Assaggi alla serata dei Coronati del Regno delle Due Sicilie
Tutto il meglio del Sud alla Botte di Ricciardi
di Vittorio Guerrazzi
Far parte delle commissioni di degustazione per la Guida ai Vini Buonid’Italia del Touring Club è stata un’esperienza affascinante: da unlato, centinaia di prodotti “allineati e coperti” che aspettavanosolo di scendere nei bicchieri; dall’altro, la possibilità diconfrontarsi con i migliori professionisti ed esperti del settore…un’occasione unica per chi non è mai pago di imparare!
Ritrovare le stesse bottiglie, leggere gli stessi nomi, nero su bianco,in elegante rilegatura, in occasione della presentazione della suddettaguida, è stata emozione altrettanto intensa. Il tempio dell’enofiliacampana, l’Enoteca La Botte di Casagiove (CE), gestita con periziadalla famiglia Ricciardi, è stata la prestigiosa cornice per lapresentazione di questa guida che, voce fuori da “certi” cori, sipresenta in Campania e raccoglie successi e consensi, non fosse altroche per la folla accorsa all’evento. A far bella mostra di se, suibanchi di assaggio, non solo tutti i coronati dal Lazio in giù, maanche una nutrita selezione di etichette casertane, con la grandevarietà che da sempre caratterizza quella che potremmo attualmenteconsiderare la più dinamica fra le province campane.
Proprio la curiosità di approfondire lo status quo di questo stimolanteterritorio, mi ha portato ad iniziare dalle batterie casertane,lasciando i coronati alla seconda parte della serata. Primo contattocon il Pallagrello Bianco, devo dire di un certo fascino: grandidifferenza fra i vari assaggi, tra cui è emerso il Castello Ducale conil suo Pallagrello del Ventaglio, ottimamente giocato tra finezza,eleganza e freschezza.
Interessante la peculiarità olfattiva del Pallagrello di VestiniCampagnano, non corrisposto da altrettanta originalità al palato.Qualche altra etichetta forse un po’ troppo “morbidosa” per i mieigusti.Per i miei gusti ho trovato gli Asprinio in un certo affanno,tutti forse troppo lavorati per cercare di tenere a freno l’esuberantefreschezza del vitigno: se la natura lo fa così non è forse giustorispettarlo per ciò che è…? Ho saltato a piè pari le bollicine:purtroppo decisamente non sono nelle mie corde. Telaro si conferma unagaranzia sulla Falanghina vendemmia tardiva; mostra invece il fiancocon il Fiano, troppo “bananato” per questi tempi.
Passando ai rossi ho trovato conferme e delusioni: bene Terre delPrincipe, Vestini Campagnano e Viticoltori Casavecchia con etichetteprodotte dagli storici vitigni recentemente recuperati, vero fioreall’occhiello del casertano. Pallagrello Nero e Casavecchia(soprattutto) sono vitigni non facili da leggere ed interpretare: nonamano concedersi facilmente al palato e credo che ci si debba lavorareancora tanto per esplorare tutte le loro reali potenzialità.
Qualche problema di troppo invece con i Falerno, sia da Primitivo cheda Aglianico: nessuno è riuscito a mettersi in luce e, anzi, qualcheproblema olfattivo di troppo ha compromesso taluni assaggi. Mi sipermetta poi una digressione emozionale, dovuta ad una inevitabiledeformazione professionale: ho notato una certa improvvisazione nellostudio della veste della bottiglia…Per quanto sia il contenuto dellabottiglia a dover lasciare il segno nella nostra memoria sensoriale, èinnegabile che il primo approccio, soprattutto con prodotti nuovi,magari di piccole e neonate cantine, passa inevitabilmente per ilcontatto visivo. Se ci si vuole (o ci si può) permettere di assaggiarela totalità delle batterie allora ben venga l’assaggio indiscriminato,altrimenti sarà innegabile essere attirati da quei produttori che hannodedicato buongusto ed attenzione sia al contenuto che al suocontenitore.
Pausa di riflessione per lasciar respirare le papille stanche e giù coni coronati: con molta soddisfazione, bicchiere dopo bicchiere, mi rendoconto dell’ottimo lavoro svolto dalle commissioni; il livello ègeneralmente alto con punte di vera eccellenza. Su tutti spicca, comegià segnalato, il Mazzamurello 2003, Montepulciano D’Abruzzo di Torredei Beati: perfetta integrazione tra frutto e rovere, equilibratastruttura alcolico-acida, beva consistente e molto lunga, mai cedevole,per un prodotto forse non eterno ma che attualmente si esprime al top.
A contendere il gradino più alto del podio, Taurasi Radici 2003 diMastroberardino, uscito vincitore anche all’Anteprima Taurasi 2003: unfilo penalizzato all’olfatto dal bicchiere non proprio ideale. Tra ibianchi impossibile non citare lo straordinario Pietraincatenata Fianodi Maffini, ormai un solido monumento dell’enologia bianchistaregionale, che tuttavia forse non ha beneficiato del formato magnum.
Chiudo con una menzione speciale per il Fiano di Di Prisco che èriuscito ad imporsi agilmente, a fine serata, ad un palato martoriatoda decine di assaggi!