Brunello di Montalcino, Fattoria dei Barbi
L’amministratore delegato del colosso Time Warner diventa produttore di vino in Italia: Richard Dick Parson, ha recentemente acquistato la Tenuta il Palazzone a Montalcino ed ha iniziato a produrre circa 4000 bottiglie di Brunello di Montalcino. La notizia, lanciata dal sito Winenews diretto da Alessandro Regoli, è l’ouverture della nuova edizione di Benvenuto Brunello che inizia oggi con la degustazione dell’annata 2001, quattro stelle piene piene, per chiudersi domani con la valutazione ufficiale della vendemmia 2005, ritenuta comunque buona nonostante le difficoltà. Si riapre la stagione con la più classica delle manifestazioni organizzate dal Consorzio di Tutela, al quale aderiscono 195 aziende che producono oltre sei milioni di bottiglie docg, di cui il 60% vendute all’estero, mentre il restante 40% è destinato alll’Italia diviso tra Montalcino 15% (di cui il 7% con vendita diretta in azienda), Toscana 10%, resto del Centro 6%, Italia 8%, Sud 1%. C’è ottimismo alla luce dei risultati del mercato americano come ha ricordato Jacopo Biondi Santi, presidente dell’Italian Wine & Food Institute la cui famiglia alla fine dell’Ottocento ha inventato il Brunello. Ma la forza di questo rosso è nella tradizione, come quella della famiglia Cinelli Colombini titolare dal 1790 della Fattoria dei Barbi il cui patròn, Stefano, rivela la sua appartenenza generazionale lanciando il «Brunello venuto dal freddo». Si tratta del 2001, ovviamente, interamente lavorato con il metodo della macerazione prefermentativa a bassa temperatura per ricreare le condizioni di alcune annate come le 1932, 1957, 1964 e 1975: il risultato si vede nella struttura oltre che nel profilo aromatico più interessante, ricco, intenso e persistente. Un classico dei classici di questa grande azienda di 90 ettari bella da vedere e da visitare protagonista in questa Anteprima, la cui aspettativa di evoluzione è sicuramente molto lunga, da spendere sui grandi piatti di carne o da bere assoluto, in meditazione davanti ad un caminetto. La sensazione, che ha bisogno però di conferme che verranno solo dal Vinitaly, è che il Brunello, e dunque il vino italiano, stia uscendo da una crisi che ha sforbiciato molti luoghi comuni maturati negli «spensierati anni ’90» in cui il vino sembrava diventato una sorta di net economy rurale propedeutica ai facili arricchimenti. La campagna vuole invece serietà e tempi lunghi per guadagnare la fiducia, meglio se a gestirla nel corso dei secoli è una aristocrazia attenta alla proprietà come quella toscana anziché quella meridionale impegnata a venderle per stare a corte: c’è chi passa la vita a costruire e chi a consumare e si può stare bene in ogni caso perché, come tutto, anche questo è un punto di vista.