Andiamo sul Nord Rodano: Chateau Grillet
Un principe dei gastronomi che faceva di nome Curnowsky arrivò a definire il vino di Chateau Grillet uno dei migliori cinque vini bianchi di Francia.
E anche Tomas Jefferson rimase sbalordito allorché lo bevve in epoca precedente la Rivoluzione Francese.
Ora, questi assolutismi lasciano oggi il tempo che trovano, mentre trovare in degustazione una bottiglia di una decina di anni di Chateau Grillet sarà certamente un’esperienza da ricordare. Però sarebbe meglio che questo vino venisse assaggiato a sorpresa, senza le famose alte aspettative, perché non si tratta di un vino opulento o dal bouquet ostentativo. Lo definirei un vino snob, uno che ci tiene al proprio blasone , alla sua gran classe, consapevole del suo status ma senza l’ansia farlo sapere a tutti.
Un po’ come il terreno da cui deriva, nascosto in un enclave all’interno dell’appellation Condrieu e con cui condivide unicamente il vitigno : il Viognier .
A mio avviso le parentele con Condrieu finiscono li.
Diversamente le denominazioni non sarebbero state separate e questo non sarebbe diventato l’originale appellation monopole di un unico proprietario e monovitigno.
Un’altra storia tutta francese, che pesca le sue origini nel profondo della storia della viticultura.
Questa piccolissima denominazione di circa 3 ettari e mezzo e le cui vigne sono piazzate tra i 160 e 250 metri di altitudine differisce genericamente da parecchi terroir di Condrieu innanzitutto dall’esposizione sud allorquando quelli di Condrieu godono di esposizione est. Oltre a ciò, Grillet è anche discretamente protetto dai venti provenienti da nord. Naturalmente anche il sottosuolo è diverso, essendo qui composto da granito ridotto ad uno stadio pressoché sabbioso.
Ma poi è nel bicchiere che va ricercata (senza nessuna fatica) la differenza con i migliori Condrieu che (generalizzando) spesso si rivelano da subito con la caratteristica nota di violetta e albicocca sorrette da sentori mandorlati, mentre qui i sentori non sono così sfacciati e si rivelano in maniera più riservata, più sotterranea, continuando a cambiare nel bicchiere , allargandosi e distendendosi con l’aerazione e con il variare della temperatura di degustazione fino a donare aromi vicini ad alcuni frutti bianchi come la pesca.
Si sa, questi sono vini bianchi da bere a temperature che normalmente riserveremmo ai rossi, ma sarà comunque interessante partire da una temperatura fresca e lasciare andare su il termometro di qualche grado per non perdersi nulla del bouquet in movimento.
Raramente Grillet si rivela in gioventù,salvo eccezioni come il recente 2007 che già pare in condizioni darsi più di altri millesimi meno recenti.
Anche in questo caso, una bottiglia sugli 8/10 anni sarebbe una buona cosa da bere e nelle migliori condizioni.
Quindi, trovare oggi una di quelle 12-13000 bottiglie prodotte mediamente in annate classiche o eccellenti come la 2000 potrebbe essere difficile per l’esiguità della produzione, ma una 2005 sui 60 – 80 euro sarebbe un prezzo accettabile e proporzionale al livello del millesimo.
Quanto agli abbinamenti, è ovvio che stiamo parlando di un vino che non teme qualsiasi piatto del suo colore, che per me rimane la prima regola grossolana sugli accostamenti, e quindi ogni pesce o crostaceo in preparazione complessa e con salse, primi piatti di riso, carni bianche e qualche formaggio non troppo potente, ma questo vino si beve gradevolmente anche con niente: leggendo un libro o guardando un buon film si può terminare fino all’ultima goccia senza pensieri.
11 Commenti
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Il filo comune che lega tutti questi grandi vini francesi, come abbiamo avuto modo più volte di verificare, è la condizione di scarsissime rese per ettaro. Anche le produzioni di Château Grillet sono sempre molto basse, l’uva subisce un aborto floreale, caratteristica varietale del Viognier, che limita la quantità di acini per grappoli e la superficie ridotta dello Château fa il resto. I terreni, in grande pendenza e baciati dal sole(esposizione a sud), sono composti da granito e sabbia e danno alle piante sostanze nutrienti ed aqua appena sufficienti . Incidono, inoltre, sulla qualità dei vini, le severe potature “a vecchio”, e la forma di allevamento ad alberello ideale per le zone pedoclimatiche con esposizione molto soleggiata e quindi con carenza idrica. Tale sistema, infine, fa si che le ridotte dimensioni della pianta richiedano meno acqua ed ombreggino i grappoli con la chioma. Credo che questo debba essere il “quadro” della situazione.
