Birra con licenza d’inzuppo (altro che vinsanto)!


Gentilrossa

Gentilrossa

di Stefano Tesi

Su una cosa non c’è piovuto fin da subito: sull’etichetta della Gentilrossa, la birra da grano antico varietà Gentil Rosso prodotta dal biobirrificio agricolo La Stecciaia di Rapolano Terme (SI), a nessuno verrà mai l’idea di apporre quel simbolo di “divieto di inzuppo” che alcuni mesi fa ha portato alla ribalta delle cronache l’idea di un famoso produttore chiantigiano di vinsanto, Marco Ricasoli di Rocca di Montegrossi, il quale ha messo un bollino sulle sue preziose bottiglie proprio per raccomandare di non inzuppare, come si usa in trattoria, il celebre biscotto pratese nel classico vino da meditazione toscano.

La ragione per la quale alla Stecciaia il bollino non lo metteranno mai è oltremodo semplice: l’abbinamento di questa non molto spumosa rossa col cantuccio è infatti non solo consentito, ma espressamente consigliato.

Finchè il produttore in persona non me l’ha suggerito, ammetto che non ci avevo nemmeno pensato.

Per questa Dubbel (è lo stile belga della birre di abbazia) dalle sfumate note dolciastre avevo prima immaginato e poi ho praticato abbinamenti con costine alla griglia (così nel resto del mondo chiamano, un po’ stucchevolmente, la rosticciana fiorentina e il costoleccio in senese), salsicce sulla brace, bistecchine di maiale per poi avventurami, con risultati pure soddisfacenti, perfino in piatti di faraona, fagiano e perfino cinghiale.

Ma coi cantucci, no. Neppure col tiramisu, a dire il vero, come invece pure suggeriscono.

E invece funziona.

Questione di aroma, di mandorle, di consistenze.

Quel che è certo è che questa Gentilrossa è una birra dai riflessi ramati, con una spuma scarsa e compatta, che al naso rammenta, oltre al malto, il caffè e la cioccolata, perfino la caramella mou e i toffees tipo Quality Street, in un insieme ricco e cangiante, soprattutto se si ha l’accortezza di non berla a temperature troppo basse.

In bocca è pastosa ma scorrevole, lunga, con un intreccio di dolce e di amaro che la rendono intrigante e rivelano, a ondate, la frutta secca, una nota agrumata e una complessa coda retronasale.

Tornando ai cantucci, riconosco di aver avuto qualche esitazione a compiere l’atto estremo, quello dell’intuffo vero e proprio. Poi ho preso il coraggio a due mani e l’ho fatto.

Capperi, adesso so cosa fare dopo cena davanti al camino, durante le lunghe serate d’inverno!

www.lastecciaia.it

Un commento

  1. @Stefano Tesi, “tornando ai cantucci, riconosco di aver avuto qualche esitazione a compiere l’atto estremo, quello dell’intuffo vero e proprio. Poi ho preso il coraggio a due mani e l’ho fatto.”
    Fieramente pavido e rapolanese ho frenato le mie mani rinunciando all’inzuppo.
    Proprio da Lei, proprio da Rapolano, il mio cinquanta toscano… non ci sono più i miei giornalisti preferiti di una volta…

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