Blanc de Roses 2006 di Schioppetto
di Teresa Mincione
C’è chi sostiene che bere in (buona) compagnia, sazi e soddisfi occhi, cuore e palato. Sarà vero? Di certo il vino è convivialità e condivisione, ed al di la di battute o romanticismi, dividere con qualcuno il piacere di un ottimo calice di vino, non può che arricchire l’anima e il palato di chi degusta. Una serata fuori porta, una cena tra sobri enoappassionati, il leitmotiv per incontri olfattivi interessanti.
Un Friuli Venezia Giulia IGT- Blanc des Rosis 2006 Schiopetto, a soli 20 anni dalla prima bottiglia dell’azienda. Tocai friulano, Pinot grigio, Sauvignon , Malvasia istriana e in piccolissima percentuale Ribolla gialla. Un intreccio di sentori che portano nel proprio dna le tracce delle diverse uve utilizzate. Il Tocai Friulano, Pinot grigio, il Sauvignon blanc maturano in vasche d’acciaio, la Malvasia istriana sei mesi in tonneaux di rovere francese. Un vino si muove con l’ombra del proprio produttore, e il Blanc des rosis ha i lineamenti di Mario Schiopetto, una tra le migliori aziende dell’area friulana del Collio.
Un vero rivoluzionario del vino italiano, un avanguardista alla ricerca della croccantezza al naso e al palato, quando in Italia, negli anni Settanta, i bianchi erano grassocci e semplici. I suoi vini fecero scuola e storia. Il calice? Mi sono persa tra le pieghe del passato di questo vino. Il colore è vivace e lucente, un giallo paglierino intenso con leggere venature verdoline. Al naso è intrigante, si lascia scoprire lentamente. Un gioco di profumi capace di insinuare l’attesa di veder svelato quanto promette. Una mistione di vitigni con un ventaglio olfattivo poliedrico. Di fascino.
L’olfatto parla di sentori di biancospino, kiwi, ginestra, noce sgusciata. Una complessità in crescendo che non teme l’età. Si fa attendere e coccolare da qualche lento roteare; sentori di erbe aromatiche e tratteggi minerali. La bocca è poderosa e lunga, un buon corpo. Sapori intensi e piacevoli che pennellano un calice in pieno equilibrio gustolfattivo. Il vino è l’espressione più sincera d’un territorio, eredita i suoi tratti in vigna e li cede in ogni calice.
Non c’è nulla da inventare, ma tutto da capire nel vino, scrive Mario Schiopetto.