Aglianico a Roma sold out: il re dei rossi del sud protagonista nella capitale
Se è vero che il mondo del vino è spesso modellato da trend allora uno dei migliori è sicuramente il recente focus sull’espressività territoriale a seguito della nota omologazione degli anni ’90 che voleva i rossi tutti super concentrati e “morbidoni”. Questo cambio di passo non è solo segnato dai tratti stilistici delle produzioni più recenti ma, osservando bene, anche dalla forma che gli eventi di settore assumono concentrandosi sempre più sulle rappresentazioni territoriali più autentiche. Un esempio su tutti è ‘Aglianico a Roma’ la cui seconda edizione si è tenuta domenica 3 febbraio e dove, pur senza rinunciare al classico walk-around-tasting con i produttori, ha registrato il “tutto esaurito” per i seminari tematici. “I luoghi dell’Aglianico dal Taburno al Cilento” e la verticale storica di Taurasi Riserva Mastroberardino (dal 2012 al 1997) sono stati infatti tesi non tanto alla degustazione tecnica o a una specifica e personale interpretazione, quanto alle diverse espressioni nel tempo e nello spazio di un vitigno iconico che riparte, anche da Roma, con un percorso di rivincita dopo l’astensione al gioco della “parkerizzazione” di cui sopra, dal quale le importanti durezze che lo caratterizzano (tannino e forte acidità) lo hanno escluso per natura.
I seminari.
Con una presentazione pratico-teorica ben calibrata dalle esperienze di Luciano Pignataro e Nicola Matarazzo (direttore del Consorzio del Sannio), il primo seminario sui luoghi del rosso simbolo del Sud ha delineato, quindi, i tratti salienti di due territori di riferimento per l’Aglianico seppur meno conosciuti: il Sannio in provincia di Benevento, con la sua DOCG Aglianico del Taburno che prevede anche la versione rosato e il Salernitano, in particolare con le denominazioni IGT Colli di Salerno, Paestum IGP e Cilento DOC.
Ecco gli elementi principali.
I due territori hanno tratti diversi già a partire dai suoli: il Cilento (prov. di Salerno) con il suo “flysch” cilentano (particolare roccia sedimentaria presente nell’area più settentrionale) si distingue dalla maggior parte dei territori del nord della Campania (e dal Sannio) più caratterizzati da influenza vulcanica; inoltre, il clima è tendenzialmente più freddo (semi-continentale) nel Sannio, più caldo invece nella Campania meridionale: in questo caso la provincia di Salerno è talmente vasta che perde senso qualsiasi generalizzazione ma l’area più vitata è a nord-ovest mitigata dal Mar Tirreno. Non solo, dal punto di vista della tradizione si pensi che nel Cilento la barrique non ha mai pervaso la produzione locale. Così, affrontando le 2 batterie da 4 vini per ciascun territorio il carattere dell’aglianico: tannino, acidità, concentrazione polifenolica e note che spesso virano su ciliegia-amarena e pepe nero sono in primo piano, mentre le differenze si risolvono principalmente in una maggiore espressività corale nel caso del Sannio anche grazie ad un ammirevole lavoro di coesione e riordino del Consorzio; questo a fronte di una maggiore diversificazione del Salernitano legata proprio alle differenze territoriali di questa vasta area produttiva dove, ad esempio, si passa da altitudini di 50 m per arrivare anche a 700 m s.l.m.
La verticale storica del “Radici” Taurasi Riserva DOCG Mastroberardino è stata l’occasione per apprezzare, ancora una volta, una realtà così importante dallo stile tradizionale, certamente composto e dalla qualità-garanzia non piegandosi mai a mode temporanee o esperimenti casuali con un uso sempre equilibrato di botte grande e barrique (tendenzialmente usate), nonché attenzione a non eccedere nella concentrazione alcolica. Più in generale si è evinta la tensione dell’Aglianico in Irpinia, zona più fredda che offre un potenziale di invecchiamento decisamente più ampio e quindi una predisposizione alla completezza ritardata. Non a caso, dalla prima batteria con 4 annate più recenti (2012, 2011, 2009, 2007) nonostante la qualità procace e promettente della 2012, devo arrivare alla 2009 per trovare un equilibrio più pronto. Infine, le due batterie (con la seconda composta da 2006, 1999, 1998, 1997) si sono rivelate espressione di due fasi storiche diversificate dal riscaldamento climatico con la 1999 e la 1997 dalla perfetta armonia naso-bocca proprio oggi a distanza di 20 anni, presentandosi in forma splendente e ancora vivace.