Addio ansia da prestazione |Antonella Iandolo, da cuoca stressata a superCheffa felice
BREAKING NEWS (6 maggio). QUESTA STORIA NON E’ A LIETO FINE. SI E’ VERIFICATA UNA DIVISIONE NELLA SOCIETA’ E QUESTO LOCALE HA CHIUSO
Antonella Iandolo da La Maschera di Avellino a La Scuderia di San Michele di Serino.
“Passare da un ristorante gourmet ad una casa di campagna: sono dieci chilometri ma bastano per raggiungere la felicità, ho anche smesso di fumare, Luciano, pensa un po’”
C’è poco da fare, anni e anni di avanti e indietro creano contiguità, antipatie e simpatie. Ci dovremmo occupare della felicità dei clienti invece finiamo per essere i testimoni delle scariche di adrenalina dei cuochi e alla fine mi sono accorto di come mai prima mi ero posto il problema: ma gli chef possono essere felici? Non dico superstar, ma felici, ossia ridimensionare le ansie di prestazione fino a trovare il giusto equilibrio per fare il loro lavoro in armonia. Non esibizione o show cooking, ma lavoro?
Antonella: “La prima oppressione era proprio il locale. Qui c’è la luce, capisci? La luce del giorno. Lì il posto era bello se venivi di sera, ma non c’era una sola finestra. Tutto il giorno chiusi. Si parla tanto della moda delle cucine a vista, io penso che un cucina per funzionare bene debba avere la vista sulla natura, magari proprio sull’orto dove coltiviamo quel che serve al cliente”.
Buono il polpettone di tonno, lo faceva anche mia madre!
“Ma lasciare un locale come la Maschera di Avellino dopo 12 anni a molti può sembrare una sorta di resa, come dire: in quella città rape e patate le devi portare nel vassoio, inutile che ti sprechi a usare le formette e magari perdere anche tempo a decorare il piatto. La mia cucina è sempre la stessa, identica: le stesse ricette, solo che qui lavoriamo con il centrotavola e per questo motivo la gente si sente a suo agio. Sembra strano ma è così che funziona in Italia. “
La provincia italiana è molto chiusa. Se non ci sei nato non ti adotta, non c’è nulla da fare. Tanto è pronta ad indossare le mode e i gusti che eruttano dal piccolo schermo, tanto è chiusa a riccio quando si tratta di vedere qualcosa di nuovo, di diverso. Un estraneo resta tale anche se ci campa ottant’anni. E chi ne capisce di cucina sente il bisogno di esibirlo sempre e comunque attraverso la critica. Il prototipo dello stronzetto, sì perché in genere è sempre il maschietto a fare così.
Madonna queste bruschette con il soffritto, da spegnere con una pompa di Aglianico
Dimmi tutto Antonella, vi conosco a voi donne. Ora sei troppo rilassata per tacere, l’ho visto da come mi hai accolto: ci conosciamo da tanto tempo, ma alla Maschera mi hai fatto sempre sentire un esaminatore.
Ah, ecco, mi chiedevo se lo facevi ancora: la polenta con la salsiccia, piatto tipico dell’Appennino meridionale
“Sì, è vero. Quando hai un locale di un certo tipo ti chiedi sempre se quella persona che non conosci è qualcuno di una guida. Devi dare il massimo, hai paura di sbagliare. E in provincia è più difficile. Certo, i costi sono bassi: ma spesso l’intera settimana sei tu e la sala, ti guardi e ti chiedi fino a quando puoi resistere. Dovresti garantire un servizio, ma è impossibile assumere un professionista perché il mercato non lo può reggere. Piano piano ti senti in un circolo chiuso, magari ti viene a mancare la creatività”.
La crisi ha picchiato duro negli ultimi anni: la gente è stata licenziata, i ragazzi sono costretti a vivere con le famiglie fino a 40 anni, le cene sociali e i pranzi di lavoro sono ormai tagliati dai ragionieri delle società. Gli ultimi due mesi di dicembre sono stati terribili ovunque.