@ Guardiano del Faro : E’ così, oppure ci sono altre motivazioni alla base dell’eccellenza di questi vini?
Illuminaci!!!
Mi pare un bel quadro quello che hai dipinto.
Ma anche la storia millenaria che ha portato a identificare su quasi tutto il suolo francese quale debba essere il vitigno più adeguato credo sia fondamentale.
A nessuno verrebbe in mente in Borgogna di piantare del Nebbiolo o del Cabernet… purtroppo in Piemonte (per esempio) questo e altro è stato piantato…
Grazie mille per le tue integrazioni, io lascio aperto il discorso negli articoletti, ma poi grazie a voi l’orizzonte si allarga ;-)
Acqua con la” c ” … è tempo di refusi!!!
Grazie Guardiano e grazie Lello è un piacere leggervi.
Lo Chateau Grillet, come tu hai giustamente sottolineato, è un’appellation che fa riferimento ad un’unica proprietà. Per intenderci, più o meno quello che è successo vicino casa nostra con la Doc di Sant’Agata dei Goti con Mustilli. Anche se qui non riguarda un solo vitigno. In Francia, che io sappia, ci sono soltanto altri deu esempi simili: Romanée Conti in Borgogna e Savennières nella Loira, col vitignoChenin blanc, localmente chiamato anche Pineau de la Loire. A parte la generica Aoc, qui esistono altri due appellations: Roche-aux -Moines , diviso tra tre produttori e il grandissimo Coulée-de-Serrant, appartenente a Nicolas Joly (titolare dello Chateau Roche -aux – Moines) che pratica un’agricoltura biodinamica, come seguace diel filosofo e ricercatre Rudolf Steiner. In Italia, per inciso, un suo epigono è Angiolino Maule di Gambellara. A quando una puntata dedicata a questo straordinario personaggio? Abbracci.
Ciao Enrico, se vogliano divertirci e ricordarli, ci sono altri Monopole di rilievo dai nostri cuginastri , ma difficilmente anche unica proprietà . Qui la curiosità ( e di sola curiosità si tratta) è che parliamo di unico vitigno, unico proprietario, unica denominazione. Tu citavi la Romanèe Conti che però non è l’unica proprietà della DRC, che in Monopole ha anche La Tache . Anche la Romanèe è Monopole Liger Belair ma ha altre proprietà…ma forse pure Clos de Tart ce lo vogliamo mettere ? Ma Mommessin ha altre terre, così come Joly ne ha altre oltre alla Coulèe de Serrant.
Così, tanto per giocare con la memoria, tanto alla fine tutte queste bottiglie un giorno o l’altro le metterà sul tavolo Maffi ;-)
La competenza del Guardiano è affascinante. Ha fatto bene il Pigna ad aprire il blog a questo mondo così vicino a Napoli
carissimo grimaldi : lo dico per l’ultima volta : il merito ,anzi la COLPA di aver portato il guardiano chez pignataro e’ mia. poi e’ chiaro che il blog e’ SUO e lui decide, alfin.
ma la responsabilità e’ enorme , voi non sapete quanto. e non ci dormo la notte . tanto che vorrei chiedere un obolo, anche piccolo , a tutti i lettori per meglio sopportare l’onore trasformatosi in onere. che so ‘ un centesimo a lettore ed a pezzo. tenuto conto che il gdf sforna pezzi piu’ del forno di roscioli a roma con un piccolo calcolo potrei trovarmi ad rssere ricco in men che non si dica. gia’ questa settimana non potro’ pubblicare un mio pezzo a causa dell’intasamento prodottosi , tanto per dire :))
Se i conti li tiene il notaio Tumbiolo, ci sto!
E il merito di portarlo in braccio in giro è mio , umile scudiero !!!
Mi porti da Pibarnon?
Dai, è vicino vicino…
Poi la scriviamo a quattro mani se ti va.