece assolutamente opposto: si invita a unire l’uomo al prodotto per poter dare reddito all’agricoltura. E, aggiungiamo noi, abbinare nuovamente il vino al cibo dopo le noiose e monotone marmellate legnose degli anni ’90. Il modello toscano è stato importante negli anni ’90 per imporre una idea di piacevolezza nel bicchiere, ma adesso il Sud deve seguire il modello meridionale, anzi mediterraneo.