“Sì Luciano. E noi abbiamo dovuto ogni anno abbassare i prezzi mentre i costi delle materie prime aumentavano. Alla fine eravamo a livello di prezzo di un agriturismo nel centro della città e nonostante questo la gente continuava a considerarci un ristorante di lusso, da usare magari solo per le occasioni speciali”.
Eppure la vostra chiusura è una sconfitta per la città che fa un balzo indietro al 1997. Come se il tempo non fosse passato, con un aumento delle cantine da 50 a 200 un ristorante gourmet doveva stare sempre pieno di appassionati, giornalisti, visitatori: è pur sempre il capoluogo di uno dei territori italiani più vocati alla viticoltura.
“Le aziende più importanti si sono create i loro spazi che fungono da rappresentanza, i costi vengono ammortizzati in questo modo. Uno dei motivi per cui in Irpinia non c’è stato l’exploit della ristorazione è anche questo”.
Buono anche questo baccalà in umido. Dici? Ma, fino ad un certo punto: se il sistema avesse creato i numeri ci sarebbe stato spazio per tutti.
Ma perché vi continuavano a considerarvi un ristorante di lusso anche se si spendevano 30-35 euro?
“Perché, ad esempio, le signore pensavano a come vestirsi. E anche gli uomini venivano cpiù eleganti. Era considerato un impegno, insomma, c’era quasi tensione mentre qui vengono vestiti in relax, girano per la casa, durante le belle giornate stanno fuori, se fa freddo c’è il camino. Si mangia, si fa lezione di cucine e io mi diverto tanto”.
Davvero?
“Certo, la gente viene coinvolta nelle ricette, quando faccio i classici ognuno ha il suo segreto. Forse c’è bisogno di recuperare questa dimensione normale con il cibo che abbiamo perso. Ci siamo stressati un po’ tutti”.
“E dunque vengono anche più spesso. Lo vedi quel signore? Un vecchio cliente, però prima veniva un paio di volte l’anno. Ora in un mese è venuto ogni settimana”.
La cheffa felice…chissà se anche qua verranno i blogger a farti l’esamino?
“Tutti sono benvenuti. Questa dei blogger è stata la novità di questi ultimi anni che ha messo in subbuglio le cucine, non sai come comportarti, perché in effetti si tratta spesso di appassionati che fanno altri lavori, ma quando tirano fuori le macchine fotografiche e poi vai a leggere quello che scrivono è come se fossero tutti giornalisti”.
E allora?
“Allora niente, game over. I clienti, quelli che ti riempono la sala, tornano ad essere i veri protagonisti, il nostro futuro dipende da loro soprattutto. E quando vedi i tavoli pieni e non più vuoti, la carica torna. Ma adesso so che non devo dimostrare niente a nessuno, devo solo far da mangiare bene a chi entra qui dentro. Io lo avevo detto a Gino: ho bisogno di darci un taglio, andiamo via, andiamo dove la gente va la domenica, in campagna, all’aria aperta. Andiamo in un posto dove i bambini non sono un problema ma un gioia per tutti”.
Capito la supercheffa? Si è finalmente buttata in acqua
Ma ne valeva la pena: ora è felice e rilassata.
Ah, mangiare qui costa 25 euro, vini esclusi.
SERVIZIO FOTOGRAFICO DI MONICA PISCITELLI
15 Commenti
I commenti sono chiusi.
DAVVERO bellissimo, sono stata all’inaugurazione e Antonella, la chef donna, insieme a Giovanna Voria di Corbella, più donna e sorridente che conosca, era raggiante, emozionata, davvero una bambina davanti all’albero di natale. questo è il bello di Antonalle la capacità di stupirsi, l’umiltà, la concretezza e una capa tosta senza precedenti! , forza supercheffa! ci vediamooin primavera!
io ho difeso Le Maschere , senza conoscerlo personalmente, quando un blogger sicuramento fighetto e probabilmente presuntuoso se non in malafede, venne da voi pretendendo di mettere voti , il giorno di Pasqua con un menù fisso. ci sono blogger e blogger
Caro Luciano, posso dirlo? Sono contento di esserti amico. Cosa c’entra? Aivoglia se c’entra! Questo forse è il tuo miglior pezzo degli ultimi tempi; non che gli altri fossero brutti, ma questo ha una marcia in più: Antonella Iandolo.
