Appunti testamentari. La esagerata e continua spiegazione dei piatti che opprime i clienti al ristorante e spezza la conversazione


Cosa c’è di più scostumato di interrompere due persone quando parlano fra loro? Sicuramente tante altre cose, come mettersi ad ascoltare quello che dicono.
La mia domanda a questo punto è: quando questa cosa è diventata figa nei ristoranti di alta cucina?
Ma soprattutto, ha ancora un senso per me cliente essere interrotto dalle 10 alle 15 volte durante un pasto che ho scelto di fare con un amico, una persona intima, un socio di affari?
Ormai è diventata consuetudine quella di dire: non andiamo lì altrimenti non possiamo parlare.
L’obiezione è: e se si sceglie un menu libero, come ormai tanti propongono, basato su quello che offre il mercato? Beh in realtà lo chef sa benissimo cosa proporre quando il ristorante ha aperto i battenti, nulla di più facile che stampare la proposta. Vi pare?
A questo prassi si è aggiunta quella di illustrare le bottiglie scelte con il paradosso di alcuni sommelier che spiegano anche a curatori di guide da dove viene quel vino e come è stato realizzato.
Ora intendiamoci, ciascuno è libero di fare quello che vuole e magari se sei un appassionato gastronomo che vuole farsi una esperienza può anche farti piacere sentirti così coinvolto.
Ma, sinceramente, penso che riguardi lo 0,1% delle persone che normalemente vanno al ristorante.
Un menu chiaro, senza troppi fronzoli, consente già a chi si siede di sapere quello che ha scelto e se ha qualche curiosità può sempre chiederla e, in tal caso, si può rispondere.
Il tema, molto sottile, è il rovesciamento delle priorità che poi è anche all’origine della fuga dai ristoranti impostati in questo modo: non è più il benessere del cliente al centro del pasto ma l’ego dello chef e la voglia del sommelier di far sapere quando è stato bravo all’esame del terzo anno di diploma. La lunga enunciazione di tutte le componenti, spesso di alghe giapponesi, erbe di campagna usate l’ultima volta in età medioevale e riscoperte dallo chef durante una camminata in montagna non fa altro che ritualizzare e sacralizzare un gesto che in realtà dovrebbe essere semplice e gioioso: stare seduti a tavola, chiacchierare e mangiare.
Se ci fate caso, più la sala è preparata e il ristorante di successo, meno questa prassi pesa sul pasto.
Il momento più imbarazzante è quando il discorso è talmente intenso che continua dopo che hanno messo i piatti a tavola e restano in attesa di poter illustrare la proposta di cui già sai tutto perchè l’hai scelta.
Il tema del linguaggio è fondamentale in qualsiasi attività e davvero non mi rendo conto perché nel corso degli anni si è deciso di mettere su questa barriera fra e i propri clienti, per qualche motivo si reputa normale interrompere una conversazione per dieci, quindici volte e mi chiedo se non sia il caso di ripensare il tutto facendo una stage da alcuni grandi maestri di sala chefanno grandi i ristoranti.
La cosa bella poi sapete qual è? Che nonostante spiegazioni e interruzioni, quasi nessuno di questi piatti  vi resterà nella memoria e voi, per finire i discorsi mai compiuti dovrete andare a prendere un caffè al bar vicino.

 

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