Antonino Cannavacciuolo: giovani attenti, è molto più facile diventare calciatori che cuochi famosi


Antonino Cannavacciuolo

di Francesco Aiello

«Dopo la notorietà che il nostro lavoro sta avendo presso il grande pubblico anche grazie alla televisione è arrivato il momento di spiegare, soprattutto ai ragazzi, cosa vuol dire fare il cuoco ed i sacrifici che sono necessari per raggiungere il successo». Parola di Antonino Cannavacciuolo, cuoco pluripremiato di Villa Crespi, il relais sulle rive del lago d’Orta, oggi noto anche al grande pubblico come protagonista del format televisivo Cucine da incubo ed in procinto di varare il nuovo programma di ricette.

Il successo in tv di alcuni cuochi rischia di fornire una immagine distorta di questo mestiere?
«Il pericolo c’è e per questo il mio prossimo libro parlerà proprio del lavoro vero, quello dietro le quinte e a telecamere spente. Tuttavia, prima di fare ogni valutazione su limiti e opportunità della notorietà nella nostra professione è necessario aver ben chiare le proporzioni del fenomeno»

Cosa intendi?
«Su decine di migliaia di persone che in Italia fanno i cuochi, quelli che hanno raggiunto successo e notorietà sui media ed in particolare in televisione sono una decina, forse meno. In pratica è più probabile essere un calciatore osannato che un cuoco famoso. È da questo dato che deve partire chiunque voglia fare una riflessione seria sull’esposizione mediatica dei cuochi»

Tuttavia le conseguenze dell’apparizione televisiva di alcuni chef ormai famosi sono innegabili …
«Ma certo ed una di queste, quella che io reputo la più importante, è proprio l’incremento di iscrizioni che si sono verificate negli ultimi negli istituti alberghieri italiani. Questo fenomeno ha un duplice significato. Dal un lato, infatti, testimonia l’interesse dei ragazzi a darsi una preparazione generale prima di provare ad intraprendere la professione di cuoco. D’altro canto, però, impone a noi di raccontare tutti gli aspetti di questo mestiere, fatto prima di tutto di studio, impegno, sacrificio, fatica fisica e, poi, anche soddisfazioni e forse notorietà»

La fama televisivo ha cambiato il tuo modo di fare questo mestiere?
«Mi occupo di tv solo nei giorni di riposo settimanale del ristorante e nei periodi di chiusura annuale. Per il resto cerco di essere presente sempre a Villa Crespi, anche perché se la notorietà spinge molti a provare la mia cucina è anche vero che le aspettative sono sempre più alte e vanno sempre soddisfatte.»

Preparazione di base a parte, come si costruisce la carriera di un cuoco di successo?
«Ci sono molti modi di fare questo mestiere ma chi aspira a confrontarsi con le grandi cucine del mondo non può pensare di farlo restando in un unico posto, per quanto fortunato sotto il profilo gastronomico possa essere, come nel caso della mia Campania. Non si tratta di fare gli emigranti, ma è necessario capire che per svolgere questo lavoro è indispensabile conoscere le diverse tradizioni, anche quelle che in apparenza sembrano le più lontane dalla nostra cultura di origine»

Intanto in Tv praticamente c’è un programma di cucina a tutte le ore del giorno. A breve debutterai con una serie di ricette: c’è ancora spazio per format del genere?
«Credo di si a patto che ciascuno riesca a dare una impronta quanto più personale possibile al racconto dei piatti. Io cercherò di non prendermi troppo sul serio e descrivere con semplicità tutti i singoli passaggi, in modo da rendere la ricetta facilmente replicabile. In cucina, ne sono convinto, vince chi non ha segreti ed essere considerato come fonte di ispirazione sia per coloro che fanno da mangiare professionalmente sia da quanti si dilettano a casa è uno dei segni del successo vero»

4 Commenti

  1. Il problema non è quanti programmi di cucina ci sono o ci potranno essere, ma chi li fa e come li fa. Il modo che Cannavacciuolo ha di porsi, con estrema leggerezza – anche se pare un ossimoro vista la mole – e l’incanto che le sue mani producono quando in quattro e quattr’otto tira fuori un piatto, anche in una trasmissione che si sa essere abbondantemente addizionata di fiction, a mio parere non potrà mai stancare.

  2. il vino è un alimento e un “ingrediente” della buona tavola, mi piacerebbe molto che ci fossero dei format per parlare di degustazioni e superare l’idea di “bere” CHI DEGUSTA NON BEVE
    :-)

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