.
Non la conosco, però dopo aver letto questo pezzo è come se la conoscessi da una vita. Molte delle sue risposte sono le mie risposte, molte delle sue delusioni sono le mie delusioni, molte delle sue gioie sono le mie gioie. Interi passi di questo vostro dialogo andrebbero scolpiti nella pietra perchè narrano fedelmente la storia recente di tanto nostro sud, quello in provincia, quello fuori dalle grandi città. Ecco così a rispecchiarsi nell’esser considerati un ristorante di lusso facendo pagare meno di 35 euro, di non sentirsi adottati anche se sono più di nove anni che dai lavoro e fai guadagnare molti tuoi “non” conpaesani ; perchè, qualunque cosa tu faccia sarai sempre uno strano forestiero. Allora ti accorgi che i molti cittadini ti adorano mentre i pochi compaesani sono pieni di pre-giudizi e che la cultura è sempre una discriminante che porta il tuo linguaggio a non essere da loro capito.
.
Insomma ho letto un gran bel pezzo di giornalismo, di racconto sociale, di storia della gastronomia. E di questo voglio ringraziarti.
.
Ciao
io invece PROPRIO OGGI nel testo – e anche nelle foto – non ho letto i piatti ma il coraggio e la felicità di una donna. bel pezzo, pignataro.
Si della La Maschera di Avellino.ricordo che ci sono stato a pranzo ed era era maledettamente tutto buio a stento vedevo le cose buone che avevo nel piatto mentre fuori era una giornata di primavera con un bellissimo sole accecante ! appena posso andrò a La Scuderia di San Michele di Serino.
Che bello! Qual è il giorno di chiusura?
mi spiace ma non gioisco .
Non Conosco personalmente Antonella , ma che dire caro Luciano …. sono contento per lei ma sarei stato veramente contento se Antonella avesse fatto questo suo cambiamento per una scelta di vita , invece è stata portata a fare cucina a prezzi contenuti ed in modo informale da un “fallimento” , non del ristorante , ma della Ristorazione meridionale , conosciamo bene la realtà , io la vivo tutti i giorni le nostre discussioni non vertono più su quali piatti proporre , ma a come fare per fronteggiare la crisi , I nostri gourmet preferiscono andare a mangiare in agriturismo o in trattoria , è triste vedere che la gente che dice di avere grande attenzione verso le materie prime di qualità , verso il biologico, verso il genuino e autoctono , è ormai noto che si è quello che si mangia e che molte malattie vengono dalla cattiva alimentazione ,scelgono ancora dove mangiare in base al prezzo e all’abbondanza dei piatti senza sapere ne cosa mangiano ne come le cose vengono preparate . Si parla tanto di cucina di grande cucina di grandi piatti … ma poi al sud si va sempre a mangiare dove si paga poco e si mangia tanto , Dei ristoranti che hanno 4-5 persone in cucina ed altrettante in sala che fanno qualità e ricerca se ne parla tanto per parlare … poi o pizza o trattoria .
faccio comunque tanti auguri allla nuova avventura della Iandolo .
La più bella recensione mai letta prima d’ora, ne dovremmo fare un caposaldo della scrittura gastronomica post moderna: una chef che racconta di se e della sua storia ed i piatti che la rappresentano a colorare un articolo che ha il sapore finissimo di un novella.
Infatti, proprio quello che dicevo ieri a Lello. Abbracci.
GRAZIE!Devo dire che si: Antonella era in grande forma. Mi ha colpito che abbia confessato che le mancasse la luce nella sua cucina. Conta tanto la possibilità di fare ciò che uno sente e la possibilità di respirare e dar respiro alle proprie idee. Il locale è quell’elegante stile campagnolo che adoro, come la cucina. Come pochi altri. In bocca al lupo!
Caro Luciano, un sabato di 3 settimane fa, eravamo 4 adulti e 2 bambini (7 e 8 anni) e siamo stati alla scuderia della Sig.ra Iandolo e famiglia. Ti anticipo che siamo 2 coppie che girano quasi tutti i migliori locali della campania (in quanto abitiamo ad Avellino) ed abbiamo visitato anche tanti bei ristoranti in Italia (tra cui Il fu Gambero Rossi di San Vincenzo, Don Alfonso a Sant’Agata sui due Golfi, Marennà a Sorbo Serpico, La Rosetta di Roma, l’Oasis a Vallesaccarda, Crudo re a Napoli ecc. ecc.). fatta questa premessa ti dico a nome di tutti noi che sulla nostra agenda gourmet “La scuderia = MAI”. Penso che basta anche per non offendere troppo il ristorante.
Ciao
Caro Luciano, voglio, innanzitutto, ringraziarti di tutto cuore . Ringraziarti per aver colto e trasferito con tanto amore e chiarezza l’essenza più intima del progetto NUOVO di Antonella e nostro. A seguito degli interventi dei tuoi lettori debbo però necessariamente fare alcune precisazioni, dato che a parlar di me e di quello che voglio faccio sicuramente meglio io (interpretazione autentica!). In primo luogo la crisi economica non c’entra assolutamente nulla nella nostra scelta di chiudere la Maschera, o meglio direi, come sanno i miei veri amici, che la Maschera è SEMPRE stata in crisi, ed anzi meno male che negli ultimi quattro anni c’è stata Antonella con la sua svolta tradizionale territoriale: ci ha consentito di resistere un po’ di tempo in più alla terribile situazione economica degli ultimi anni. Ma la semplicità, la essenziale squisitezza della sua cucina non si sono forse mai conciliate con l’aspetto comunque troppo formale della Maschera e non siamo riusciti, purtroppo, a far dimenticare l’immagine consolidatasi nei primi anni di vita del ristorante, e di cui mi assumo interamente ogni responsabilità, e cioè di un luogo non per tutti e per tutti i momenti ma costruito ad uso e consumo dei “cosiddetti gourmet” e di quei “pericolosissimi piccoli chimici vaganti”. Ricordo ancora l’ansia di far da mangiare al blogger enogastronomico di turno o il nervosismo per una recensione ingiusta o giusta che fosse, piuttosto che la tensione per la visita delle guide gastronomiche: questo ricordo s’associa oggi in me ad una amara risata ed ad un ancor più amaro rimpianto: non aver fatto dieci anni fa la scelta che abbiamo fatto oggi. Perché noi oggi ABBIAMO finalmente SCELTO: scelto consapevolmente e felicemente di fare quello che piace a noi e non quello che piace agli altri. Perché accogliere nella nostra nuova casa amici vecchi e nuovi cui piace mangiare bene e stare sereni, spensierati fa star bene, sereni e spensierati anche noi, stanchi ma non stressati di affrontare ogni giorno questo fantastico ma anche durissimo mestiere. Ma soprattutto perché a noi piace tantissimo la CUCINA di Antonella, la mangiamo con gusto ogni giorno e non smettiamo mai di stupirci per la sua bontà e per la gioia che ci dà. Perché la cucina di Antonella è una cucina d’AMORE e di RICORDO senza fronzoli e sovrastrutture che mira al cuore e non alla testa della gente. Ecco perché la nostra è un avventura NUOVA, nuova ed anche SOLITARIA ed al suo interno non c’è spazio per false amicizie e ipocrite colleganze: non abbiamo bisogno di dimostrare affetto ad alcuno se non lo sentiamo veramente. A chi non condivide questo nostro nuovo percorso, a chi dal cibo vuole altre cose che non siano bontà, genuinità e sincere emozioni, il MAI lo diciamo noi ed il suo è per noi “gioiosamente salvifico”, l’invitiamo sinceramente a frequentare sempre più i tanti posti certamente più adatti a loro e che puntualmente (con qualche importante omissione..) citano, come tacche sul calcio delle pistole dei cow boys, con la solita tronfia, ridicola spocchia da gourmet. Sappiamo anche che la nostra scelta e il successo che già sta incontrando tra la gente e tra i VERI critici enogastronomici non fa piacere a molti e che si muoverà o si sta già muovendo, come è evidente dal tenore delle critiche, il perverso e morboso sistema chef-gourmet-blogger, il sistema delle cremine, delle sferificazioni, delle cotture sempre ma sempre più lunghe, del “vizioso vizio” del copia-incolla reciproco, del mangiare che “mi ha dato un’emozione incredibile per….” tutto tranne che per il mangiar stesso… (sistema cui mi pento di aver fatto a volte inconsapevolmente a volte forzatamente, ma mai ideologicamente parte). Noi siamo altro da questo, siamo NUOVI e FELICI: ai piccoli chimici le emozioni senza gioia, a noi stretta stretta la nostra grande SuperCheffa e sua stupenda Pignata alla Lapiana… P.S.: Firmato Gino Oliviero, Oste Gatto Matto ed ora anche Felice
Leggevo col”sorriso”taluni commenti all’articolo,”impietosito”dalla superficialità,dalla pochezza di contenuti che a volte si puo’ arrivare ad avere.Ho scoperto con”stupore”di come si possa riuscire(devo dire con scarso e deplorevole risultato) a commentare,perchè no a giudicare,il contenuto di questo articolo senza saper argomentare,addirittura (ma questa deve essere una totale e più ampia padronanza della lingua italiana),senza l’utilizzo di alcun tipo di “aggettivo”,che fosse esso “buono”o perchè no”cattivo”.Il più classico degli esempi su come si possa riuscire in poche righe a dire “nulla”di cio’ che si sta parlando…e tutto…di se stessi.A volte non occorre “girare per il mondo” alla ricerca”inconscia”di qualcosa di più profondo che è fatto del proprio “sentire”,è fatto di gesti,di “profumi”,di sensazioni,di Arte.La Scuderia e il suo meraviglioso staff è di questo che è fatta.Ci sarebbe spazio(legittimamente)ad ogni tipo di contestazione a questo mio modo di vedere le cose.Ci sarebbe,ma in questo caso NON C’E’.Perchè sempre volendo restare nella dimensione che più si avvicina alla propria idea di perfezione che è quella del proprio “sentire”,il primo errore sta nella “presentazione”.Decidere di interfacciarsi,interloquire,o anche solo scegliere di parlare di qualcosa(o di qualcuno…)scegliendo di avere a che fare con un affisso piuttosto che con un cognome,vuol dire non riuscire ad aprire se stessi agli altri,alle idee,alla “diversità”,ai pensieri,all’Arte che chi si ha difronte possiede.Volendo restare nel tema c’è una canzone che fa:”non c’è peggiore sordo di chi non vuol sentire,tu pensa chi non sente e poi ne vuol parlare…!”
Non mi dispiace contraddire la sig.ra Leonardi. Anch’io sono di Avellino e, guarda caso, anch’io ho visitato i ristoranti elencati dalla signora. Ai quali vado ad aggiungere La Torre del Saracino di Vico Equense, Il Pagliaccio a Roma e, proprio nell’ultimo mese, Trussardi alla Scala a Milano. Fatta questa premessa, dico che alla Scuderia non solo ci sono stata più di una volta, ma sicuramente ci tornerò. Invito a provarla. Mi darete ragione. Quindi…. “La Scuderia – SEMPRE”. Brava Antonella! Continua così! Alla grande!
Caro Luciano, per inciso volevo chiarire che le mie precisazioni non si riferiscono al tuo toccante e bellissimo articolo bensì alle osservazioni dei tuoi lettori. Con rinnovato affetto. Gino